Numero 26/2025
29 Giugno 2025
Dalle miniere abbandonate al bicchiere: la birra agricola che invecchia sottoterra

Nel cuore della Valle Brembana, un’idea nata quasi per caso durante il lockdown si è trasformata in un progetto sorprendente e autenticamente «dal campo al bicchiere». Gabriele Fontana e Stefano Visinoni, amici e agricoltori di Rogno (Bergamo), hanno avviato nel 2017 un’impresa agricola che coltiva orzo, luppolo e cereali su circa sei ettari, producendo birra artigianale direttamente in azienda. Il loro birrificio – Pagus – è un vero esempio di sostenibilità: utilizza vapore a bassa energia, riusa l’acqua di raffreddamento per pulire i macchinari e trasforma gli scarti in foraggio o farine, chiudendo in modo virtuoso ogni ciclo produttivo.
L’idea che ha segnato una svolta è nata dall’osservazione delle potenzialità delle miniere dismesse di Schilpario. Queste gallerie, fresche e umide in modo stabile, ricordano per condizioni ambientali le grotte di affinamento usate storicamente per avvolgere formaggi e vini. Così, tra un sorso e l’altro, hanno cominciato a chiedersi: perché non affinare anche la birra sottoterra? La risposta è arrivata con la creazione di Frèra, una birra agricola che utilizza l’acqua pura delle sorgenti minerarie e che viene invecchiata direttamente nelle viscere della miniera di Gaffione, mantenendosi a una temperatura costante di circa 6 °C
Per arrivare a un risultato eccellente sono serviti tre tentativi: il giusto bilanciamento tra acqua, malti e luppoli è stato trovato solo dopo esperimenti e affinamenti, combinando luppoli artigianali e metodo “bitter inglese”. L’effetto è una birra ramata, dal gusto fresco e complesso, capace di evocare note minerali, pulite e leggere, che ha conquistato esperti e pubblico in Europa, guadagnandosi già riconoscimenti internazionali.
Dietro questo piccolo miracolo artigianale c’è anche un lavoro paziente di coltivazione del luppolo: ben 600 piante piantate nelle terre di Rogno, in linea con una più ampia tendenza italiana di valorizzazione delle materie prime a filiera corta. In Italia, va ricordato, la coltivazione di luppolo è ancora pionieristica – con appena 50‑60 ettari censiti e spesso incapace di soddisfare la crescente domanda nazionale. Scegliere varietà locali consente non solo di garantire un profilo aromatico unico alla birra, ma anche di rafforzare la biodiversità e creare valore agricolo sul territorio
A completare il profilo del progetto c’è il legame con la sostenibilità ambientale. L’intero processo produttivo – dalla coltivazione alla fermentazione fino all’affinamento – è pensato per minimizzare l’impatto: riuso energetico, riciclo degli scarti, ottimizzazione dei consumi. Recuperare una miniera abbandonata non è solo simbolo di riuso degli spazi, ma si traduce in un metodo concreto e poco invasivo per ottenere condizioni di maturazione ideali, rendendo la birra un prodotto circolare e a basso impatto .
Il progetto ha ricevuto l’Oscar Green 2023 di Coldiretti, nella categoria “Energie per il futuro e sostenibilità”: un riconoscimento che celebra la capacità innovativa dei ragazzi bergamaschi e il valore di un’iniziativa ancorata al territorio, capace di coniugare agricoltura, artigianalità, identità e circolarità
monzaindiretta.it
In definitiva, questa birra agricola affinata in miniera racconta una storia autentica: una mingitura tra storia, ambiente, ricerca scientifica e gusto. Dall’albero del luppolo alla cavità mineraria, ogni fase è pensata per creare un’esperienza sensoriale profondamente legata al territorio. Ed è un modello replicabile: chiunque abbia terreni idonei e accesso a infrastrutture simili può trarre ispirazione per prodotti unici e sostenibili.