27 Novembre 2015

Il Birrificio di Chioggia: la forza della passione

Il Birrificio di Chioggia: la forza della passione

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Chioggia, la mia città, è un posto da favola: l’incrocio tra terra, mare e laguna la rendono un soggetto perfetto per viste mozzafiato di albe e tramonti sull’acqua; il suo centro storico ricco di storia e cultura, le spiagge di Sottomarina e l’offerta turistica attirano ogni anno un numero sempre più elevato di turisti e visitatori dal resto d’Italia e dall’estero; la sua cucina di pesce e prodotti tipici come il radicchio IGP e la zucca marina la annoverano tra le mete ideali per tour gastronomici; la sua flotta peschereccia si conferma tra le più importanti dell’Adriatico e d’Italia…
Da circa un anno e mezzo, alle eccellenze di Chioggia si è aggiunta un’attività relativamente nuova per il territorio, e che potrà spero presto diventare tappa di tutti i beer tours degli amici birrofili: il 28 aprile 2014 è stato infatti inaugurato il Birrificio di Chioggia, e dopo aver assaggiato praticamente tutte le birre prodotte finora, e avendo personalmente constatato che sì, vale proprio la pena farle conoscere a tutti, sono andata a trovare Gianni Padoan, l’homebrewer creatore di questo progetto, che insieme alla moglie Lory gestisce con grande passione e dedizione il Birrificio e la produzione di ogni birra spillata al suo interno.

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Gianni, come nasce la passione per la birra? Come ti è passata in mente l’idea di iniziare a produrla?
Chi non ha mai bevuto una birra in compagnia? È forse la bevanda più “socievole” che esiste, con gli amici la sera è naturale uscire per una bevuta. A me è sempre piaciuta, e un giorno per semplice curiosità ho digitato su un motore di ricerca la parola “birra”, e da lì mi si è aperto un mondo: non c’erano solo degustazione, assaggio, prodotto finale, ma c’erano intere pagine dedicate alla produzione birraria. E io, che sono “smanettone” e amo provare sempre nuove cose e lavorarci sopra, mi sono detto: ma se ci provano e ci riescono gli altri, perché non posso tentare anche io? Così mi sono informato a dovere, ed ho iniziato la mia produzione casalinga, cominciando da subito con il procedimento più laborioso. Non ho mai voluto utilizzare i kit, principalmente perché con essi alla fine la birra non la produci tu, ma vieni aiutato da preparazioni già pronte. Invece ho preferito sin dall’inizio procurarmi le materie prime direttamente “dall’orto”, e con quelle sperimentare a mio gusto personale. Soprattutto all’inizio non è stato facile, ma per fortuna già dalla prima cotta ho sentito subito che c’era qualcosa di diverso nella mia birra. Se andava male, probabilmente avrei buttato via tutto e basta, oppure ci avrei riprovato, chi lo sa. Sicuramente l’utilizzo di ingredienti di qualità e la scelta di non filtrare e non pastorizzare la birra si sono rivelate vincenti, anche se un po’ complicate soprattutto per chi è agli inizi. Ho iniziato con una pentola prestata dalla mia amica Lara, nel 2006-2007 circa, piano piano mi sono procurato tutti gli strumenti necessari ed ho iniziato a fare assaggiare la birra prodotta ai miei amici, che mi hanno proposto di portarla come scenografia di contorno al Palio de la Marciliana (rievocazione storica medievale in cui si rivive la Guerra di Chioggia tra Venezia e Genova di fine Trecento, che si svolge il terzo weekend di giugno, nda), e da lì è cominciato tutto, ho ricevuto sempre più apprezzamenti tanto che ad un certo punto ho iniziato a chiedermi se mi invitavano alle cene in compagnia solo perché portavo la birra!

