Numero 01/2017

5 Gennaio 2017

A cavallo tra 2016 e 2017: il bilancio di Simone Monetti di Unionbirrai

A cavallo tra 2016 e 2017: il bilancio di Simone Monetti di Unionbirrai

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Il 2016 appena andato in archivio è stato certamente un anno movimentato dal punto di vista brassicolo. Dall’acquisizione del primo birrificio artigianale da parte di una multinazionale, alla definizione legislativa di birra artigianale, senza dimenticare l’amaro epilogo della campagna per la riduzione delle accise. Abbiamo tracciato un bilancio di questa annata appena trascorsa con  Simone Monetti, direttore generale operativo di UnionBirrai, associazione culturale che da anni raccoglie consumatori e birrifici per la promozione e la tutela della birra artigianale.

 

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Simone, pensando al 2016 non si può non partire dall’acquisizione di Birra del Borgo da parte di AB InBev. Una possibilità nell’aria da tempo ma che ha lasciato sconcertati molti appassionati e addetti ai lavori. Sono già passati otto mesi, che idea ti sei fatto della nuova veste di quello che era uno dei principali birrifici a livello artigianale?

«Personalmente metterei sulla bilancia due aspetti, uno prettamente umano e uno legato al movimento artigianale. Con Leonardo di Vincenzo ho avuto tantissime esperienze in comune, poiché ci siamo avvicinati al mondo della birra artigianale nello stesso periodo. Pertanto non posso non rimanere interdetto pensando a Birra del Borgo non più come uno dei nostri associati ma come una branca di AB InBev. Dal punto di vista del movimento artigianale, era lecito aspettarsi che sarebbe accaduto ed il fatto che non ci fosse stata ancora nessuna acquisizione da parte di un gruppo industriale si poteva leggere come una sorta di immaturità del nostro movimento. Un po’ tutti quanti si immaginavano che fosse imminente in quanto l’industria,  per riposizionarsi, da un lato produce birre che scimmiottano birre artigianali, dall’altro acquisisce marchi a cui garantisce una sorta di continuità semi-artigianale. »

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In quest’ottica, le acquisizioni di birrifici artigianali di qualità da parte di multinazionali  possono rappresentare quasi un passaggio fisiologico. Dobbiamo aspettarci qualcosa di analogo anche per il 2017?

«Sarebbe stato molto più strano il contrario. Il fatto che l’acquisizione sia arrivata così ‘tardi’ è imputabile quasi esclusivamente alle dimensioni, tendenzialmente medio piccole, dei nostri birrifici. Non mi lancio in previsioni di nessun genere ma penso che sia solo questione di tempo perché arrivino altre acquisizioni. »

 

Il 2016 non verrà ricordato esclusivamente per il matrimonio Birra del Borgo – AB InBev, ma anche per l’intensa attività legislativa svolta: in primis la definizione di birra artigianale per poi passare all’occasione mancata della revisione delle accise. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

«La definizione di birra artigianale può racchiudere delle potenzialità future, ma il passaggio cruciale per sostenere tutto il movimento era la riduzione delle accise. Le due cose però non vanno fraintese. La normativa europea per lo sconto per le accise per piccoli produttori non prevede alcuna definizione di prodotto ma si applica solo a certe tipologie di aziende che producono meno di 200.000 hl e sono indipendenti. Chi si aspettava che con la definizione di birra artigianale la riduzione delle accise arrivasse in automatico è rimasto deluso.

La definizione di birra artigianale è la prima al mondo in questo genere, ed in sé e per sé può aprire possibilità future, ma al momento non ha toccato il nocciolo della questione. Quello che come associazione chiediamo da anni è di competere a livello europeo con le stesse regole dei birrifici stranieri. Non solo siamo gravati dall’accisa più alta, siamo castrati dai metodi di accertamento assurdo, ancora cartaceo, che molti paesi non accettano più.  Lo sconto richiesto, previsto dalla normativa europea, impattava circa 10 milioni di euro l’anno mentre quello effettivamente concesso lascerà mediamente 250-300 € all’anno in tasca ai birrifici. Oltre a ciò stiamo chiedendo tutta una serie di norme sacrosante per la semplificazione come la possibilità di avere un centro per l’imbottigliamento comune o la possibilità di acquistare semilavorati per fare dei blend.

La definizione di birra artigianale è certamente una cosa positiva ma non deve distogliere dal vero nocciolo della questione e dalle vere problematiche che limitano lo sviluppo del settore. »

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Oltre a questi due temi, come è stato il 2016 di UnionBirrai?

«Come sempre molto impegnativo, a cominciare dal Beer Attraction che a febbraio ha avuto un grande successo in termini di partecipazione sia al concorso che come visitatori alla  fiera. Molto importante è stata la partecipazione al Brau Beviale di Norimberga dove ci siamo tolti importanti soddisfazioni. Altrettanto importante è il tema della formazione, nel 2016 il numero di corsi  è quadruplicato rispetto all’anno precedente ed hanno partecipato più di 700 persone ed è certamente un risultato a cui teniamo particolarmente »

 

Messo in archivio questo 2016, cosa vi aspettate dal 2017?

«Sul tema della semplificazione non molliamo, speriamo di trovare la strada giusta per portare un risultato tangibile prima possibile. Sulle accise proveremo ad insistere ma la cosa è chiaramente più complessa. Nel frattempo stiamo alla finestra in quanto la Commissione europea sta valutando se introdurre un sistema di tassazione unico in Europa sugli alcolici e questo certamente ci favorirebbe. In questo 2017 vorremmo consolidare il numero di corsi, rendendoli sempre più belli, funzionali e soprattutto professionalizzanti, per formare professionisti che possano collocarsi presso i nostri associati: per non perdere mai l’attenzione sulla qualità, è necessario operare prima di tutto sulla formazione di chi lavora nei birrifici.

Inoltre a maggio sarà divulgato il report biennale sul panorama dei birrifici artigianali, la nostra fotografia sulla situazione attuale. »

 

Due mesi al prossimo Beer Attraction, che novità dobbiamo aspettarci?

«Non molte ma alcune certamente interessanti. Cambieremo il format delle degustazioni, non solo seduti ma creando una serie di percorso negli stand. Abbiamo cercato di puntare molto sull’abbinamento, saranno presenti non soltanto i pizzaioli ma anche la federazione italiana cuochi per mettere in contatto sempre di più ristoratori e i birrifici.»

 

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Paolo Testi
Info autore

Paolo Testi

Ho 31 anni e vivo in una cittadina tra Bologna e Imola. Ingegnere per professione, amo giocare a pallacanestro, leggere e viaggiare.
Ho imparato ad apprezzare e ricercare le birre artigianali per il gusto e le sensazioni che sanno regalarmi: in ogni bottiglia è racchiusa la storia di un birraio, le peculiarità del suo territorio, il tutto condito da tanta creatività e passione.
Con i miei racconti spero di trasportarvi in questo affascinante viaggio tra luppoli, malti, lieviti ma soprattutto persone.