Numero 20/2017

16 Maggio 2017

BioNoc’: birre territoriali della Valle del Primiero!

BioNoc’: birre territoriali della Valle del Primiero!

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Prosegue la nostra rassegna alla scoperta dell’artigianato birrario trentino! La nostra mèta odierna, al confine col vicino Veneto, è Mezzano, nel cuore della Valle del Primiero, dove tradizione e creatività viaggiano a braccetto all’interno di BioNoc’; a fare gli onori di casa incontriamo l’infaticabile Fabio Simoni (Bio), socio, insieme a Nicola Simion (Noc’, il birraio), di questo dinamico birrificio.

 

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Fabio, la tradizione vuole che si cominci con un bel salto indietro nel tempo, agli albòri di BioNoc’; anno 2006, se non erro…

Sì, le prime realizzazioni di BioNoc’ cominciano, effettivamente, nel 2006; le radici birrarie, però, nascono qualche anno prima, per l’esattezza nel 2003, quando, grazie alla frequentazione di alcuni corsi alla “Università della Birra” di Azzate, decido di trasformare il mio ristorante, che conducevo insieme alla mia famiglia dal 1998 nel centro di Fiera di Primiero, nella “BirrotecaSangrillà”, locale caratterizzatoda una carta delle birre di oltre 250 etichette in rotazione (per un totale di ca. 1.200 etichette diverse all’anno) e da una massiccia opera di divulgazione birraria. Questa svolta porta ad un vero e proprio “contagio brassicolo” di decine e decine di persone, compreso Nicola che, in questo triennio, oltre a diventare mio cliente abituale, matura il desiderio di iniziare a produrre birra con l’obiettivo di aprire un microbirrificio, coinvolgendomi; inizia quindi il suo percorso da homebrewer, alternando periodi di pratica domestica a viaggi formativi in Inghilterra ed America, presso alcuni birrifici. A distanza di qualche tempo, Nicola ha poi la possibilità di provare ed affinare le produzioni sull’impiantodella Fravort (un piccolo birrificio della Valsugana), proprio nello stesso periodo in cui vi collabora Germano Perera, ex mastro birraio del Birrificio Menabrea negli anni ‘80, con il quale ha così modo di lavorare a stretto contatto, imparando importanti nozioni.E così nel 2013, dopo diversi anni ed un numero significativo di “cotte d’allenamento”, vede la luce BioNoc’; dopo questi primi 4 anni e a due mesi dal 4° posto assoluto raggiunto al concorso “Birra dell’Anno” di Rimini, posso affermare che i 10 anni complessivi di preparazione ed esperienza, maturati prima dell’apertura, sono stati fondamentali per fare la differenza.

 

BioNoc’, oltre ad uno “zoccolo duro” produttivo più tradizionale, comprende una coppia di importanti branche. La prima di esse – il progetto “Bio Lupo” – è lo spunto migliore per parlare di materie prime e di legami col territorio; parlaci un po’, per BioNoc’ in generale e per questo specifico progetto, di come avviene la loro scelta.

Innanzitutto, lasciami premettere che il concetto di “Km 0” è parte integrante del DNA di BioNoc’ e, a riguardo, mi piace citare una frase pronunciata da Nicola, in un’intervista di qualche tempo fa: “Noi abbiamo iniziato a mettere ingredienti a Km 0 nelle nostre birre il primo giorno che abbiamo cominciato a produrle”. Questa scelta non è stata inseguita o ricercata, ma è stata assolutamente naturale, normale; ecco perché abbiamo iniziato da subito a coltivare i nostri luppoli, da prima autonomamente e, in un secondo tempo – una volta aumentati i volumi necessari – delegandone la produzione ad alcuni agricoltori locali. Le 12varietà che oggi utilizziamo e che vengono prodotte, sono state sviluppate in collaborazione con gli stessi agricoltori e con l’Istituto agrario di San Michele all’Adige; dopodiché siamo andati ad apprendere un po’ di trucchi da uno dei principali produttori di luppolo aTettnang e, una volta tornati a casa, abbiamo copiato di sana pianta quanto imparato. Il progetto iniziale è stato poi esteso ad altre valli del Trentino, tanto che oggi utilizziamo luppoli prodotti non solo nel Primiero, ma anche in Valsugana, Val di Fassa, Val di Non e, a partire dal prossimo anno, Val d’Adige (precisamente a Fai della Paganella). Ad oggi, la quasi totalità delle nostre birre utilizza il 100% di luppoli nostri; solo la “Napa” e la “Lipa” utilizzano alcuni luppoli più “esotici”, ma anche in questi casi i luppoli autoctoni raggiungono comunque una percentuale del 70/75% sul totale. Per quanto concerne i cereali, tutti gli anni produciamo una piccola parte dell’orzo che utilizziamo.Di recente, però, abbiamo avviato il progetto “Birre della Terra”, che stiamo sviluppando con Umberto Sinigaglia, titolare della “Stonebreaker Farm &Brew” (nel vicentino, sui Colli Berici) econ il quale contiamo di produrre oltre 150 ettolitri di birra utilizzandoi cereali coltivati e, soprattutto, maltati nella sua azienda; da questo progetto sono già nate 3 birre che utilizzano, rispettivamente, farro, segale e frumento (quest’ultima con il 100% di cereali italiani) ed il nostro obiettivo, per i prossimi anni, è quello di trasferire qui quelle coltivazioni che meglio si prestano ai nostri terreni. Fra gli ingredienti, merita una menzione anche l’acqua locale: Fiera di Primiero ha, infatti, la fortuna di avere una delle migliori acque d’Europa per le produzioni brassicole e Mezzano, nello specifico, ha un’acqua di soli 11 gradi francesi e priva di clorina. Per concludere la carrellata di materie prime, mi preme citare anche i lieviti che utilizziamo: abbiamo infatti deciso di affidarci ai prodotti della Atecnos, un’azienda di Oderzo (TV) che produce lieviti vivi mediante un processo di moltiplicazione completamente naturale.

