Numero 48/2016

1 Dicembre 2016

Birre Amiata: tesori di Maremma!

Birre Amiata: tesori di Maremma!

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Arcidosso è una piccola cittadina dalle connotazioni maremmane, che sorge alle pendici del versante occidentale del Monte Amiata, ai margini dei grandi boschi di faggi e castagni, che si intercalano ad appezzamenti coltivati a vigneti ed uliveti. In un contesto fortemente vocato alle produzioni agricole ed alle eccellenze della tradizione enogastronomica toscana, non poteva che crescere al meglio il germe di un birrificio artigianale che, in pochi anni, è balzato agli onori internazionale: il Birrificio Amiata.

Il progetto è nato nel lontano 2006 da “una passione di famiglia” per l’homebrewing, ad opera di Gennaro e Claudio Cerullo. Da allora, la piccola brasseria ha compiuto molta strada ed oggi ha una gamma molto ampia di birre in produzione, che spaziano tra vari stili, ma tutte accomunate dall’alta qualità delle materie prime, dall’attenzione nella gestione del processo di produzione e, quindi, dall’eccellenza nel bicchiere.

Di seguito l’intervista esclusiva concessa a Giornale della Birra da Gennaro e Claudio, che ci hanno accolto con grande disponibilità!

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Claudio, il vostro birrificio è a tutti gli effetti definibile una “piccola brasseria di montagna”.  Quali sono state le difficoltà ed i vantaggi derivati da questa situazione? Come ha inciso nella crescita commerciale e nel rapporto con il consumatore?

Il Monte Amiata è un po’ fuori dalle grandi rotte commerciali o turistiche. Quindi in termini di persone che vivono in quest’area, di gente che passa o di costi di trasporto delle materie prime o delle birre finite, siamo sicuramente penalizzati. Ma l’acqua che la montagna ci regala ci offre possibilità produttive impensabili altrove e questo ci ripaga e distingue le nostre birre in termini di qualità organolettiche.

 

La scelta delle materie prime per raggiungere l’obiettivo di realizzare birre di alta qualità è sicuramente un elemento fondamentale: come avviene il processo di selezione ?

Per selezionare o tenere sotto controllo la qualità delle materie prime è importante recarsi “in loco”, visitare le fiere di settore, valutare i campioni messi a disposizione dai vari produttori. Non bisogna mai sedersi e dare per scontato che si utilizzino materie prime di qualità, anche perché in agricoltura, la qualità è figlia di condizioni metereologiche che a volte possono essere imprevedibili. Entrando più nello specifico, mentre per la scelta dei luppoli ci si affida, un po’ come tutti i birrifici, ai grandi distributori specializzati, per l’orzo abbiamo sempre cercato un prodotto dedicato alle nostre esigenze. Abbiamo rapporti con una malteria tedesca, la Weyermann, che da sempre ha messo la qualità dei propri prodotti al centro del proprio business. Visitiamo ogni anno la malteria per valutare i raccolti e per imparare ad utilizzare al meglio i loro prodotti. In 10 anni non abbiamo mai avuto motivi per lamentarci, anche se il nostro sogno è quello di poter un giorno impiegare solo orzo e frumento locale. Da qui la collaborazione con l’associazione “grani antichi” di Semproniano (GR) per selezionare varietà autoctone che si prestino al meglio per la produzione brassicola.

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Nella vostra filosofia produttiva gioca un ruolo fondamentale la volontà di dar spazio ai prodotti tipici del territorio: quali materie prime locali usate e come sono utili a caratterizzare le vostre creazioni?

Noi siamo sempre stati grandi appassionati, che però non possono trascendere da logiche imprenditoriali, piuttosto che imprenditori veri e propri. Infatti, nonostante il mondo della birra artigianale italiana sia in veloce evoluzione, noi restiamo ancorati alla nostra filosofia di prodotto legato il più possibile al nostro territorio. Oggi i giovani sono poco interessati alla birra di castagne o con altri prodotti tipici del luogo, oppure al fatto di avere una percentuale di grani locali nella birra. Però l’azienda deve sopravvivere ed evolversi, per questo motivo abbiamo deciso, invece di cambiare rotta e rinnegare il passato, di rimanere noi “vecchi” ancorati a questo “nostro” mondo, ma di dare ad Alessio Bargagli l’opportunità di lanciare un suo progetto, diverso dal nostro, legato sempre ad una passione, ma che vuole parlare più ai giovani. Per questo è nata Amiata Brewing Company. Noi di Birra Amiata non avremmo mai prodotto una birra con un solo malto ed un solo luppolo o altre birre che nascono solo per il piacere di essere bevute, senza impiegare ingredienti locali o senza una ricerca delle tradizioni storiche e produttive. Alessio le ha fatte e sono anche piaciute molto. Quindi oggi nel birrificio arcidossino Birra Amiata è lo zoccolo commerciale e l’esperienza, Amiata Brewing Company è lo sguardo al futuro ed alla crescita del birrificio.

