Numero 37/2025

13 Settembre 2025

St. Austell Brewery

St. Austell Brewery

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Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

St. Austell/Inghilterra
Il più antico birrificio della Cornovaglia.
Walter Hicks, maltatore, nonché commerciante di vini e liquori, comprato un locale dismesso, London Inn, vi costruì vicino una fabbrica con impianti a vapore dove nel 1851 cominciò a produrre ale.
Rimasta l’unica birreria a St. Austell, l’omonima impresa poté svilupparsi al punto da inaugurare nel 1893 un secondo stabilimento, in stile vittoriano, che domina la città ed è tuttora operativo.
Nel 1930 il birrificio, che utilizzava la svastica, antico simbolo induista evocatore di fortuna e benessere, sostituì tutti i tappi delle bottiglie.
Nel 1935 divenne distributore esclusivo di Coca-Cola per la Cornovaglia.
Nel 1970 realizzò una massiccia opera di ristrutturazione per aumentare la capacità produttiva, anche in considerazione della crescente domanda per il numero sempre più elevato di turisti nella regione.
Nel 1992 creò il primo Visitor Center, poi ammodernato e ampliato nel 2006.
Nel 2016 rilevò il birrificio Bath Ales di Warmley (nel Gloucestershire), fondato nel 1995 dagli ex dipendenti della Smiles Brewery di Bristol. L’anno successivo annunciava, per un suo nuovo impianto produttivo e d’imbottigliamento, un investimento di svariati milioni si sterline.
Rimasta indipendednte, nonostante le continue pressioni delle multinazionali, l’azienda è tuttora gestita dai discendenti della famiglia Hicks. E possiede oltre 180 pub, tutti locati e con la maggior parte di essi che offre la possibilità di pernottamento.
Alla fine, anche la St. Austell non ha saputo resistere a oltranza alla tentazione della Craft Beer Revolution, e ha cominciato a sfornare comunque piacevoli sorprese moderne.
Contemporaneramente però, ha continuato a fabbricare la tradizionale real ale, senza pensare lontanamente ad abbandonare le oltre 500 botti di legno affidate al bottaio interno. E, con Roger Ryman head brewer, malto da orzo della Cornovaglia, luppolo del Kent (Fuggle e Golding) e lievito di proprietà, escono tuttora da questo vecchio e glorioso birrificio, in cask o rifermentate in bottiglia, birre perfettamente bilanciate, di carattere morbido e ottima bevibilità. Mentre la produzione supera ormai abbondantemente i 100 mila barili all’anno.
St. Austell Tribute, ordinary bitter ale di colore ramato con riflessi dorati (g.a. 4,2%); pastorizzata. Portabandiera della casa e una vera e propria istituzione per la Cornovaglia, assorbe l’80% della produzione. Nacque, come offerta one-shot e con il nome di Dailight Robbery (cioè “furto di luce”), per commemorare l’eclissi solare del 1999; ma si rivelò così popolare che fu reintrodotta in pianta stabile. Nel 2001, per il 150° genetliaco del birrificio, fu ribattezzata Tribute, e cominciò a mietere premi in tutto il Regno Unito. Con una moderata effervescenza, la schiuma beige chiaro, a trama fine e compatta, risulta piuttosto scarsa, di buona aderenza e discreta tenuta. Il bouquet olfattivo è una sinfonia di frutta (arancia, mandarino, melone retato, pesca a pasta gialla) su note di pane, miele d’acacia, cereali. Il sottofondo esala sentori di camomilla e fiori di ibisco. In lontananza aleggiano resina, terra, luppolo alle erbe. Il corpo, da leggero a medio, ha un consistenza decisamente acquosa. Perfetto l’equilibrio gustativo, tra luppoli agrumati e malto dolce con venature di pane, biscotto, zucchero candito, miele d’arancio. Il finale si propone aspro, discretamente secco, amarognolo. Le impressioni del breve retrolfatto appaiono granulose e agrumate con una punta di acidità opaca.
St. Austell Admirals Ale, extra special bitter/ESB di colore ambrato carico, quasi ramato, e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 5%); condizionata in bottiglia. Fu elaborata nel 2005 per celebrare il 200° anniversario della vittoria riportata a Trafalgar contro la flotta combinata franco-spagnola dall’ammiraglio Horatio Nelson, uno dei più amati e celebrati eroi nazionali d’Inghilterra. L’etichetta invece fa riferimento alla battaglia di Copenhagen del 1801. Di fronte all’enorme spiegamento di forze nemiche, l’ammiraglio sir Hyde Parker, al comando di una flotta della Royal Navy, ordinò a Nelson la ritirata. Ma quest’ultimo, cieco da un occhio, mise, in segno di sfida, il cannocchiale davanti all’occhio bendato e finse di guardare all’orizzone. “I see no ships” (“Non vedo nessuna nave”), esclamò disubbidendo. E, prima che venisse accordata una tregua, le sue navi avevano distrutto la maggior parte della flotta danese. Nata come speciale, la sua produzione è poi continuata in bottiglia condizionata (in botte, occasionalmente). E, in bottiglia, ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali: “Supreme Champion” all’International Beer Challenge del 2008, “Champion Bottled Beer of Britain” al Great British Beer Festival nel 2010 e, rifermentata, “Real ale” da parte della CAMRA. Viene brassata con malto Cornish Gold (da orzo coltivato localmente e sottoposto a uno speciale processo di cottura a fuoco che sviluppa