Numero 18/2022

2 Maggio 2022

Cosa rende un raccolto di orzo un malto di qualità?

Cosa rende un raccolto di orzo un malto di qualità?

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La birra viene dal campo: una affermazione che appare scontata, ma che è di assoluta importanza ora che stiamo vivendo la seconda rivoluzione della birra artigianale, ovvero quello delle produzioni agricole a filiera nazionale. Sebbene alcuni produttori di birra utilizzino altri cereali per le loro birre (forse hai sentito parlare di IPA di segale o birre di grano), l’orzo di malto è di gran lunga il grano più comune usato per la birra.

Prima che il grano d’orzo possa essere usato per fare la birra, deve subire un processo noto come maltazione, in cui l’umidità stimola il naturale processo di germinazione all’interno del grano. Il malto è la forma di orzo che può essere fermentato in alcool grazie agli enzimi che modificano le proteine del grano e gli amidi in zuccheri fermentabili.
L’orzo maltato dona alla birra il suo colore, il sapore dolce e maltato, le destrine per dare corpo alla birra, le proteine per formare una buona schiuma e, forse, il più importante, gli zuccheri naturali necessari per la fermentazione.

 

Poiché il malto d’orzo può essere considerato fondamentale per una birra di qualità, l’orzo deve essere di alta qualità per dare alla birra il miglior apporto. Senza questo, diventa più difficile soddisfare le crescenti esigenze dell’industria della birra, soprattutto dei produttori craft,  quindi è chiaro quanto sia importante questo aspetto negli ultimi anni.

Quali sono i parametri di qualità dell’orzo da valutare alla raccolta?

  • Contenuto di umidità inferiore al 13,5%
  • Contenuto proteico tra il 9,5% e il 12,5% (malti diversi vogliono proteine diverse)
  • Privo di malattie (muffe e batteri), danni da gelo e danni da calore
  • Privo di insetti e materiale estraneo
  • Meno del 5% di chicchi pelati o rotti
  • La produzione di orzo con queste caratteristiche richiede un approccio professionale all’intero processo e la giusta tecnologia per monitorare tutte le fasi della produzione, dalla semina alla fioritura, dalla raccolta allo stoccaggio.

Le proteine sono il primo costituente che si forma durante lo sviluppo dell’endosperma. In altre parole, maggiore è il contenuto proteico, meno amido sarà disponibile per riempire la cariosside. Questo amido è necessario per l’estratto di malto fermentabile: più proteine significa meno estratto, ma anche maggiori problemi colloidali

Quindi, in che modo l’estratto influisce sulla birra? Il corpo, il sapore e la schiuma della birra sono tutti influenzati dal livello di estratto ottenuto.

L’estratto di malto basso può derivare da:

  • Troppo contenuto proteico
  • Chicchi danneggiati da fattori ambientali come calore o gelo
  • Chicchi danneggiati da manipolazione impropria o spedizione approssimativa
  • Orzo che è germogliato prima della raccolta, con conseguente riduzione della germinazione durante il processo di maltoggio

 

La quantità di estratto è importante anche dal punto di vista economico. Logisticamente, ha senso che un estratto di malto più basso provocherà un  bisogno di più malto per produrre la stessa quantità di birra. La produzione di orzo di qualità costante, efficienza di fermentazione e livelli di estrazione sono evidentemente elementi essenziali.
A parte i livelli di estratto, il contenuto proteico di malto d’orzo contribuisce anche al colore finale della birra e alla capacità del lievito di crescere durante il processo di fermentazione. Troppe proteine possono provocare un ulteriore fenomeno di torbidità o precipitazioni colloidali, aspetti che sono considerati indesiderabile da buona parte dei produttori di birra.

Produrre orzo a basso contenuto proteico è un affare complicato. Il clima gioca un ruolo chiave, ma lavorare con la giusta tecnologia offrirà ai coltivatori le migliori possibilità di successo.
Grazie all’impegno dedicato di protocolli di coltivazione ed analisi mirati, i coltivatori possono ottimizzare le pratiche agricole, soprattutto negli interventi colturali di precisione, per massimizzare i raccolti di orzo e mantenere una qualità uniforme che soddisfi i requisiti specifici di questo settore. Allo stesso tempo, le fabbriche di birra a filiera nazionale stanno iniziando a utilizzare le tecnologie analitiche per migliorare il controllo di qualità, essendo in grado di monitorare attivamente la loro catena di approvvigionamento anche a livello di campo.

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!