Numero 24/2019
10 Giugno 2019
Birra: più consumi, produzione e export nel 2018! Cason di Assobirra ci spiega perché!
La birra ormai è entrata sempre di più nelle abitudini di consumo degli italiani, come rileva la recente pubblicazione del Report 2018 di AssoBirra, analisi annuale che studia l’andamento del comparto brassicolo e il valore economico e sociale del settore birrario e di quello dei maltatori. Il presidente di Assobirra, Michele Cason, intervistato in esclusiva dal Giornale della Birra ci fornisce i dettagli sullo stato di salute del settore, che vede nella diversificazione dei birrifici una delle principali leve di crescita del comparto.
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Stando alle rilevazioni AssoBirra, infatti, lo scorso anno il mercato ha registrato una crescita dei volumi, della produzione e del consumo pro-capite. Nel 2018, infatti, il consumo di birra in Italia è aumentato del 3,2%, passando dai 19.684.000 di ettolitri nel 2017 ai 20.319.000 del 2018. La crescita si è tradotta in un aumento del 3,4% del consumo pro capite che nel 2018 si è attestato a 33,6 litri, valore che posiziona comunque l’Italia tra i paesi più bassi d’Europa, al terz’ultimo posto nella classifica europea per il consumo pro capite. L’aumento dei consumi ha favorito una crescita della produzione nazionale del 4,7%.
Il report mostra un trend in crescita a livello di consumo e produzione. Quali sono i driver di questo sviluppo?
“La diversificazione portata avanti da grandi e piccoli produttori è uno dei principali driver che ha guidato l’innovazione di mercato del nostro comparto, con un incremento delle birre speciali del 115% negli ultimi 5 anni, unitamente alla valorizzazione dei territori e delle loro peculiarità, tra cui anche le materie prime locali. Questo spirito di maggiore consapevolezza e conoscenza insieme alle tante novità nell’ambito birrario sono i veri driver presenti nei locali. Seguendo i consigli dei barman, leggendo la carta delle birre o consultando siti specializzati, la scelta della birra è sempre più ricercata e legata alle scelte culinarie. L’offerta si è allargata proprio alla maggiore domanda di birre diverse e ad una maggiore voglia di sperimentazione”.
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Anche l’export cresce. Quali sono i paesi dove la birra italiana è più apprezzata?
“Per la prima volta in cinque anni è sceso, seppur di poco, il volume dell’export nel Regno Unito – che rimane comunque stabile al primo posto come maggior Paese importatore di birra italiana – mentre crescono sostanzialmente i volumi negli Usa, facendo aumentare il mercato italiano oltreoceano, oltre che nella maggior parte dei Paesi dove l’Italia esporta. Relativamente all’import, invece, nel 2018 si è registrato in Italia un leggero incremento (+1,2%), per un valore complessivo di 6.948.127 di ettolitri. Tra i Paesi maggiormente esportatori, il Belgio ha superato la Germania – storico numero uno dell’import italiano – mentre si conferma europeo il 95% delle importazioni di birra”.
Che ruolo ha giocato la birra artigianale in questa crescita?
“Il settore della birra artigianale ha registrato recentemente un vero e proprio boom. Dopo la nascita, in tutto il Paese, di nuove realtà imprenditoriali per gran parte giovanili, oggi i micro birrifici sono 862, per una produzione di 504.000 ettolitri, in crescita del 4,3% sul 2017. La regione in cui sono presenti più strutture è la Lombardia, che guida questa speciale classifica con 147 organizzazioni. Più staccate, invece, Piemonte (80), Veneto (74) e Toscana (63), mentre la regione del Centro-Sud con più strutture è la Campania, che annovera 55 birrifici tra artigianali e brew pub”.
Quale è l’identikit del consumatore di birra italiano?
