Numero 28/2023
13 Luglio 2023
Sahti: lo stile della tradizione Finlandese

La Sahti è uno stile tradizionale Finlandese, appartenente alla famiglia delle Farmhouse ale.
In passato veniva prodotta principalmente nelle fattorie.
Nelle linee guida per gli stili del Beer Judging Certification Program (BJCP) viene categorizzata come “stile storico” anche se in realtà la sua produzione non si è mai interrotta.
Infatti ancora oggi è viene prodotta da homebrewer, ed è anche riproposta anche da alcuni birrifici a livello commerciale.
Le sue caratteristiche cambiano in base al produttore e al luogo in cui viene prodotta.
Il colore varia dal giallo paglierino al marrone scuro ed è tipicamente torbida, come conseguenza del metodo di produzione.
Infatti, spesso la Sahti non viene fatta bollire e quando questo avviene, nella maggior parte dei casi, la bollitura non è vigorosa, ma l’impasto viene fatto semplicemente sobbollire.
Questo fa sì che restino in sospensione molte proteine, le quali solitamente invece coagulerebbero, precipitando con la bollitura.
Anche il Grist può variare: può comprendere malto d’orzo, segale ed altri cereali non maltati.
Solitamente è descritta come una birra dolce, dal forte aroma di malto fresco, sentori di pane, miele e toffee, con un grado alcolico compreso tra i 7 e i 9 gradi.
Gli aromi fruttati e speziati sono parte integrante di questa birra, simili a quelli di una Weizen Bavarese, ossia chiodi di garofano e banana.
Nel 2014 alcuni scienziati del “VTT Technical Research Centre of Finland” hanno analizzato 12 campioni di Sahti, selezionati casualmente da 49 partecipanti alla Competizione Nazionale di Sahti .
Dallo studio è emerso che 10 campioni contenevano Isoamile acetato, estere dell’acido acetico responsabile del sentore di banana, e 4-vinil guaiacolo, a cui è imputabile l’aroma di chiodi di garofano, entrambi in quantità maggiori rispetto alle due Weizen bavaresi prese come birre di riferimento.
Di fatto nel BJCP la Sahti viene messa a confronto con le Weizenbock con cui, sempre stando al BJCP, sembrerebbe esserci una forte somiglianza, nonostante alcune note di discrepanza, come la dolcezza più intensa e la viscosità. Inoltre nella Sahti sono presenti altri aromi apportati dalla segale e il ginepro.
I birrai utilizzano anche rami di ginepro nel processo di produzione, ma nel prodotto finito questo aroma non deve essere preponderante.
In conseguenza all’assenza della fase di bollitura, la Sathi non è una birra che si conserva a lungo. Nata come bevanda per le festività , ancora oggi viene prodotta in occasione di celebrazioni, quali matrimoni e festività natalizie.
L’impianto tradizionalmente utilizzato per la produzione di Sahti è simile a quello utilizzato per produrre Steinbier. Questo infatti comprende un tino per la miscela in legno, una caldaia in ferro per scaldare l’acqua, ed il Kuurna, un tronco cavo che funge da tino filtro, questo è chiuso da entrambi i lati, con un foro al fondo che viene tappato con un piccolo cuneo in legno.
L’impostazione dell’impianto può variare, pressoché ogni birraio utilizza un metodo diverso.
Produzione
Il giorno che precede la produzione, – nota anche come cotta- nella caldaia viene preparato un infuso di acqua e ginepro, il quale è fatto prima bollire e poi lasciato riposare per un’intera notte.
Il Kuurna ed il tino vengono bagnati al fine di far assorbire l’acqua al legno, gonfiandolo, ed evitare perdite durante la produzione.
Il giorno seguente il birraio inizia lavando i recipienti in legno con l’infuso di ginepro caldo, dopodichè il malto viene versato nel tino di miscela e sopra di esso l’ infuso. Questo infuso viene aggiunto gradualmente e in seguito ad ogni addizione l’impasto viene lasciato riposare per 45 minuti circa. La temperatura viene innalzata utilizzando infuso sempre più caldo.
L’impasto viene poi trasferito manualmente con un recipiente nella caldaia in metallo dove è portato alla temperatura di bollitura. In seguito l’impasto viene trasferito, sempre manualmente, nel kuurna sul cui fondo sono stati precedentemente posti dei rami di ginepro che fungono da fondo filtrante.
Il mosto viene fatto defluire in un recipiente e a circa metà del processo di travaso il flusso viene interrotto ed il mosto torbido viene riversato nell’impasto rimasto nella caldaia.
Quando tutto l’impasto è nel Kuurna ed il tappo di scolo è aperto, il mosto viene fatto defluire lentamente in un recipiente.
Le trebbie vengono sciacquate con l’infuso di ginepro affinché vengano estratti gli zuccheri residui, ma anche con lo scopo di diluire il mosto. Durante questo processo, il birraio assaggia il mosto nel recipiente varie volte, fermando il flusso prima che sia troppo diluito.
