27 Aprile 2015

DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: undicesimo capitolo

DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: undicesimo capitolo

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Quella mattina Doki era raggiante: aveva ottenuto, finalmente, delle bevande simili a quella commissionatagli dal Faraone ben otto mesi prima.
E tutto grazie all’intuito di Sehnar.
Se non fosse stato per quel vecchio e saggio cuoco, il giovane Doki avrebbe brancolato nel buio ancora per molto, molto tempo.
Con ogni probabilità non gli sarebbe bastata una vita per ottenere il primo prototipo egiziano della birra.
Aveva ottenuto diverse tipologie di fluido, a seconda dei diversi trattamenti che l’acqua ed i semi di orzo avevano subito durante gli esperimenti.
Il giovane, dopo aver verificato che il consiglio di Sehnar  era vincente, aveva ricominciato da capo l’intero processo, mettendo in discussione anche i fatti già assodati.
Senza neppure saperlo, nel suo piccolo, Doki aveva inventato i principi del “Metodo Sperimentale”, millenni prima che esso fosse codificato!
Inserì una piccola pallina di impasto Madre in tutte le anfore usate per gli esperimenti, debitamente contrassegnate.
Partì dalla pura e cristallina acqua dell’oasi cittadina, per proseguire con questi innesti in acqua e semi di orzo non macerati. Continuò la sua sperimentazione, con le cariossidi ad uno, due, tre e quattro giorni di macerazione in acqua.
In seguito si occupò delle cotte: per ogni stadio e campione, Doki aveva predisposto dieci anfore per stadio di lavorazione che partivano in modo perfettamente uguale, per poi subire le diverse variazioni dettate dal processo produttivo. Ogni recipiente conteneva più o meno una decina di litri di liquido.
Inoculò l’impasto Madre sia nel fluido nelle anfore ancora da cuocere, sia in quelle dove esso era già stato cotto.
Ottenne dei risultati diversi e strabilianti.
In alcune anfore l’inoculo galleggiava, in altre precipitava a fondo; in alcune si scioglieva in poco più di mezza giornata, in altre cotte, le più giovani, restava in sospensione per più tempo e creava depositi visibili sul fondo.
Ma ci furono anche degli altri risultati: il gusto era cambiato molto rispetto a quando Doki non inseriva l’inoculo.
Ma non era ancora il risultato desiderato.
Il gusto della bevanda originale era più delizioso.
Ed anche la consistenza…
La bevanda barbara presentava una schiuma bianca e soffice, amarognola ma al contempo gradevole.
L’intruglio di Doki, invece, era liscio e più simile ad acqua sporca, che al risultato voluto.
Ed il sapore… il sapore della Bevanda degli Dei era molto più intenso e, soprattutto, non presentava mucillaggini al suo interno, come quella prodotta da Doki.
Una decina di giorni prima di quel fatidico giorno, il giovane Generale aveva avuto un’idea, un’intuizione.
Decise di filtrare con un telo di cotone, merce assai rara e costosa, il fluido, isolando la parte liquida dalle sospensioni impure.
In seguito decise di inoculare nuovamente l’impasto del miracolo.
Per il ragazzo, quel misto di acqua e farina si era rivelato estremamente utile e poteva rappresentare la chiave di volta per la risoluzione di tutti i suoi problemi.
Così procedette all’inoculo e richiuse le anfore designate per quell’esperimento con diversi stracci frapposti tra la terracotta ed il tappo di legno.
In quel modo tentava di isolare il più possibile l’interno del recipiente dal mondo esterno.
Aveva preparato quattro campioni, quattro contenitori, quattro anfore. Tutte ricavate dallo stesso miscuglio originale. Il più simile alla Bevanda degli Dèi.
Nel degustare il frutto dei suoi precedenti esperimenti, quello che aveva selezionato per quel tentativo di miglioramento, era decisamente paragonabile all’oggetto del suo desiderio. Si trattava di una cotta filtrata e derivante dalla macerazione dell’orzo fino alla comparsa della seconda fogliolina e delle radichette.