 

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Inevitabile, a questo punto, parlare di “Asso di Coppe”, vale a dire il secondo progetto complementare a BioNoc’; Fabio, raccontaci come è avvenuto l’incontro con Nicola Coppe e come è nata questa sinergia “acida” che ha condotto alla nascita della bottaia “Boutique de la bot”.

Ho conosciuto Nicola per caso, mentre ero da un fornitore, benché la sua fama mi fosse già nota, principalmente per via del suo interesse quasi maniacale per i batteri e della conseguente “follia brassicola”. A distanza di un paio di mesi da quell’incontro, Nicola ci ha contattati per parlarci del progetto per la sua tesi universitaria – che consisteva nella possibilità di realizzare una birra acida all’interno di un birrificio tradizionale – e chiederci se ci interessasse esserne suoi partner; nonostante fossimo molto scettici, perché temevamo una pesante e difficilmente rimovibile contaminazione del birrificio dovuta a batteri lattici, lieviti selvaggi, brettanomyces, etc.,abbiamo comunque accettato di trovarci a casa sua per un incontro. Qui, dopo alcune ore ed una vera e propria lezione su questi microrganismi, Nicola ci ha proposto di realizzare una “Gose” in birrificio utilizzando particolari batteri lattici, da lui testati e selezionatifra 120 diverse famiglie, allergici al luppolo- che ne avrebbe causato la morte anche in piccole quantità – che, in virtù di questa caratteristica, non avrebbero provocato alcuna infezione; a quel punto, il nostro iniziale scetticismo si è trasformato in un entusiastico“SI”, che ha portato alla nascita della “Meingose”. Il grandissimo successo raccolto da questa produzione sperimentale ci ha spinto, così, ad avviare il progetto “Asso di Coppe” e ad affidarlo interamente a Nicola, in uno spazio ad hoc, già operativo ma in fase di completamento, che abbiamo per l’appunto battezzato “Boutique de la bot”; qui è nata la “Impombera 2016”, medaglia d’oro nella categoria “Birre acide” al BeerAttraction di Rimini.

 

Fra gli attuali protagonisti della scena birraria locale, solo qualcuno si è già affacciato commercialmente su palcoscenici nazionali e/o internazionali e,fra questi,anche BioNoc’; quali sono stati gli elementi più importanti della pianificazione e dell’organizzazione per sviluppare la vostra rete distributiva? E quali sono a tuo avviso, i “punti forti”, che vi hanno aiutato finora, e i “punti deboli” che pensi dobbiate rafforzare?

Come dicevo prima, abbiamo lavorato 10 anni per preparare adeguatamente il progettoBioNoc’.La preparazione, però, non ha riguardato solo le ricette e le cotte, ma ha interessato tutti quegli aspetti che ci hanno permesso di sapere cosa fare e quando farlo: scelta dei fornitori, dei rivenditori, dei potenziali clienti che volevamo trattassero i nostri prodotti, etc.. Tutto questoha portato, come risultato, ad alcuni numeri che voglio condividere: una rete commerciale e distributiva specializzata composta da 110 agenti sul territorio nazionale, un portafoglio attuale di ca. 1.000 clienti – di cui 300 per le spine e 700 ca. per le bottiglie – inclusi tutti i punti vendita Eataly e, soprattutto, un volume produttivo sestuplicato – da 200 hl. a 1.200 hl. – in 3 anni. In virtù di ciò, dovendo indicare un “punto forte”, dico, con pochi dubbi, l’aspetto commerciale, anche per via della nostra continua presenza ad eventi e serate di degustazione in tutta Italia; per contro, analizzandoil “punto debole”, sono consapevole che dobbiamo migliorare la nostra struttura interna dal punto di vista operativo, al fine di ottimizzare i tempi ed evitare, così, di dover svolgere mansioni extra. Giusto per fare un esempio, è paradossale che io, anziché seguire gli agenti o essere in giro con loro, mi ritrovi ancora a dover fare la spola col furgone per andare a ritirare le bottiglie…

 

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Data la vostra grande dinamicità, che vi vede frequentemente in tour per serate di presentazione o degustazione, non solo in Trentino, ma anche su piazze “storiche” del movimento birrario italiano, quali ad esempio Roma e Milano, non posso esimermi dal chiederti un parere sul panorama brassicolo locale e su quello nazionale. E poi, per concludere, un immancabile sguardo ai progetti futuri di BioNoc’.

