Numero 02/2017
9 Gennaio 2017
L’angolo dei 33: la nostra intervista al publican per capire le dinamiche del mercato di Trento
Come già accaduto in diverse parti d’Italia negli scorsi anni, anche il Trentino sta vivendo un significativo boom del settore birrario; basti pensare che oltre 15 birrifici/beerfirm trentini (su 27 in totale) hanno avviato la loro attività negli ultimi 3 anni. Questa crescita è stata accompagnata dall’altrettanto importante aumento dell’interesse e della curiosità da parte dei consumatori, al punto d’essere diventato ormai relativamente semplice trovare produzioni artigianali di questi birrifici nei numerosi locali che la città di Trento offre.Oggi siamo venuti a conoscerne uno, mosso da una vera e propria vocazione birraria: “L’angolo dei 33”. A fare gli onori di casa troviamo Paolo Cereghini, il titolare.
Paolo, in barba alla giovane età [29 anni n.d.r.], con il tuo locale sei già un riferimento consolidato per chi vuole trascorrere una serata a Trento bevendo buona birra; facciamo un passo indietro e raccontaci un po’ come tutto ha avuto inizio…
La storia de “L’angolo dei 33” inizia circa 5 anni fa. Sono sempre stato un bevitore di birra ma, all’epoca, conoscevo e consumavo prettamente prodotti industriali; non appena ho avuto modo di provare una produzione artigianale, mi sono reso conto che il suo gusto era completamente diverso da tutto quello che avevo bevuto fino ad allora. Avevo aperto il locale da circa un mese e, da quel momento, ho deciso di organizzarmi immediatamente per inserire birre artigianali nell’offerta; ho provveduto a far installare un impianto di spillatura di proprietà e celle frigo per garantire la corretta conservazione dei fusti. I primi produttori artigianali con i quali ho iniziato a lavorare sono stati Brewfist e Birra di Fiemmee, inizialmente, ho organizzato degli aperitivi per far avvicinare i clienti a queste nuove proposte; ricordo chele persone che avevano trascorso periodi più o meno lunghi all’estero, ad esempio a Londra, erano entusiaste di trovare a Trento delle pale ale, delle bitter o delle IPA. Il locale è cresciuto molto nel giro di pochi anni; una crescita che ha interessato non solo i numeri ma, soprattutto, la mia esperienza e, di conseguenza, la qualità del servizio. All’inizio, infatti, ero oggettivamente poco preparato su quello che era “il mondo birra” e su quali fossero gli accorgimenti necessari per garantire una birra ben servita; ora come ora, invece, posso dire di aver raggiunto un livello soddisfacente, complice il mio desiderio di capire a fondo come poter offrire un buon servizio, anche se, in realtà, si tratta di un percorso in continua evoluzione. Non si finisce mai di imparare.
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L’offerta birraria del locale è qualitativamente elevata ed anche molto ampia, grazie al rinnovato impianto a 16 linee; come avviene la sceltadei birrifici e delle birre? Prediligi un rapporto diretto con i produttori o ti avvali di distributori specializzati?
A differenza del passato, da quest’anno ho deciso di evitare, nei limiti del possibile, gli acquisti dai distributori, a tutto vantaggio dei rapporti diretti coni birrifici. Ho fatto questa scelta perché è visitando il birrificio, parlando con i birrai e vivendo la storia delle loro birre che imparo davvero a conoscere l’essenza di quei prodotti che, in un secondo tempo, proporrò ai miei clienti. Inoltre, benché questo tipo di attività possa essere svolta solo nel poco tempo libero lasciato dalla gestione del locale, si tratta, in fin dei conti, più di una “festa” che di un lavoro extra: questi incontri, infatti, sono momenti in cui rivedo persone che conosco, momenti di confronto sul tema birrario, momenti di scoperta di nuove collaborazioni fra produttori, magari a livello europeo. E anche quando, per motivi di tempo o di praticità, mi affido ad un distributore di fiducia, come ad esempio nel caso di Dino Perin per alcune produzioni della Franconia, si tratta comunque di birrifici che ho già visitato e conosciuto personalmente. In entrambi i casi, comunque, è fondamentale avere strettamente sotto controllo le rotazioni dei prodotti e la gestione degli stock; avere disponibilità di birre sempre fresche, da far consumare in un lasso di tempo relativamente breve, è il modo migliore per garantire al cliente un prodotto di elevata qualità.
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Basandoti sull’esperienza che hai maturato in questi anni, che cosa vorresti veder ulteriormente migliorato, in futuro,da parte dei birrifici, italiani e non?
Da parte dei birrifici mi piacerebbe veder prestare una maggiore attenzione a come i loro clienti gestiscono le birre acquistate; purtroppo, infatti, non è raro imbattersi in situazioni in cui, a paritàdi birra,la qualità del prodotto presso alcuni locali non è ottimale per via di una conservazione inadeguata. Faccio, ad esempio, fatica a concepire la massificazione delle bottiglie sugli scaffali, per via delle problematiche che si possono verificare a causa degli sbalzi termici o di un eccesso d’illuminazione. E’ una questione che mi sta particolarmente a cuore per un motivo di sensibilizzazione degli utenti; è necessario, infatti, far capire che la birra artigianale è un prodotto fresco e che, come tale, richiede piccoli accorgimenti per essere gustato al meglio. Un maggiore interessamento da parte dei produttori in questa direzione è importante innanzitutto per tutelare loro stessi e le loro birre, ma lo è anche per favorire la netta distinzione fra produzionirealmente “craft” e produzioni “crafty”, birre pseudo-artigianali di origine industriale che stanno sicuramente creando confusione nella testa del consumatore meno esperto.