un’intensità di colore e di sapore più profonda rispetto al malto normale) e aromatizzata con il rinomato luppolo americano Cascade e il Celeia, di origine slovena, dal delicato carattere floreale e agrumato. La carbonazione è piuttosto vivace; la schiuma ocra, ricca, compatta, pannosa, durevole nel bel perlage alle pareti del bicchiere. L’olfatto espande subito il suo potenziale fruttato, in cui si esaltano particolarmente pompelmo, melone retato, pesca, mango, papaia, polpa d’arancia; seguono odori floreali, di luppolo, resina di pino, frutta secca (noci, mandorle); mentre dal sottofondo emergono sentori di malti tostati, cereali, marzapane, cioccolato, biscotto, caramello, miele di melata di bosco, caffè, crosta di pane, delicatissime spezie indistinguibili. Il corpo medio ha una consistenza prettamente acquosa. Su solida ma morbida base di malto tostato si distendono a proprio agio le fresche e amare note di luppolo agrumato, in un percorso lungo, pulito, intrigante, che sfocia in una piacevole secchezza ripulente. Le impressioni del retrolfatto risultano aspre, amare, acidule.
St. Austell Proper Job, india pale ale di colore giallo dorato e dall’aspetto leggermente velato (g.a. 5,5%); condizionata in bottiglia. L’occasionale versione in cask ha il tasso alcolico del 4,5%. Si tratta di un’ottima IPA inglese che strizza l’occhio all’America. Utilizza infatti malto Maris Otter della Cornovaglia e i luppoli americani Willamette, Cascade e Chinook. Esordì nel 2005, al Celtic Beer Festival organizzato dal birrificio e con il nome in onore del 32° Reggimento della Cornovaglia, premiato dalla regina Vittoria per aver eseguito un “lavoro ad arte” (Proper Job) durante il Great Indian Mutiny o Indian Mutiny (“ammutinamento indiano”) dal 10 maggio 1857 all’8 luglio 1858. Fu poi rinominata Cornish IPA per la distribuzione presso i negozi di Marks & Spencer. Intanto che collezionava riconoscimenti a iosa. La carbonazione è molto contenuta; la schiuma bianca che si forma, di trama fine e compatta, durevole e aderente. L’aroma ostenta l’ottimo bilanciamento dei suoi diversi e variegati elementi: malto, caramello, crosta di pane, biscotto, pasta frolla, cereali, miele d’acacia; luppolo floreale, erbe e resina; agrumi (in particolare, pompelmo e limone); frutta (arancia, fragola, melone retato, ananas, mango, pesca a pasta gialla, uva spina). Il corpo medio ha la classica consistenza a chiazza di petrolio. Non meno equilibrato si propone il gusto, morbido, dissetante, piacevole, con delicati e, insieme, pieni sapori di agrumi, luppolo, frutta, pino, legno, miele. La secchezza del finale deterge meticolosamente il palato. Le lunghe suggestioni retrolfattive invocano a gran voce l’erbaceo, l’agrumato e il resinoso dei luppoli.
St. Austell Proper Black, black IPA di colore nero impenetrabile (g.a. 6%); condizionata in bottiglia. Nacque nel 2011 come birra speciale per poi entrare in produzione regolare. La “sorella scura” della Proper Job, robusta e decisa al naso e in bocca, combina malti tostati con i moderni luppoli agrumati. Con una media effervescenza, la schiuma beige sbocca ricca e minuta, compatta e cremosa, stabile e aderente. L’aroma si apre fresco e intenso, con polpa di arancia e mandarino, pompelmo e ananas, aghi di pino e resina, che presto si ritrovano in compagnia di malto tostato, caramello, caffè, cioccolato fondente, frutta secca e a bacca rossa. Il corpo medio ha una netta consistenza oleosa. Il gusto, morbido e rotondo, ripropone caffè e malto tostato in particolare, che si fondono man mano con note floreali, di luppolo amaro, paglia bruciata, terriccio, acidità persistente. Il finale si rivela abbastanza asciutto e piacevolmente amaricante. Le lunghe sensazioni retrolfattive inneggiano procacemente alle tostature.
St. Austell Big Job, double/imperial IPA di colore dorato intenso tendente all’arancio e dall’aspetto velato (g.a. 7,2%); condizionata in bottiglia. La versione in botte è solo occasionale. Si tratta della “sorella maggiore” della Proper Job. Esordì con la gradazione alcolica dell’8,5%, prendendo quella attuale nel 2015. La carbonazione è bassa; la schiuma nivea, abbastanza fine, cremosa, di buona allacciatura ma non così persistente. L’intensità olfattiva, molto elevata e di attraente finezza, spazia liberamente tra sentori floreali (camomilla, gelsomino), legnosi (bosso, abete rosso, clorofilla), fruttati (ananas, mango, frutto della passione, pesca bianca, melone retato), speziati (pepe nero, vaniglia); e con un soffio dal fondo di miyagawa. Il corpo medio ha una consistenza abbastanza acquosa. Nonostante il tenore alcolico sostenuto, che però mantiene la propria discrezione per l’intera durata della bevuta, il gusto defluisce che è una meraviglia: a farsi la parte del leone è la frutta tropicale, che si appoggia alla solidità della base di pane bianco e biscotto al burro; una dolcezza che però va via via scemando, fagocitata dalla scorza d’agrumi, da erbe aromatiche, da un delicato luppolo floreale, dalla resina di pino. Il finale, secco, pulito, caldo e amarognolo, si perde languidamente tra le lunghe sensazioni di un retrolfatto citrico, amaricante e piuttosto pungente.