Il tutto era stato poi cotto ed inoculato di lievito madre. Aveva notato, però, che il livello di amaro in quel fluido era… era troppo elevato, molto più intenso rispetto a quello che riscontrava nella bevanda straniera.
Decise di inserire nelle anfore anche del miele, anch’esso una delle merci più rare a quei tempi. Il tutto per cercare di conferire un sapore più dolce, più morbido e al contempo rotondo.
Finì di inoculare l’impasto Madre ed il miele e chiuse.
Un’anfora venne aperta dopo tre giorni.
Odore più intenso, gusto sostanzialmente immutato; sembrava che non fosse successo nulla.
Al sesto giorno Doki aprì la seconda e notò che una schiumetta bianca, soffice ma poco corposa e poco persistente si era formata.
Ma era un risultato, un risultato sperato!
Non era ancora quello definitivo ma, forse, il tempo avrebbe terminato l’opera.
Doki decise di attendere ancora; optò per giungere a dieci giorni di maturazione.
E al decimo giorno, la sorpresa: la schiuma era presente!
Non era molto spessa, questo no, ma c’era!
E non si dissolveva dopo pochi istanti dall’apertura dell’anfora!
Era il risultato migliore che avesse ottenuto!
Travasò un po’ di quell’esperimento in un bicchiere di terracotta e notò che, proprio come avveniva per il fluido originale, la schiuma si creava mentre il paglierino liquido veniva versato.
Il colore era molto simile a quello desiderato, forse un po’ più chiaro.
Accostò le nari al bordo dell’arcaico bicchiere, per meglio percepire ogni sfumatura del profumo.
Era…
Inebriante!
Versò un po’ della Bevanda degli Dèi, quella originale, in un altro arcaico bicchiere.
Confrontò i due profumi: complesso, decisamente complesso.
Nella mente di Doki un senso di soddisfazione estrema: i due profumi erano leggermente diversi tra loro, ma avevano una cosa in comune: erano estremamente piacevoli!
Decise di passare alla fase dell’assaggio.
Assaggiò prima l’originale, per avere un metro di paragone.
Poi, deglutendo nervosamente, passò all’assaggio della sua creazione.
Appoggiò le labbra al bicchiere.
Il tutto si stava svolgendo con una lentezza estrema, quasi come se Doki fosse stato catapultato in una dimensione parallela, ove lo scorrere del tempo e l’incedere dei minuti fossero regolati da altre leggi.
Era il momento della verità.
Quasi un anno di lavoro era riassunto in quell’assaggio.
Un anno di sacrifici, un anno di tormenti interiori.
Un anno di nuove esperienze, un anno di nuovi incontri… un anno di amore…
Tutto poteva evolvere, migliorare, se quella bevanda fosse stata buona, perfetta.
Al contempo l’intera sua esistenza poteva precipitare in un oscuro baratro, nell’oblio della dimenticanza, se quel suo esperimento fosse andato male.
Dischiuse delicatamente le labbra, l’arco superiore della bocca non era più sigillato alla superficie di argilla.
Il fluido, la sua bevanda, poteva penetrare nella sua cavità orale.
La percepì scivolare e riempirgli la bocca.
In pochi attimi le sue papille gustative iniziarono ad inviare al suo cervello informazioni in merito a ciò che stavano “ assaggiando”.
E la risposta di quest’ultimo non si fece attendere.
Era…
Forse…
Sì!
Era buona!
Buonissima!
Più delicata dell’originale, meno amara ma estremamente dissetante.
Inebriante, il gusto comunque deciso e, quando deglutì, percepì un retrogusto persistente, pesante ma gradevole.
Quel retrogusto che, in un futuro neppure troppo distante, le persone avrebbero chiamato sentore alcolico.
La birra che il giovane aveva appena creato era la prima, la capostipite delle birre egiziane.
Doki aveva risolto il rompicapo!
Aveva creato la birra!
Aveva riprodotto la Bevanda degli Dèi, evolvendola con tratti personali che, per quanto fossero stati casuali, conferivano alla bevanda una sua tipicità e specificità!
L’eroe di Men-nefer tappò le due anfore.
Decise di stappare anche la quarta, l’ultima sperimentale, in modo da poter verificare se il risultato della terza fosse stato riprodotto anche in quella o se l’ottimo risultato fosse stato solamente merito del caso.
Stappò, versò ed assaggiò: gli Dèi erano con lui!