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Quando hai capito che tutto questo poteva diventare un mestiere?
Il supporto incondizionato di mia moglie e dei miei amici è stato fondamentale, così 3 anni fa circa ho cominciato ad informarmi innanzitutto se la cosa potesse essere fattibile a livello di costi. Le prospettive non erano semplici, ma neanche proibitive, e così ho iniziato a pensarci davvero. All’inizio pensavo ad una specie di società con qualche amico, poi per vari problemi e anche un po’ di timore per una scelta così impegnativa mi sono ritrovato da solo, con l’aiuto di mia moglie, a portare avanti questo progetto, perché ci ho sempre creduto tanto, e mi sarebbe dispiaciuto non provare solo per paura di non correre un rischio, seppure grande. La mia paura maggiore era, a dire il vero, che la voce di questa idea giungesse ad altri e che mi venisse “rubata”: me lo sarei rimproverato per sempre. Così, quando si è liberato questo locale, che fatalità confina con una pizzeria al taglio, la Pizzapiù, sono venuto a parlarne con il proprietario della pizzeria, e l’idea ha iniziato a prendere forma in maniera sempre più concreta. Ho iniziato a produrre più birra, dai pentoloni da 20 litri sono passato a quelli da 100, occupavo la cucina di casa per intere giornate, provando e sperimentando varie ricette che poi piano piano sto riportando anche in birrificio. La mia è l’anima del classico homebrewer, che ama osare, tentare nuove strade, provare nuovi gusti: anche adesso ad esempio, con la stessa birra, sperimento percentuali di ingredienti di volta in volta diversi, e lascio poi giudicare ai clienti quale combinazione è riuscita meglio. E il ritrovarmi a gestire tutto questo solo con mia moglie alla fine si è rivelata la mia “fortuna”: se avessi avuto un socio, avrei dovuto ascoltare anche i suoi consigli e i suoi gusti, invece di fare a modo mio; e probabilmente mi sarei sentito molto limitato nella mia creatività. Lo stesso discorso vale nel caso in cui ci fossimo appoggiati a qualche ente esterno, tipo un ristorante o un pub che ci convenzionava: a giugno ci è capitato di rimanere con i fusti vuoti, e le opzioni erano o mandare avanti di fretta la produzione della birra, sacrificandone la qualità, o tenere chiuso un po’ di giorni. Abbiamo optato per la seconda soluzione. E ciò è stato possibile proprio perché gestiamo tutto io e Lory; se avessimo dovuto rendere conto ad un esercizio, avremmo dovuto per forza produrre birra meno curata per tenere il passo con la richiesta, e facendo così io per primo non sarei stato soddisfatto, e inoltre avrei anche consegnato un prodotto non all’altezza ai clienti.

C’è una delle tue birre a cui ti senti particolarmente legato?
Sarebbe come chiedermi se ho un figlio preferito! No, sono tutte importanti per me, allo stesso modo, ognuna ha il suo perché e il suo momento. Forse una menzione speciale potrei dedicarla alla Charlotte, la birra scura in “stile belga”, corposa, densa, strutturata; una delle prime birre che ho prodotto e che ho fatto conoscere per prima ai miei amici. Potrei dire che è quella con cui è iniziato tutto.

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Progetti per il futuro?
Sicuramente creerò nuove birre, questo è poco ma sicuro! Purtroppo, con il locale piccolo, anche l’impianto di conseguenza è abbastanza ridotto; per questo stiamo pensando di tenere 3 spine fisse, con le birre di maggior consumo, e di occupare le altre 3 spine con birre diverse di volta in volta, in modo tale da variegare l’offerta e continuare a crescere e sperimentare.

Siccome  ci seguono molti homebrewers, hai qualche consiglio da dare a chi desidera provare a fare il grande passo dalla cucina di casa ad un vero microbirrificio artigianale?
Consigli veri e propri non ne ho. La cosa fondamentale è crederci, credere in se stessi e nel proprio prodotto. Le difficoltà enormi iniziano da subito, e se non si è fermamente convinti del proprio progetto si rischia di finire subito a terra ancor prima di cominciare. La burocrazia è tanta e non è facile da seguire. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare nei vari uffici e alla Guardia di Finanza operatori che ci hanno seguito passo dopo passo e che si sono sempre dimostrati disponibili ed efficienti. Bisogna mettere in conto la presenza di ostacoli lungo tutto il percorso, ed essere sempre pronti ad affrontarli.

Stiamo per concludere l’intervista ed entra Lory, la moglie di Gianni e co-proprietaria del birrificio. “ Io sono il braccio e lei è la mente”, mi racconta Gianni, “lei è stata essenziale nel compiere il passo decisivo e mi ha dato tanta forza e tanta carica per riuscire a realizzare tutto questo”. Ne approfitto per chiedere qualcosa anche a lei!

Lory, cos’ha comportato in termini di sacrifici l’inizio di questa grande avventura all’interno della vostra famiglia?
All’inizio io lavoravo a tempo pieno, e poi al pomeriggio e alla sera ero qui, quindi in pratica a casa non c’ero mai. E lo stesso Gianni: lavoro e poi birrificio. Ma sai, all’inizio pensavamo di poterlo gestire come un passatempo. E invece mano a mano che la clientela aumentava, abbiamo capito che non era così! Abbiamo preso l’aspettativa, e ora ci dedichiamo alla nostra attività, anche perché il lavoro aumenta di giorno in giorno, e infatti oltre a noi adesso c’è anche un ragazzo, Jacopo, che viene a darci una mano.

