Numero 27/2019

2 Luglio 2019

Una splendida sorpresa “sbarcata nel continente”

Una splendida sorpresa “sbarcata nel continente”

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Una mattina, mentre facevo colazione ancora assonnato, mi chiama il Raffa, una volta assiduo frequentatore di Pub ed ora socio di un locale Craft.

Tutto eccitato mi dice che Carla Orgiana, birraia del Birrificio Isola,  verrà ospite da loro a presentare sue creazioni.

Lui mi chiede: “Tu vieni vero?”

“Assolutamente si, non potrei mai mancare ” gli rispondo.
Raffa non è solo Sardo con la S maiuscola, ma anche di Thiesi, come dice lui l’anima della sua regione, terra di persone caparbie e di grande cuore. Ricevere un suo invito è un onore.
Il ruolo di ambasciatore della sua terra in Romagna lo interpreta perfettamente e con passione.
Quella sera sono ovviamente andato al locale.
Come al solito durante questi eventi non mi sento di fare tante domande agli ospiti, ma semplicemente di gustare tutte le creazioni del loro duro lavoro.

Mi sono ripromesso però di conoscerla meglio e farmi raccontare un pò della sua storia quindi…

 

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Nome, cognome, non si chiede mai l’età a una donna, luogo di nascita e lavoro…

Nome Carla, cognome Orgiana, età te la dico comunque anche senza chiedere:): son 35… lavoro BIRRAIA!

 

“C’era una ragazza che come me amava la birra e i Rolling Stones”…

Quali sono quindi i tuoi gusti musicali, birrari, ma sopratutto come e quando è nata la passione per la birra?

Gusti musicali… Tanti come son tanti gli stili birrari che mi piacciono, dai cantautori italiani all’hard rock, ma sono più di indole “rockettara”, diciamo che sono amante degli stili inglesi sia musicali che birrari.

 

 

Come è nata la passione per la birra?
Beh.. Grazie a Perugia coi suoi pub traboccanti di birre artigianali e quando ho visitato il CERB durante l’università. Ho scoperto un nuovo mondo con tanti gusti e sapori tutti diversi in base agli stili.
Ho iniziato ad assaggiare, provare, degustare e ho scoperto l’affascinante mondo che sta dietro queste bevande con la sua chimica, creatività, fantasia. E’ in quel momento che ho pensato “è deciso… da grande voglio fare la birraia”

 

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Una donna birraia ormai non fa più notizia, ma esserlo in Sardegna…

Le tue prime esperienze in Veneto poi il ritorno in terra natia.

Ho provato a pensare ai tuoi inizi e ho immaginato una giovane Giovanna D’Arco che brandisce fiori di luppolo e mirto nella mano destra con la voglia di cambiare la storia e a sfidare un mondo di birrai maschi e scettici.

Com’è andata realmente?

Ah, ah, ah! L’eroica pulzella d’Orléans… spero però che il futuro mi riservi un destino migliore.
Per quanto mi riguarda dopo la presa di coscienza del mio desiderio, ho iniziato ad acculturarmi seguendo vari corsi, ho preso la qualifica di birraio artigiano a Padova, quella di Bier Sommelier alla Doemens e ho iniziato a lavorare al birrificio Acelum.

All’inizio devo ammettere che notavo un po’ di scetticismo nei miei confronti, vuoi il sesso, vuoi l’età, vuoi l’essere alle prime esperienze, ma all’Acelum mi hanno sempre incoraggiata e sostenuta e ho avuto due grandi maestri come Enrico Scagnoli e Davide Marinoni.
Ho continuato ad andare avanti, pur nella mia insicurezza, sicura di quello che volevo… continuare a far birra.
Con il birrificio Acelum un giorno torno in Sardegna per il Bosa Beer Fest e scopro un gran bel gruppo di birrai con molto entusiasmo con la voglia di creare e promuovere anche da noi la birra artigianale.
Da quel momento mi vien voglia di tornare nella mia bella isola, perché noi sardi soffriamo di una grande nostalgia per la nostra terra, e inizio una nuova esperienza in un nuovo birrificio..

 

I piccoli birrifici sono come una famiglia, si litiga e ci si vuole bene ogni giorno.

Ci racconti un po’ del vostro gruppo birrario?

Sono stata “adottata” da una splendida famiglia di cinque soci: due distributori di bevande, due commercialisti e un tecnico impiantista.