Anche in quell’anfora il fluido si era trasformato!
Anche lì il risultato era eccellente ed uguale!
Il giovane lanciò un urlo di gioia: i servi delle cucine del palazzo di Ermopolis ne furono spaventati.
Doki prese le tre anfore, quella della Bevanda degli Dèi originale e le altre due di sua creazione e si precipitò per i corridoi del palazzo.
L’indomani il rito dell’autoproclamazione Faraonica si sarebbe svolto di nuovo, per l’ennesima volta ma, se anche al Faraone fosse piaciuta la sua creazione, in quell’occasione lo spirito del ragazzo sarebbe stato più leggero.
Era giunto a pochi metri dal corridoio che lo avrebbe portato alla sala dei ricevimenti, quando un uomo vestito di tutto punto gli si parò dinnanzi.
«Buongiorno, mio giovane Generale. Qual buon vento ti porta fuori da quel luogo insano che chiamano cucina?»
«Buongiorno a te, nobile Am-nefer. Per quale motivo ti degni di salutarmi?»
«Diciamo che un uccellino ti ha visto correre gioioso con quelle anfore in mano. E sempre quello stesso uccellino mi ha confidato che una di esse fa parte di quelle che ho regalato al nostro buon Re ed altre due le hai fatte tu».
«Questo uccellino ti ha riferito bene. Che cosa vuoi, quindi?»
«Assaggiare il frutto del tuo lavoro».
«Questo lavoro è destinato al Faraone. Se lui vorrà, sarò felice di porgerti io stesso una coppa colma della mia bevanda».
«Della nostra beanda, vorrai dire…»
«Scusa?»
«Il Re aveva affidato questo compito a tutti e due, se non ricordo male…»
«Se non ricordo male, non ti sei mai fatto vedere nelle “insane” cucine. Quindi questo prodotto è mio. Sono io che l’ho creato».
«Bada, piccolo straccione… ho la possibilità di farti mettere a morte se solo tu sarai così stupido da remarmi contro!» la voce del Re decaduto si stava facendo minacciosa e la calma con la quale aveva esordito Am-nefer stava cedendo rapidamente il passo all’ira.
«E con quale accusa saresti in grado di farmi condannare?»
«Ti do ancora una possibilità, giovane! Condividi con me la tua ricerca, oppure sarà soltanto mia».
«No!»
Doki riprese a camminare, passo svelto verso la sala dove il Re lavorava.
Non si sarebbe voltato verso Am-nefer per nulla al mondo.
Forse…
«Chissà» proseguì il re decaduto, incurante del fatto che Doki avanzasse «chissà come si comporterà il Faraone alla notizia che sto per dargli… Non saprei, ma non credo che sarà al settimo cielo quando scoprirà che sua figlia non è più illibata».
Doki sentì un brivido freddo, una scarica di adrenalina, percorrergli la colonna vertebrale.
«Come, scusa?»
«Diciamo che so esattamente che cosa fai tutte le sere con la bella principessa. Immagina lo sgomento di Narmer… sì, insomma… sua figlia… con uno straccione…»
«Io sono l’eroe di Men-nefer».
«Tu sei solamente un barbone. Questo lo so io, lo sai tu e lo sa soprattutto il Faraone. E che la sua bambina se la spassi con un barbone… Beh, non credo che sia il sogno di ogni padre… soprattutto non quello del Faraone».
«Non hai le prove di quello che dici».
«Non mi servono. Mi basta metter la pulce nell’orecchio di Narmer. Tu non sei padre, non puoi capire come si comporta un genitore in determinate situazioni. E pensa un po’ se il sospetto lo portasse a far visitare Meryt-Ra dal medico del palazzo… il professionista non potrebbe esimersi dal constatare che la bella principessa non è più vergine… Ed allora, quel sospetto, quella notizia di una relazione tra sua figlia e lo straccione di Men-nefer, suo coetaneo… beh, non sarebbe più solo un sospetto. Non credi?»
«Che cosa vuoi da me?»
«Oggi voglio quelle anfore. Domani, chissà. Comportati sempre bene con me e fai quello che ti ordino ed avrai una vita lunga e prospera e potrai ancora sollazzarti con la tua bella».
Doki precipitò in un inferno interiore.
Che cosa doveva fare?
Sottostare al ricatto o rischiare il tutto per tutto sperando che il Re fosse talmente contento della sua bevanda da sorvolare sulla relazione che lo univa alla figlia?
Doki era in silenzio, il volto rigido.
Am-nefer aveva un  ghigno malefico dipinto sul suo.

