Numero 37/2022

12 Settembre 2022

Ci si può fidare dei siti di recensione delle birre?

Ci si può fidare dei siti di recensione delle birre?

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Foto di copertina: Photo by BENCE BOROS on Unsplash

 

Il mondo della birra ha conosciuto, specialmente negli ultimi anni, un crescente mercato di prodotti di bassa qualità, spacciati per grandi capolavori artigianali. I siti impegnati a recensire le birre hanno quindi trovato alcune difficoltà, specialmente per via di una quantità non indifferente di problemi nel giudizio equo, confondendo la soggettività dei gusti con l’oggettiva voglia di far sembrare un prodotto migliore di quanto sia davvero.

Questo metro di paragone vale tanto per i siti di critici, che per gli aggregatori, che vengono tratti in inganno da voti talvolta esagerati, da un lato o dall’altro.

 

Questo fenomeno si chiama, in statistica, il “bias delle fonti”, ovvero una distorsione dei numeri creata utilizzando fonti non affidabili. Questo tipo di bias può essere di tipo puramente motivazionale, come nel caso di recensioni pagate o favori di vario tipo, oppure cognitivo, relativo a pregiudizi che si possono avere nei confronti di un tipo di birra o di birrificio, ma si può cadere nel tranello delle cattive recensioni anche semplicemente con un problema di selezione dei prodotti, creando quindi un bias dello scegliere la birra sbagliata come paragone.

Bias motivazionali e cognitivi

Affrontiamo per primi i bias motivazionali. Talvolta è l’esperienza con cui viviamo il momento dell’assaggio a modificare (anche sensibilmente) il nostro giudizio a riguardo. Un esempio classico? Una bella vacanza a Monaco, dove si torna convinti che qualsiasi birra del posto sia puro nettare, tralasciando la maggior parte dei giudizi obiettivi e concentrandosi sulle sensazioni provate durante l’assaggio.

 

Se qualcuno sta dicendo “ecco a cosa servono gli aggregatori di recensioni”, bisogna sempre considerare che, magari per il periodo o per pura coincidenza, sarà possibile che una birra riceva recensioni negative o tendenti a un valore inferiore rispetto al reale. Un esempio? Una birra bevuta in uno stadio durante la partita persa della propria squadra. Questo accade soprattutto quando si confrontano birre “da poco” con birre costose, in quanto le prime vengono spesso servite in momenti quotidiani, dove non si celebra più di tanto l’assaggio. Un punto, questo, che si accomuna spesso con le recensioni di prodotti gastronomici e persino con le auto: si tende a considerare il costoso come qualcosa che è necessariamente meglio, quando invece non è così, perché è il mood che cambia, non la birra in sé.

Photo by Fred Moon on Unsplash

 

Per quanto riguarda invece i bias cognitivi, il discorso è diverso: non siamo certo macchine. Se ad esempio una birra ci viene presentata da qualcuno come di bassa qualità, magari per via della sua reputazione o per un marketing non azzeccato, avremo un pregiudizio di base che tenderà a farci valutare peggio una birra. Un esempio tra i più classici? Il vino Tavernello nostrano è considerato un vino “per cucinare”, ma in realtà il frizzante bianco del noto brand non ha nulla da invidiare a molti vini bianchi frizzanti in commercio, motivo che ha portato il marchio a sfruttare questo stereotipo nella sua ultima campagna pubblicitaria con Maccio Capatonda.

 

La familiarità gioca anche un certo ruolo: se siamo abituati a goderci tutto quello che sa di triplo malto, difficilmente ci piacerà qualcosa di diverso e tenderemo a goderne di meno, un altro bias che qualcuno include sotto il discorso “gusti”, ma che è a tutti gli effetti un bias.

Se è la selezione a essere sbagliata

I bias di selezione dipendono perlopiù dallo scegliere il prodotto sbagliato. Immaginiamo di voler dare una recensione a una birra IPA e, nel grande marasma dei marchi a disposizione, scegliamo un prodotto a buon prezzo. Il problema dei prezzi per i beni gastronomici è che, con un costo inferiore, non saranno solo coloro che cercano una birra specifica a sceglierla, ma anche altre persone che sono attratte dal fattore economico, su cui le stesse fonti talvolta ammettono di non essere davvero competenti. Questo significa che qualcuno potrebbe effettivamente dare un voto negativo alla birra IPA economica, perché l’ha provata per caso. Sembra un problema simile al cognitivo e, in realtà, i due problemi si sovrappongono talvolta, finendo con il rendere le recensioni un parametro molto poco affidabile

 

Ovviamente esistono siti che cercano di mettere in conto il bias delle recensioni, come BeerAdvocate e simili, dove vengono confrontati proprio i prodotti artigianali e “da supermercato”. Sarebbe impensabile nel mercato ipercompetitivo di oggi non avere chi si specializza nel paragonare siti, prodotti e recensioni degli stessi, come succede anche per i siti per giocare al casinò online in sicurezza, argomento con cui esistono molti paralleli da birra.

In conclusione: ci si può fidare?

La percezione della birra, o del brand che la produce, talvolta tende a modificare la valutazione finale. Per questo, oggi più che mai, il marketing può creare un vero e proprio “culto”, dove un prodotto trova il proprio pubblico più facilmente, guadagnando immediatamente uno status di eccellenza nella propria nicchia di mercato. Immaginiamo il concetto come un’auto sportiva: difficilmente troverà successo all’interno del pubblico che cerca un fuoristrada, quindi sarà anche meno semplice trovarla in vendita. Chi vorrà la suddetta vettura dovrà fare un passo in più per procurarsela e, inevitabilmente, apprezzerà il prodotto finale più di chi ha semplicemente scelto dal listino del concessionario disponibile in quel momento.

 

La valutazione finale è, dunque, qualcosa che rimane personale. Possiamo mettere in conto le recensioni su un prodotto, magari per evitare quelli indubbiamente pessimi, ma non pensiamo che i migliori siano quelli con le valutazioni più alte. Dopotutto non è un discorso che coinvolge soltanto le birre, ma qualsiasi altra cosa dove le opinioni non sono altro, alla fine, che punti di vista personali.

Gustarsi un bel boccale senza aspettative né pregiudizi è l’unico modo per non rimanere con l’amaro in bocca.

 

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