Parliamo, ora, un attimo del panorama locale; anche il Trentino, in questi ultimi anni, sta conoscendo un importante boom di birrifici artigianali, alcuni dei quali già affermatisi in concorsi nazionali ed internazionali. Come cliente e, allo stesso tempo, rivenditore, come vedi la realtà attuale?
Vedo tanta confusione e, in effetti, al momento lavoro poco e solo con Birra di Fiemme, con i ragazzi del birrificioRethia, che si dimostrano sempre molto attenti e sensibili alla qualità del loro prodotto, e con Leder. E’ innegabile che stiano nascendo tantissimi birrifici e questo, tutto sommato, è un bene, perché aiuta a far parlare di birra sempre di più; allo stesso tempo, però, noto che non tutte le “nuove leve” hanno piena consapevolezza di cosa stanno vendendo, di come lo stanno vendendo e, talvolta, del mercato di riferimento in cui stanno operando. Inoltre, mi capita di imbattermi in neo-birrai che, nella vita, hanno bevuto solo le birre prodotte da loro stessi comehomebrewer e che, di conseguenza, mancano di riferimenti; insomma, se si decide di produrreuna APA, penso sia fondamentale avere un’idea delle APA che il mercato offre, indipendentemente dal fatto che una sia piaciuta ed un’altra no. Così, questi sono i presupposti con cui spesso si produce e si vende la “birra trentina”, largamente elogiata per le caratteristiche dell’acqua e varie altre motivazioni, secondo me poco fondate. A mio avviso sarebbe meglioavere uno sguardo più ampio, anche sul mercato italiano; la birra è birra, prima di tutto. Poi, che sia trentina, laziale o svedese, se è buona, è buona; non è la collocazione geografica o la qualifica di “artigianale” a rendere automaticamente buona una birra. Resto, comunque, interessato allo sviluppo delle produzioni locali.
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Raccontaci un po’ della clientela de “L’angolo dei 33”: cosa cerca? E, soprattutto, com’è cambiata nel corso di questi anni?
Benché ci sia un nocciolo duro che ci segue sin dall’apertura, la clientela è cambiata tanto ed ha evoluto la sua richiesta dalla tradizionale “fammi una bionda/rossa”, abituale all’inizio dell’attività, alla più interessata “che birre hai?”. C’è stato sicuramente un incremento dell’attenzione e, in alcuni casi, anche della conoscenza, ma persiste innegabilmente anche una buona dose di confusione. La cosa che, sicuramente, mi ha fatto molto piacere, è stata l’aumento del numero di homebrewer e delle produzioni domestiche; il locale è diventato, così, un luogo di confronto molto stimolante. Riassumendo, posso dire che a “L’angolo dei 33” si è creato un vero e proprio “fermento birrario”grazie a tutti gli appassionati e ai curiosi, che sono venuti e vengono a trovarci per provare nuovi sapori e far due chiacchiere di birra;da parte mia, insieme alle persone che mi hanno aiutato in questi anni, cerco di continuare a migliorare la qualità del servizio che offriamo. Anzi, a tal proposito, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare Tiziana, Franco, Francesca, Federico, Arianna, Irene, Nicola, Pietro, Lorenzo, Michele, Federico, Marco, Alberto, Giulia, Stefano, Andrea P., Andrea N., Bickram, Francesco, Jgor, Alessia, Marcello, Renato ed Ezio per il loro prezioso contributo.
Per concludere: pensando a quanto accaduto a livello nazionale negli ultimi anni, con la rapida diffusione di brewpub, birrerie specializzate, beer shop con mescita etc., che tipo di evoluzione del mercato immagini per gli anni a venire, sia genericamente in Italia che specificamente in Trentino?
Ben vengano altri beershop e birrerie; quanti più ce ne sono, quanto più il consumatore ha la possibilità di conoscere ed abituarsi a consumare un prodotto diverso e migliore rispetto a quello industriale. Meglio ancora se, a fianco delle attività di vendita, vengano organizzate attività di visita ai birrifici, in modo da far scoprire il lavoro che c’è dietro ad ogni singola produzione. E’ fondamentale, tuttavia, che si vada verso un commercio “onesto” nei confronti del consumatore; è già capitato, ad esempio, che aziende di spicco della distribuzione di birre industriali si siano riscoperte, da un giorno all’altro, interessate al mercato artigianale e se ne siano fatte paladine, iniziandone la vendita. Allo stesso modo, trovo inconcepibile che alcuni birrifici decidano di affidare la distribuzione delle loro birre ad aziende specializzate nella distribuzione di birre industriali. L’onestà di cui parlavo sta nel fatto chel’acquisto di un prodotto artigianale debba garantire beneficio e sviluppo per il settore artigianale, e non alimentare ulteriormente quello industriale.