Essendo distributori anche di birra, hanno pensato “Perché non produrla da soli?“, così hanno condiviso le loro competenze, mi hanno contattato e si è creato questo bel gruppo in cui ciascuno ha un suo proprio ruolo fondamentale.

 

Da isolana ti senti più italiana o europea?

Mi sento più Europea direi, cosmopolita e nel cuore isolana!

 

Ora una domanda di grande spessore culturale.
Sulla longevità dei sardi se ne parla tanto… che sia merito anche della birra?

Birra e longevità, un bel connubio.
Sicuramente l’alimentazione influisce tantissimo e dato che i sardi hanno tra i più alti consumi pro capite di birra… Perché no, anche la birra potrebbe avere il suo ruolo in merito. Tra l’altro, proprio nel nuraghe del mio paese, Orroli, son state rinvenute delle ceramiche che attestano che la birra veniva prodotta fin dal 1300 avanti cristo, per cui questa bevanda fa parte della nostra alimentazione fin dall’antichità.

 

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Birrificio Isola, P3, Birrificio di Cagliari… Ci puoi illustrare come si sta evolvendo il movimento birrario in Sardegna e hai qualche altro birrificio da consigliarci?

Come dicevo, fin dalla prima volta che venni in Sardegna per il Bosa Beer Fest, notai un notevole interesse nei confronti della birra craft e questo mi lasciò piacevolmente stupita.

Ora la situazione è migliorata ulteriormente, siamo circa 45 birrifici artigianali ed è bellissimo vedere come la cultura sia cambiata e come in un paese in cui l’Ichnusa ha quasi il monopolio del mercato stiano prendendo piede tante piccole realtà artigianali, anche nei piccoli centri.
Si sta promuovendo molto la cultura birraria grazie al lavoro di noi birrai, dei publican e grazie alla qualità della birra artigianale che una volta assaggiata non si può più abbandonare.

I birrifici più conosciuti che posso citare sono Barley, P3, Birrificio di Cagliari, ma consiglierei vivamente anche Mezzavia, Marduk (l’unico birrificio in Sardegna che malta l’orzo autonomamente), Zemyna con cui ho fatto anche una collaborazione e Gattarancio (dove lavora Alessio un altro dei miei maestri).
Siamo tanti e scopro spesso qualche nuova piacevole realtà!

 

Il birrificio Ichnusa ha in Sardegna praticamente il monopolio sulle vendite: come mai da voi, dove si beve il doppio rispetto alla media nazionale, non c’è curiosità e voglia di variare?
Sembra quasi che basti mettere lo stemma dei Quattro Mori sulle etichette per essere vincenti.

La qualità di quella birra, tra le altre cose, è distante dalla storia dell’artigianalità dei prodotti sardi, figli di tanta fatica e caparbietà.
Hai un’opinione su questa dinamica?

L’Ichnusa ha il monopolio ma anch’essa si è in un certo senso adeguata al boom dei birrifici artigianali creando la cosiddetta “Ichnusa non filtrata” proprio per “avvicinarsi” a suo modo all’artigianalita’ e cercare di catturare quei clienti più curiosi ed esigenti in materia.
Ovviamente non la si può definire artigianale ma questo è un segnale, a mio parere, che evidenzia un cambiamento, un’evoluzione della cultura birraria nella popolazione sarda.

 

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Il Birrificio Barley é l’unica realtà artigianale sarda che propone una linea di birre che “converge parallelamente” al vino o la sperimentazione sta prendendo piede?

Il mondo Craft in Sardegna si sta diffondendo e la sperimentazione sta prendendo piede, ed è questo il bello di fare birra, provare, creare, azzardare… il birrificio Barley ha fatto da pioniere, dato l’esempio, ha osato e ha fatto dei prodotti eccezionali.

 

Proviamo ad avvisare chi pensa “come sarebbe bello aprire o lavorare in un birrificio”.

Ci racconti quanto è difficile, impegnativo e per farlo da dove incominciare?

Lavorare in un birrificio è sicuramente un lavoro pesante, è un lavoro di testa, di chimica, di cucina ma anche di braccia, probabilmente per questo una donna birraia viene a volte guardata con scetticismo. Credo che questo sia un mestiere che si può fare solo se si ha tanta passione.