 Attualmente il mercato birrario trentino è fatto dal trentino stesso, nel senso che qui si vendono quasi esclusivamente produzioni locali ed è molto difficile entrare in questo mercato per un birrificio esterno; questo è allo stesso tempo un bene e un male perché, mentre da una parte fa giocare in casa dal punto di vista commerciale – con tutti i vantaggi del caso – dall’altra tende a frenare la spinta ad uscire dalle mura amiche. In Trentino, però, ci sono circa 30 birrifici per 500.000 persone, ovviamente non tutte bevitrici di birra; è inevitabile che la partita non possa svolgersi solo su questo territorio. Per quanto concerne un parere più generale sul panorama nazionale, credo che si possano distinguere due macro aree commerciali abbastanza distinte: quella della ristorazione e quella dei pub. A mio avviso si tratta di aree mosse da logiche molto differenti e questo fa sì che ogni produttore abbia la possibilità di trovare il suo spazio. Noi lavoriamo, ovviamente, con entrambe, ma abbiamo deciso di puntare con maggior forza sin dall’inizio sulla prima, specialmente quella di alto livello. Ho voluto evidenziare che si è trattato di una scelta fatta “sin dall’inizio” perché, a conti fatti, già implicitamente definita nel carattere che abbiamo deciso di dare alle nostre produzioni, ossia eleganti, poco “spigolose” e sobrie dal punto di vista grafico;tutte caratteristiche che ci hanno aiutato – e continuano ad aiutarci – ad ottenere riscontri positivi nell’ambito della ristorazione di cui ho la fortuna di comprendere con relativa facilità le esigenze, grazie ai numerosi anni spesi personalmente nel settore.Per quanto riguarda i nostri progetti futuri, mi piacerebbe in primis che le personedi BioNoc’ riuscissero a raggiungere lo stesso equilibrio che ricerchiamo nelle nostre birre; come dicevo prima, la nostra struttura organizzativa non è ancora ottimizzata e questo ci costringe a ritmi e tempi che vanno perfezionati, per migliorare la qualità del lavoro e anche della vita di ognuno di noi. Non posso negare, poi, un certo interesse per il mercato estero, benché non si tratti di una priorità o di una necessità impellente; infine, grazie anche alle preziose e già disponibili competenze di Nicola Coppe, contiamo di realizzare un laboratorio di analisi interno al birrificio.

 

La storia, le persone e tutte le birre del birrificio BioNoc’ all’indirizzo www.birrificiobionoc.com.

 

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Davide Savorgnani
Info autore

Davide Savorgnani

Milanese di nascita, classe 1975, vengo adottato a 40 anni dalla città di Trento.

Parallelamente agli studi, prima, e, successivamente, alle attività lavorative di carattere commerciale che si susseguono negli anni, coltivo un profondo rapporto sentimentale con la birra; galeotto è l’assaggio di una bottiglia di Chimay tappo blu che, durante un tranquillo pranzo domenicale in età adolescenziale, mi apre le porte di questo meraviglioso universo. La miccia, ormai accesa, porta all’esplosione di una passione totale nei primi anni 2000, quando vengo portato per la prima volta in “Pazzeria”, una birreria di Milano che cambierà definitivamente la mia vita birraria e che diventerà la mia seconda casa; è qui, infatti, che entro in contatto per la prima volta con l’universo craft e che si sviluppa la mia curiosità di conoscere più a fondo quello che amo bere.

Partecipo, così, a decine di degustazioni guidate, a presentazioni di nuovi birrifici e ad altri eventi birrari, consumo libri tematici, organizzo il mio primo (e, purtroppo, per ora ancora unico) tour birrario all’estero – nello specifico in Vallonia – e frequento, in primis, il corso “5° livello cervoisier – Lagermeister” con il compianto Franco Re presso la sua “Università della Birra” (superando con il massimo dei voti l’esame finale per poter accedere al corso successivo) e, successivamente, il “Corso di specializzazione per publican” con Stefano Baladda e Silvana Giordano – docenti accreditati dalla Regione Lombardia – presso UniBirra.

Questa serie di esperienze mi portano ad accantonare la mia predilezione iniziale per un numero limitato di stili, tendenzialmente di estrazione belga, ed estendono i miei orizzonti anche a quelli “meno facili” dei quali, inevitabilmente, mi innamoro. E’ grazie a questa evoluzione che, oggi, a chi mi chiede quale sia la mia birra preferita, ho oggettivamente difficoltà a rispondere…

Slàinte! (dal gaelico “Alla salute!”)