Numero 02/2017

13 Gennaio 2017

Foglie d’Erba: lo storico birrificio delle Dolomiti!

Foglie d’Erba: lo storico birrificio delle Dolomiti!

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Definire “storico” un microbirrificio, considerando la recentissima genesi del movimento della birra artigianale in Italia, può sembrare un eufemismo. Fatte tali premesse, il Foglie d’Erba può a tutti gli effetti considerarsi una delle realtà pionieristiche tra i birrifici nazionali: nato nel 2008, nel cuore delle Dolomiti friulane, è cresciuto costantemente nella qualità e nei volumi di produzione, perseguendo a fianco della eccellenza delle birre, innovativi principi di rispetto della sostenibilità ambientale, dell’uso di ingredienti autoctoni, diventando un vero e proprio modello di sviluppo per molte altre imprese brassicole… e non solo.

Il successo del Foglie d’Erba è da ricercarsi sì nelle indubbie peculiarità delle birre, ma anche nella passione, nell’estro e nelle capacità di innovazione del Mastro birraio Gino Perissutti. Una vera e propria icona del mondo della birra artigianale italiana, eletto Birraio dell’anno nel 2011, che Giornale della Birra, ha incontrato ed intervistato in esclusiva per i propri lettori.

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Gino, il vostro birrificio ha una storia lunga quasi un decennio: come è nato il progetto e come si è evoluto in quasi anni di attività?

Buongiorno a tutti i lettori di Giornale della Birra e… buone birre a tutti! Il progetto è nato dalla passione per la birra, la sua storia e tutto il suo variegato universo, fatto di persone, viaggi, sensazioni, amicizie, emozioni e lezioni di vita, che, giorno dopo giorno mi hanno fatto crescere nella convinzione di avviare il birrificio. Da questi spunti e dal lavoro maturato nel locale di famiglia, aperto da oltre 60 anni, nel quale abbiamo spillato birre da tutto il mondo per diversi anni, ho deciso di mettermi in proprio e superato ogni titubanza quando ho iniziato a notare i primi, importanti cambiamenti: mentre all’inizio della curiosità del nostro Paese verso il mondo della birra si potevano reperire molte tipologie senza riempirsi il magazzino di merce immobilizzata, verso i primi anni del nuovo secolo il concetto di “grandi gruppi” è diventato sempre più dominante. In sostanza, si era obbligati ad una sorta di schiavitù verso i famosi big del mercato della birra e questo, anche un po’ per orgoglio e testardaggine personale, ha determinato la scelta dell’autoproduzione, nonostante il rischio di andare contro le abitudini dei clienti. E così è stato!

Il primo impianto da 180 litri era posizionato all’interno del nostro locale, quindi si trattava di un vero e proprio brew-pub. Successivamente ci siamo spostati tre volte, fino alla sede attuale: un capannone di 1200 metri quadri che ospita l’impianto da 20 ettolitri, la cantina e gli altri spazi produttivi, oltre allo spaccio aziendale con annessa area esterna per la mescita.

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Qualità della birra finita non può prescindere dalla selezione accurata e rigorosa delle materie prime: quali sono i punti cardine su cui basate la scelta degli ingredienti? Quali caratteristiche desideri ritrovare come elemento comune delle tue creazioni?

Il punto è molto semplice: se vuoi fare una birra davvero buona, sulla base dei tuoi gusti personali e con la giusta strizzata d’occhio a ciò che i clienti più affezionati chiedono, devi scegliere il meglio a livello di materie prime. Personalmente mi appoggio ai migliori fornitori su scala nazionale e ad alcuni acquisti diretti, ad esempio dagli amici di Locher Hopfen di Tettanang per i luppoli tedeschi. Riguardo alle birre di territorio, basta una passeggiata tra i boschi delle Dolomiti, chiudere gli occhi e respirare a fondo! Le caratteristiche che desidero  nelle mie birre sono proprio così: gusti netti e decisi, equilibrio e grande facilità di beva per ogni stile, grazie all’aiuto della nostra ottima ed insostituibile acqua di montagna.

Molto interessante l’evoluzione della vostra filosofia produttiva: partendo dalle prime birre, hai condotto un’ampia sperimentazione formulando birre dove si fa largo uso di prodotti locali. Quali sono le peculiarità di queste birre e quale messaggio volete comunicare al consumatore grazie ad esse?