Il mosto viene trasferito in vecchi contenitori per il latte in alluminio, i quali vengono immersi in acqua fredda. Il mosto viene raffreddato a 23°C circa, e poi trasferito in un bidone di plastica: il lievito viene così inoculato.
La fermentazione vigorosa viene portata avanti per circa due giorni, dopodiché il mosto viene trasferito in grosse taniche di plastica che vengono poste al freddo. Qui la fermentazione secondaria, più lenta, continua fino alla mescita.
Come detto in precedenza il metodo di produzione della Sahti varia molto. In alcuni casi, per esempio, vengono utilizzate proprio pietre roventi per scaldare l’impasto.
Il primo documento in cui viene descritta la Sahti, è la tesi di Carl Niclas Hellenius, pubblicata nel 1780, in cui viene descritta la produzione di birra da parte della popolazione finlandese.
Hellenius tratta il processo di produzione della Sahti, molto simile al metodo descritto in precedenza; l’acqua calda viene aggiunta gradualmente, per poi lasciare riposare l’impasto dopo ogni aggiunta e bollire il tutto dopo la pausa finale.
Nella descrizione di Hellenius, l’impasto è fatto bollire con pietre roventi che sono state poste sul fuoco dopo l’ultima aggiunta di acqua calda. Si parla di circa 5 kg di pietre per per 10 kg di malto utilizzate.
Ma la tesi di Hellenius non è l’unico documento in cui viene descritta Sahti prodotta utilizzando pietre: Negli archivi della tenuta di Louhisaari, facente parte del Museo Nazionale Finlandese, è contenuta una collezione di ricette risalenti a periodi storici differenti. Una di queste è presente una ricetta per produrre Sahti con pietre roventi, si stima che questa sia stata scritta tra il 1770 -1780. Ugualmente alla Steinbier, le pietre roventi venivano impiegate nel brassaggio perchè non si disponeva dei mezzi economici per acquistare caldaie in metallo, anche la tecnica di aggiungere l’acqua gradualmente, fa sì che non siano necessarie caldaie di grandi dimensioni, semplicemente deve essere scaldata altra acqua per l’aggiunta successiva. Questo è simile al multi step mashing: un programma di ammostamento in cui la temperatura dell’impasto è aumentata progressivamente attraverso una serie di pause. Ogni pausa è ottimale per l’azione di un determinato enzima, questi convertono gli amidi in zuccheri e degradano le proteine spezzandole in catene più lunghe di aminoacidi, necessari al lievito durante la fermentazione.
Anche aggiungendo le pietre progressivamente si può ottenere lo stesso risultato.
Oggigiorno la maggior parte dei birrai non utilizza questo programma di ammostamento con più pause ma ammosta facendo un single step, ossia una singola pausa. Questo perché la qualità del malto è migliore di rispetto al passato, contiene molti più enzimi che durante la maltazione hanno già compiuto il lavoro che altrimenti dovrebbe essere eseguito dal birraio con un multi step mash. Di conseguenza, si devono solo convertire gli amidi in zuccheri con una singola pausa.
Per la produzione di Sahti l’ammostamento multi step è ideale, siccome solitamente nel grist sono compresi cereali non maltati e in alcuni casi i cereali vengono maltati dallo stesso birraio, di conseguenza gli amidi presenti in quest’ultimi potrebbero non essere stati modificati a sufficienza.
In passato i birrai che producevano Sahti non erano a conoscenza dell’esistenza di enzimi e non possedevano strumenti di misurazione come termometri e densimetri, oggi ritenuti fondamentali per la produzione di birra. Lo stesso accade anche oggigiorno; molti produttori di Sahti, esclusi i birrifici commerciali, non utilizzano questi strumenti. Durante il risciacquo delle trebbie il birraio pratica più assaggi per verificare se la densità finale corretta sia stata raggiunta o meno.
Nel procedimento descritto da Hellenius la birraia aggiunge le pietre roventi quando, con una mano riesce a muovere una pala attraverso l’impasto con facilità. La temperatura dell’acqua di ogni aggiunta deve essere superiore a quella precedente, questa è determinata dal birraio toccando l’acqua dell’aggiunta.
Nonostante gli impianti e i metodi utilizzati non abbiano la stessa efficienza di quelli utilizzati oggigiorno da birrifici commerciali, i produttori di Sahti riescono comunque a produrre birra di buona qualità, infatti, la Sahti gode del marchio di specialità tradizionale garantita ed è richiesta anche all’estero. Ma una problematica che riguarda la distribuzione di Sahti è la sua breve durata di conservazione, a conseguenza del metodo di produzione che non prevede una bollitura intensa. Pertanto è necessario il trasporto a freddo del prodotto, rendendo i costi di spedizione più elevati.
Anche nel suo paese di origine la Sahti tende ad essere venduta solo in luoghi vicini al birrificio, solitamente è servita entro una/tre settimana dalla data di produzione.