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Alessio Lilliu
Info autore

Alessio Lilliu

Sono nato a Cuneo, ridente capoluogo di provincia piemontese.
Ho sempre amato la Natura e, seguendo questo amore, ho frequentato l’Istituto Tecnico Agrario ed ho proseguito i miei studi conseguendo, nel 2012, la Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari a pieni voti.
Ho sempre adorato la cultura in ogni sua forma, ma ho sempre odiato gli stereotipi.
In particolare lo stereotipo che ho sempre rigettato è quello che riguarda la relazione tra “persone studiose” e “persone fisicamente poco attraenti”. Per ovviare a tale bruttissimo stereotipo all’età di 11 anni cominciai a praticare Judo e ad oggi sono cintura nera ed allenatore di questa disciplina marziale.

Dal 2010 gestisco un’attività commerciale, l’Edicola della Stazione Ferroviaria di Cuneo.
Ho ricoperto nel 2011 anche il ruolo di Vice-Responsabile della qualità all’ingresso in un macello del cuneese e, una volta terminato il mio percorso di studi, nel 2012 per l’appunto, ho deciso di rendere il settore alimentare parte ancor più integrante della mia vita. Creai la Kwattzero, azienda di cui sono socio e che si occupa di prodotti disidratati a freddo e di produzione di confetture ipocaloriche, ricavate tramite un processo brevettato di mia invenzione e di mia esclusiva proprietà. Obiettivo finale della ditta è quello di arrivare a produrre i propri prodotti con un consumo energetico pari a zero tramite l’installazione di fonti di energia rinnovabile, per esempio pannelli fotovoltaici.

Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura, nacque in tenera età ed in particolare attorno ai sette anni, quando rubavo di nascosto la macchina da scrivere di mio padre, una vecchia Olivetti, per potermi sbizzarrire a sognare e fantasticare su terre lontane e fantastici eroi.

La mia passione per la scrittura venne ricompensata nel 2010 quando pubblicai il mio primo romanzo, “Le cronache dell’Ingaan”. La mia produzione letteraria prosegue a tutt’oggi con nuovi romanzi.

Dal 2012 sono Presidente di Tecno.Food, associazione che riunisce i Laureati e gli Studenti delle Scienze alimentari in seno all’Università degli Studi di Torino.

La nuova ed affascinante sfida che sto cominciando ad affrontare con enciclopediadellabirra.it mi permette di unire due mie grandi passioni: la scrittura e la birra!

Adoro sperimentare sempre nuove cose e nuovi gusti e questa è un’occasione davvero unica.