Personalmente penso che fare birre di territorio non significhi semplicemente usare l’acqua a disposizione e qualche altro ingrediente reperibile sotto casa. Intendo questo concetto come una sorta di specchio di ciò che puoi trovare localmente, un dar voce alla propria terra. Mi piace l’idea che chi degusta una mia birra ad occhi chiusi possa immagnare di trovarsi qui, nelle Dolomiti,  respirando la nostra aria ed ammirando i nostri panorami. Il messaggio è semplice e chiaro: se non rispettiamo ed amiamo il nostro territorio, il futuro nostro e dei nostri figli sarà di certo meno piacevole. Basta, quindi, agli aromi e gusti artificiali, basta standardizzazione. Lasciamo spazio alla vera artigianalità ed ai sapori unici che solo ogni terra,  con le sue peculiarità, può donare. Più verde significa più vita: semplice, no?

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l vostro birrificio è considerato un vero e proprio testimone della qualità delle craft beer italiane, indice della capacità di cogliere correttamente le esigenze del mercato e le preferenze del consumatore. La possibilità di rapportarvi direttamente con i clienti grazie allo spaccio ed alla birreria gestita direttamente gioca un ruolo positivo in questo processo?

Conoscere le emozioni che una birra suscita nel cliente è fondamentale! Consente, infatti, due privilegi preziosissimi: testare quotidianamente ricette, vagliare la shelf-life  dei prodotti, vagliare l’evoluzione nel tempo di una birra e, soprattutto, comunicare direttamente a voce e non solo attraverso dei mezzi artefatti.  Ritengo, infatti, che i prodotti artigianali debbano essere spiegati e fatti amari in mille modi e non semplicemente venduti. Altrimenti non nasce la fidelizzazione, la fiducia produttore – consumatore e si finisce nel calderone dell’anonimato.

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L’esperienza maturata sul campo come imprenditori vi permette di analizzare il settore della birra artigianale da un punto di osservazione privilegiato: come immaginate il futuro delle craft-beer made in Italy? Quale sarà a vostro avviso l’evoluzione del settore nell’ottica di un legame sempre più stretto della birra con il territorio d’origine, anche come leva di successo per consolidare il mercato a livello globale?

Il discorso è davvero molto complesso ed articolato, ma ti confesso che in questo periodo di transizione non sono particolarmente ottimista, in quanto noto una piccola deriva nei rapporti personali rispetto agli inizi e questo non mi fa sperare positivamente. Pertanto, la faccio breve e mi armo di sorriso e schiettezza: all’inizio la mancanza di cultura brassicola era il nostro limite, ma anche la nostra fortuna, permettendoci di dar libero sfogo alla tipica ed unica creatività italiana, in sinergia con la nostra fantastica biodiversità italiana e con l’arte culinaria.   Con il crescere e concretizzarsi del movimento di appassionati, abbiamo capito che quello che era necessario fare un salto di qualità e diventare dei veri imprenditori e …possibilmente anche bravi! Fin qui nulla di strano, ma con il tempo è venuto a mancare la consapevolezza che, a parte dal “solito giro” di clienti, appassionati, degustatori, gestori di locali, manca una diffusa conoscenza nel consumatore generico dell’esistenza della vera birra artigianale italiana di qualità. Tutti noi del settore sappiamo bene che i costi per realizzarla sono di molto superiori a quelli dei colleghi di altri paesi, ma ciò non può essere un ostacolo insormontabile: dobbiamo saper sfruttare adeguatamente il“MADE IN ITALY” e sfondare anche in mercati che, ad oggi, sono poco sviluppati!

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Questo a fronte di battaglie inutili, come quelle sulle accise che vanno – e andranno – sempre e solo a favore dei “big”. Un altro punto di forza, che può diventare una importante leva di successo, è la valorizzazione della grande confidenza ed amicizia che si è sviluppata negli anni con altri mastri birrai: confrontandoci e condividendo esperienze si cresce insieme, a tutto vantaggio della qualità e dell’immagine della birra artigianale italiana.

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La parola d’ordine “cresciamo insieme, cresciamo tutti”, ci può aprire prospettive davvero positive; superare le barriere del mercato attuale della birra artigianale, per arrivare in tutti i bar, in tutte le case, non solo sulle tavole degli appassionati, valorizzare i prodotti davvero italiani all’estero è una scelta obbligata. Altrimenti sarà una lenta, ma inesorabile guerra tra poveri, con poche eccezioni. Nonostante queste difficoltà concrete, vedo degli spiragli positivi, che dovremmo saper cogliere e … comunque, io e il mio birrificio non ci arrendiamo di certo!

 

Maggiori informazioni sul Birrificio Foglie d’Erba sono disponibili on-line sul sito web aziendale www.birrificiofogliederba.it

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!