La passione è solo il primo ingrediente, quello fondamentale per iniziare.
Aprire un birrificio è un altro discorso, servono tante competenze che ruotano attorno alla sala cotte.
Io ora sono una dipendente, sto cercando di accrescere le mie conoscenze e non smetterò mai di imparare.

 

Quanto è importante avere anche un brewpub dove far gustare le proprie birre artigianali, divulgare cultura brassicola, fare corsi, degustazioni e costruire un rapporto diretto con la gente per sondare i loro gusti?

Credo sia fondamentale avere uno spazio in cui poter fare mescita diretta, organizzare eventi, degustazioni, serate, abbinamenti col cibo. È un metodo vuoi per sondare i gusti, vuoi per incuriosire, coinvolgere e far approcciare i clienti ai tuoi prodotti. Un brewpub sarebbe a mio avviso la soluzione ideale, ma ovviamente è più impegnativo, c’è tanto lavoro dietro..

 

Ci descrivi alcuni prodotti tipici di qualità della tradizione sarda che potrebbero sposarsi con le birre del vostro birrificio?

Prodotti sardi da abbinare alle mie birre sicuramente direi i formaggi di Thiesi che Raffa considera un tesoro della nostra terra, dai pecorini stagionati all’erborinato ovino di Thiesi, perfetti con la nostra Session ipa, la Rye ipa o anche con la Stout.

Invece per un ipotetico pranzo sardo, inizierei con la Pils per accompagnare un antipasto di salumi misti, a seguire la Golden Ale con un piatto di Culorgiones, un maialetto arrosto con la Pale Ale e un bel tagliere di pecorini e caprini con la Rye Ipa. Per concludere, la nostra pasticceria secca (pabassinas, pardulas ecc) con la Coffee Stout.
Mi è venuta fame…

 

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Un particolare del Birrificio Isola che lo distingue da tutti gli altri?

Direi il locale dove è sorto il birrificio:una vecchia casa al centro del paese, con una bellissima cantina sotterranea, un tempo adibita alla maturazione dei formaggi e oggi trasformata in una bellissima sala dove degustare le nostre birre.

 

Una sera ci siamo incrociati, come ho raccontato prima, in un pub in Romagna durante una Tap Takeover di Isola.
Viaggiare per l’Italia, far conoscere non solo i vostri prodotti, ma anche la vostra passione e professionalità birraria, quanto è difficile ed importante?

Viaggiare per l’Italia con i nostri prodotti è fondamentale.
Lo è partecipare a manifestazioni birrarie come lo è recarsi nei locali per questi eventi.
Credo sia importante avere un contatto diretto sia col publican che serve la tua birra, sia coi clienti che la bevono. É un modo per conoscersi, per coinvolgerli nella tua passione, per spiegare i tuoi prodotti, perché dietro ogni birra c’è una storia, ed è bello raccontarla!

 

A volte capita che a qualche birraio venga la voglia di stupire con progetti imbarazzanti.
Una birra all’aglio, pomodoro e basilico… quanti anni di prigione daresti a chi venisse in mente un’idea del genere?

Birra all’aglio non ci avevo pensato, potrebbe esser un’idea innovativa…
Scherzi a parte credo, come ho detto prima la sperimentazione e la creatività sono il bello di fare birra, ma a tutto c’è un limite.

 

Un tuo sogno nel cassetto?

Indovina… un birrificio tutto mio, con annessa una piccola Tap Room.

 

 

E’ la seconda donna a cui faccio una delle mie interviste e sono felice che sia Carla questa volta la protagonista.

Raffa aveva ragione quando mi diceva che è una persona paziente, mai arrendevole e che nel suo lavoro mette tanta passione.
Nelle sue birre si rispecchiano particolari del suo carattere.

Non lo dico per non essere “preso a sassate” da Raffa, ma perchè lo si intuisce dalle sue parole e l’ho notato la sera dell’evento quando era dietro le spine presa d’assalto.

Viva Carla! Viva la Sardegna e Raffa sempre pronto a proporre novità della sua terra.

Però, lasciatemi essere per una volta un po’ campanilista… Viva anche l’ospitalità Romagnola!

 

“… la Sardegna, dove ogni spazio apparentemente conquistato nasconde un oltre che non si fa mai cogliere immediatamente, conservando la misteriosa verginità delle cose solo sfiorate.”

Michela Murgia, da “Viaggio in Sardegna”

 

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.