 

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Antonio Mennella
Info autore

Antonio Mennella

Sono nato il primo gennaio 1943 a Lauro (AV) e oggi risiedo a Livorno.
Laureato in giurisprudenza, sono stato Direttore Tributario delle Dogane di Fortezza, Livorno, Pisa, Prato.
 
La scrittura è sempre stata una delle mie passioni, che è sfociata in numerose pubblicazioni di vario genere, alcune specificatamente dedicate alla birra. Gli articoli riportati sul Giornale della Birra sono tratti da La birra nel mondo, in quattro volumi, edita da Meligrana.

Pubblicazioni: 
Confessioni di un figlio dell’uomo – romanzo – 1975
San Valentino – poemetto classico – 1975
Gea – romanzo – 1980
Il fratello del ministro – commedia – 1980
Don Fabrizio Gerbino – dramma – 1980
Umane inquietudini – poesie classiche e moderne – 1982
Gigi il Testone – romanzo per ragazzi – 1982
Il figlioccio – commedia – 1982
Memoriale di uno psicopatico sessuale – romanzo per adulti – 1983
La famiglia Limone, commedia – 1983
Gli anemoni di primavera – dramma – 1983
Giocatore d’azzardo – commedia – 1984
Fiordaliso – dramma – 1984
Dizionario di ortografia e pronunzia della lingua italiana – 1989
L’Italia oggi – pronunzia corretta dei Comuni italiani e nomi dei loro abitanti – 2012
Manuale di ortografia e pronunzia della lingua italiana – in due volumi – 2014
I termini tecnico-scientifici derivati da nomi propri – 2014
I nomi comuni derivati da nomi propri – 2015
 
Pubblicazioni dedicate alla BIRRA:
La birra, 2010
Guida alla birra, 2011
Conoscere la birra, 2013
Il mondo della birra, 2016
 
La birra nel mondo, Volume I, A-B – 2016
La birra nel mondo, Volume II, C-K -2018
La birra nel mondo, Volume III, L-Q – 2019
La birra nel mondo, Volume IV, R-T – 2020
 La birra nel mondo, Volume V, U-Z– 2021
Ho collaborato, inoltre, a lungo con le riviste Degusta e Industrie delle Bevande sull’origine e la produzione della birra nel mondo.