Numero 05/2017

1 Febbraio 2017

LAMBIC: la conservazione – Parte 18

LAMBIC: la conservazione – Parte 18

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Le bottiglie di Geuze, Lambic, o birre alla frutta che lasciano i birrifici possono essere consumate subito oppure conservate per anni. Imbottigliate prevalentemente nelle stesse bottiglie usate per lo Champagne e lo spumante, sono tappate in genere con i tappi in sughero fungiformi caratteristici degli stessi vini. Il sughero ve mantenuto umido,per evitare fuoriuscite di anidride carbonica, che la birra ammuffisca o rilasci il caratteristico sentore di tappo: per questo motivo le bottiglievengono conservate sdraiate. Se il sughero del tappo dovesse asciugarsi eccessivamente e malauguratamente sgretolarsi potrebbe infatti svilupparsi Tricloroanisolo, sostanza responsabile di questo sgradito difetto anche nel vino. Birrai e blender continuano, esattamente come gli enologi, a sperimentare e investire in tappi di sughero di qualità superiore per poter raggiungere una sempre migliore maturazione del Lambic.

Il fatto di mantenere la bottiglia reclinata aumenta anche la superfice di birra a contatto con l’aria e permette a lieviti come i Brettanomyces di continuare moltiplicarsi e a lavorare, cambiando le caratteristiche della birra nel tempo. Anche per questo motivo il Lambic è una delle birre che più facilmente resiste allo scorrere degli anni.

 

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Il Lambic proprio perché contiene lieviti e microrganismi ancora attivi dentro la bottiglia, potrebbe avere un notevole deposito di sedimenti durante l’invecchiamento e i frutti usati per aromatizzarlo contribuiscono ad apportane di ulteriori. Stoccando la bottiglia su un lato si permette a lieviti esausti e scarti vari di sedimentare sul fianco di essa. A questo punto, come per molti vini, bisogna usare un cestello in vimini apposito per servire la birra senza che questi sedimenti si rimescolino ad essa.

Seppur consigliato, in quanto il Lambic ha molti punti in comune col vino, lo stoccaggio orizzontale non è praticato da tutti i produttori. Oltre a tutti quelli che non usano il sughero come Lindemans e Morte Subite, ci sono alcuni birrifici, Boon ad esempio, che non lo reputano necessario. In realtà non ci sono studi approfonditi mirati a dimostrare la bontà di un metodo piuttosto che l’altro nella conservazione del Lambic.

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Fino a non molti anni fa, entrando nel caveau di un produttore di Lambic e Geuze, ci si imbatteva in enormi cataste di bottiglie, tutte senza etichetta. Non era usanza infatti etichettare le bottiglie, ma queste si potevano riconoscere da una pennellata di colore sul collo, vicino al tappo: bianco, ad esempio, per le Geuze e rosso per le Kriek. Questo perchénelle cantine, spesso umide e piene di muffa, le etichette si staccavano osi rovinavano troppo facilmente. Le più severe regole per la distribuzione e commercializzazione del prodotto imposte da Stati Uniti e Unione Europea hanno però messo fine a questa tradizione. Negli USA. ad esempio si fa obbligo al produttore di indicare la data di imbottigliamento della birra. In Europa, oltre a ingredienti e luogo di produzione è obbligatorio per i birrai, ma non per le cantine vinicole, indicare la data di scadenza. Una stortura di questo meccanismo è quella per cui la Trap Rochefort, solo per citarne una, deve essere consumata preferibilmente entro 3 anni dalla data di imbottigliamento, quando è universalmente noto che questa birra può essere bevuta anche dopo dieci anni senza nessun rischio per la salute, anzi… I produttori di Lambic e Geuze spesso indicano la data di scadenza in dieci anni, come Tilquin per la sua Oude Mûre Tilquin à l’Ancienne, una Geuze aromatizzata alle more. Altri invece si spingono fino a venti. Sono però sicuro che una bottiglia, Lambic o Geuze che sia, ben conservata al buio,in una cantina a temperatura e umidità costante, anche tra cinquant’anni avrebbe qualcosa da dire. Esistono anche oggi bottiglie che si avvicinano a quest’età e Cantillon, nei suoi nuovi progetti di espansione, ha inserito un programma mirato all’invecchiamento del suo favoloso prodotto.

 

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Federico Borra
Info autore

Federico Borra

Classe 1982, nato a Milano, ma comasco d’adozione, ho iniziato il mio viaggio nel mondo della birra artigianale nella cantina di un ormai famoso birraio: io facevo i compiti della quinta elementare, lui poneva le basi per un brillante futuro.
Per anni però ho vissuto ai margini di un movimento che diventava sempre più grande e delle cui meraviglie finalmente e totalmente mi sono innamorato nell’estate del 2011… da allora si può dire che io e la birra artigianale siamo inseparabili.
Sono un autodidatta (adoro leggere), ho però frequentato alcuni corsi presso i birrifici vicino a casa (mi piace anche ascoltare, soprattutto i birrai!). Grazie ad un tifoso lariano del West Ham (di cui forse un giorno vi racconterò), riesco facilmente a raggiungere birre da tutto il mondo, dalla Danimarca al Giappone, passando per Nuova Zelanda, Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, U.S.A., Italia e chi più ne ha più ne metta…e dove non arriva lui, c’è sempre internet!
Fosse per me sarei sempre in giro per il mondo, scoprire nuove culture mi affascina soprattutto attraverso la musica, il cibo e, perché no, la birra. Da sempre sono appassionato di cucina, cerco di scavare a fondo nella tradizione senza mai chiudere la porta alla creatività. Sfoglio volentieri, anche solo per passare il tempo, libri di ricette e ne ho una piccola collezione comprata in tutto il mondo (beh, più o meno tutto). Questa mia passione si è unita a quella della birra sfociando nella ricerca dell’ abbinamento perfetto.
Dal 2012 sono homebrewer. Producendo birra mi piacerebbe imparare a conoscere gli aromi del luppolo e le sfumature del malto, l’utilizzo dei lieviti e l’influenza che ha l’acqua sulla nostra bevanda preferita (la sperimentazione in prima persona è fondamentale!!).
Attraverso questa nuova esperienza con www.giornaledellabirra.it vorrei poter condividere con voi le mie idee e le mia scoperte, confrontarmi e soprattutto ampliare i miei orizzonti! Tra i miei ispiratori, l’autore Jef Van Den Steen ed il suo libro Gueuze & Kriek: The Magic of Lambic