“Così come si è diversificata l’immagine della birra e il rapporto degli italiani con questa bevanda, allo stesso modo si sono differenziati i consumatori. Non esiste un solo cluster, bensì 8, identificati da AstraRicerche. Tra questi, spiccano i seguenti: l’hipster hyperlocal, un forte consumatore di birra, attratto soprattutto dal gusto che beve sia in compagnia, sia da solo. Beve sempre birre diverse, non disdegnando accostamenti con il cibo e preferendo le birre della tradizione. Nonostante si consideri un buon conoscitore, desidera saperne di più. Il foodie critico, che consuma con alta frequenza e che beve birra perché – dichiara – ‘apre un mondo fatto di grande varietà, di prodotti speciali da scoprire’ e permette di concedersi momenti speciali; esperto, si lascia guidare da recensioni e articoli recuperati online, sui blog e su riviste specializzate. C’è poi la donna gourmande, 45/54enne, che consuma birra con frequenza medio-alta. Beve soprattutto perché è una bevanda che permette di concedersi momenti speciali. Conosce molto bene il mondo birrario e tende a scegliere quella che più si adatta al momento, quella con più stile e che si accosta meglio con il cibo. Alla ricerca di novità, poi, c’è il new-beer lover , che beve con frequenza media. La ragione principale per cui beve birra è perché è una bevanda che unisce e che permette di concedersi esperienze uniche: per questo ne consuma soprattutto in famiglia o con gli amici. Mediamente informato sul mondo birrario, vorrebbe saperne un po’ di più. Ama scoprire birre nuove e si lascia guidare da amici e baristi nella scelta. Infine, c’è l’entusiasta disinformato , maschio che beve soprattutto con gli amici. Conosce i punti cardine del settore, ama provare birre diverse, scegliendole in base alla provenienza. Con l’interesse cresce anche la conoscenza degli italiani, anche grazie alle iniziative e agli eventi che vengono fatti nel Paese. La cultura della birra è quindi sempre più diffusa e approfondite. Le fonti di informazione privilegiate rimangono gli amici e i barman , dai quali si accettano consigli. È questo spirito di sapere e di novità il vero driver presente nei locali: seguendo i consigli dei barman, leggendo la carta delle birre o consultando siti specializzati, la scelta della birra è sempre più ricercata, oltre che sempre più in relazione al cibo. L’offerta si è allargata in virtù della domanda di maggiore diversità, una maggiore voglia di sperimentazione. L’idea per il futuro è quella di un’ulteriore crescita della cultura birraria, supportata e voluta sia dai produttori, sia dai consumatori per i quali conoscere di più significa amare di più”.
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La legge sulla produzione è ormai datata. Secondo lei c’è un bisogno di cambiamento? Se sì in quale direzione?
“Negli ultimi anni la produzione e quindi l’offerta di birre si sono notevolmente ampliate e sono cresciute anche grazie alla creatività dei mastri birrai italiani: in questo contesto occorre aprire un cantiere di riforma per la legge sulla produzione che ormai ha oltre cinquant’anni, incoraggiando un approccio che si sta rivelando vincente per imprese e territori. Occorre inoltre che la riforma della Politica Agricola Comunitaria preveda incentivi per filiere virtuose come quella dell’orzo da birra, mai pienamente compresa ed adeguatamente supportata, così da ridurre la dipendenza dall’estero per il malto e creare sviluppo sul territorio”.
Nonostante una leggera riduzione la tassazione sul settore è ancora alta. Invocate ulteriori riduzioni?
“Per continuare a favorire una crescita dell’intera filiera della birra, sana e supportata da investimenti e nuova occupazione, è necessario individuare un percorso che riporti il livello di tassazione ai livelli più equi. La strada intrapresa dal Governo e dal Parlamento è decisamente quella giusta, ma a fronte di aumenti del 30% nel triennio 2013-2015, le diminuzioni del triennio 2017-2019 non raggiungono neppure l’1,7%. Quindi occorrerebbe aumentare la velocità e la profondità di questa “road map”, per poter ritornare a livelli pre-crisi in tempi ragionevoli”.
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