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Dopo questa lunga premessa, necessaria proprio per far comprendere la fortissima volontà di rimanere ancorati al territorio, rispondo con maggiore chiarezza alla domanda. Per noi Birra Amiata era anche un modo per promuovere il territorio, le sue eccellenze e la sua storia. Siamo nati con la birra di castagne, che dieci anni fa sembrava diventasse il primo vero stile birrario italiano. Una birra difficilissima da produrre, delicata da conservare, che ci ha anche dato forse un immagine di qualità discontinua come birrificio, in quanto si passava da lotti sensazionali ad altri scadenti. Ma con caparbietà non ci siamo mai arresi, siamo andati avanti, fino in Belgio per capire cosa non andava e quali erano i problemi ed abbiamo cercato di risolverli. Le birre con i nomi contenenti “Bastarda” sono tutte alle castagne: Bastarda Rossa, Bastarda Doppia, Bastarda Nera, Vecchia Bastarda ed ultimamente anche Bastarda Bionda, una birra con castagne e miele di castagno. Poi abbiamo sempre cercato di capire cosa di buono poteva offrire il nostro territorio per una birra e così sono nate la Marruca al miele di marruca o la Crocus con lo zafferano purissimo di Maremma. Birre nate anche dal contatto con i produttori locali, durante i mercati o da richieste specifiche come le birre al mosto d’uva che produciamo in collaborazione con alcuni produttori di vino. Come già accennato un filone molto importante di ricerca e di lavoro è quello sulla ricerca dei grani antichi della nostra regione ed in questo abbiamo contagiato anche Alessio, che nella “blanche” della sua linea, ha usato anche frumento non maltato della zona, della varietà “Senatore Cappelli”

 

La vostra impresa è a tutti gli effetti un portabandiera delle produzioni della Toscana a livello italiano ed internazionale: quali prospettive e quali futuro immagini per il settore craft della vostra regione?

In Toscana siamo ormai più di cento produttori, ma di questi un quarto hanno velleità produttive e di espansione. Alcune sono piccole realtà di persone che producono birra nel tempo libero oppure in contesti più ristretti come gli agriturismi, in cui produrre birra vuol dire allargare anche il ventaglio di prodotti locali che si possono proporre ai clienti. La Toscana è e rimarrà una regione ancorata alla propria tradizione vitivinicola. I consumi di birra erano già dieci anni fa inferiori alla media nazionale e tali sono rimasti. I turisti non debbono essere fidelizzati con prodotti di qualità e non vengono in Toscana per la birra, ma per il vino, quindi quando si ritrovano a bere birra, bevono volentieri una qualsiasi birra industriale. Ci sono sicuramente degli appassionati, autoctoni o stranieri, in cerca delle birre artigianali locali, ma non sono poi così tanti come in alcune regioni del nord. Per questo motivo la valvola di sfogo migliore è la vendita fuori regione, ma soprattutto all’estero, dove il prodotto toscano gode di una fama intrinseca superiore a quello veneto, piemontese o lombardo. Nei prossimi anni il tend nazionale sarà: pochi grandi birrifici artigianali che esporteranno birra in Italia ed all’estero e molti piccolissimi produttori locali, i cui prodotti si troveranno nel raggio di pochi chilometri. Questo trend in Toscana è forse oggi più attuale che nella media italiana.

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Alle vostre birre più classiche, che sono addirittura 15, si è affiancato un nuovo progetto: Amiata Brewing Companyche produce delle birre definiteSmaSH (Single Malt and Single Hops), portato avanti in stretta sinergia con il giovane mastro birrario Alessio Bargagli: puoi darci maggiori informazioni?

Come precedentemente detto, produrre una birra impiegando un solo orzo ed un solo luppolo – straniero – non era molto nelle corde di Birra Amiata, più dedita a ricercare vecchi stili estinti, vecchie tradizioni produttive. Un approccio colpevolmente “cervellotico”. Probabilmente questo perché gli albori del movimento birrario artigianale sono stati contrassegnati da homebrewer che aprivano birrifici i cui clienti erano homebrewer che non avevano aperto un birrificio. E tutto è sempre stato molto “geek”. Man mano che poi l’interesse a bere birra si è diffuso tra i giovani, ci si è concentrati molto sul piacere e sulle belle sensazioni del bere birra, indipendentemente da come e dove veniva prodotta. Molti ragazzi oggi al bancone non chiedono più “una birra”, ma una “IPA”, una “Session”, una “Triple” e così via.

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Agli albori ogni birrificio sceglieva uno stile principale a cui aderire, belga, tedesco, inglese e rimaneva a questo coerente. Oggi invece la produzione specie dei nuovi produttori, spazia tra i vari stili, proprio perché il pubblico ha imparato ad associare ad un determinato stile certe sensazioni ed emozioni. Con la richiesta “dammi una White IPA” si chiede al proprio publican di fiducia di reperire e di spinare nelle migliori condizioni, una tra le migliori “White IPA” del mercato, quindi si investe il Publican non più solo del ruolo di servire buone birre, ma di ricercare, selezionare e proporre gli stili più richiesti o più innovativi. I giovani appassionati di birra artigianale richiedono birre che fanno esclamare “wow”, oppure birre “didattiche” in cui si impara a riconoscere un determinato luppolo. Ed è proprio da una birra di questo tipo, voluta da Alessio, una monomalto e monoluppolo, – la Fanny Smith – piaciuta ai clienti ed agli amici birrai, che è partito il progetto Amiata Brewing Company.

 

Maggiori informazioni sul Birrificio Amiata e possibilità di acquisto on-line sul sito web aziendale: www.birra-amiata.it

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!