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Le soddisfazioni però non mancano.
No, assolutamente. La cosa che mi fa più piacere è essere apprezzati da persone che solitamente non bevono birra. Sembra incredibile, ma più di qualcuno ci ha confessato di non essere un fan della birra, ma di aver iniziato a berla solo dopo aver assaggiato la nostra, e questa per noi è un’enorme soddisfazione, che ci dà ancora più motivazione e stimoli per proseguire questa strada. Vuol dire che siamo nella direzione giusta.

Un’ultima domanda: il gatto nel vostro logo?
E’ un omaggio alla nostra città! Il Leone di San Marco che svetta a piazza Vigo viene da sempre chiamato “gato” come presa in giro da parte dei veneziani. Ormai è diventato il nostro simbolo e lo abbiamo scelto per ironizzare un po’ su noi stessi.

Invito tutti i nostri lettori a fermarsi per una pinta in questa nuova splendida realtà birraria. Per chi volesse assaggiare le creazioni del Birrificio di Chioggia e passare a trovare Gianni e Lory, l’indirizzo è: Borgo San Giovanni, 1137 a Chioggia.

Un ringraziamento a Giorgio Corda per le foto!

 

 

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Alessia Baruffaldi
Info autore

Alessia Baruffaldi

“Ero una quasi astemia qualsiasi, fino a quando, alla “tenera” età di 23 anni, ho fatto conoscenza con una giraffa di Augustiner Oktoberfest…”

Nasce così la mia passione per la birra, più o meno 7 anni fa. E da allora non si è più fermata.
Solitamente, le donne si emozionano e si entusiasmano di fronte ad un negozio di vestiti, di scarpe, di profumi… Io mi entusiasmo davanti ad una libreria, a qualsiasi cosa che raffiguri dei gufi o la Scozia… e davanti ad uno scaffale pieno di bottiglie di birra!
E’ più forte di me, appena entro in un supermercato, vado subito in direzione del reparto birre, che solitamente viene sempre diviso dal reparto “vini&liquori”, e proclamo il mio insindacabile giudizio: in questo supermercato vale la pena che io ritorni?
Comincio a passare in rassegna ogni cambio di colore delle etichette, ed esploro, esploro, esploro.
A volte con piacevolissime sorprese e scoperte di nicchia, e quando poi esco dalla cassa con 4-5 bottiglie mi sento soddisfatta e felice come una bimba che ha svaligiato un reparto di caramelle, o una fashion-addicted che ha trovato un paio di Louboutin al 90% di sconto.
Stessa sorte tocca ai locali che frequento: come decido se vale la pena ritornarci? Semplice! Do un’occhiata al listino delle birre che propongono alla spina o in bottiglia e, se possibile, faccio una perquisizione visiva diretta del frigo. Se tengono solo birre da supermercato, prendo un’acqua frizzante, e mentalmente pongo un bollino sulla porta dello sventurato pub con scritto “MAI PIU’”.
E’ decisamente snob come cosa, lo so, ma è più forte di me.
Ormai tra i miei amici sono considerata LA “birramaniaca” (anche se c’è chi beve molto più di me!). Vedono la passione che ci metto nel provare gusti nuovi, nell’informarmi sui vari birrifici, nel collezionare le bottiglie delle birre che ho assaggiato (al momento sono circa a 280, ma sarebbero molte di più se ogni volta che vado in un pub poi avessi il coraggio di chiedere di portarmi via il vuoto a perdere, ma non è molto carino girare fuori da un pub con una bottiglia di birra vuota in mano senza sembrare un’ubriacona!), leggo, sperimento, cerco di partecipare al maggior numero di fiere birrarie che la distanza (e ahimè,il mio portafogli) mi permettono…

Insomma, coltivo più che posso questa mia passione, forse un po’ insolita per una ragazza, ma che ci posso fare se mi trovo più a mio agio tra gli scaffali di un beer shop, piuttosto che in un negozio di vestiti?
Per questo ho aperto da qualche mese un mio blog sul fantastico mondo della birra artigianale (avventurebirrofile.altervista.org), supportato dalla pagina Facebook de Le avventure birrofile della Ale.