24 Marzo 2016

Paulaner Salvator: la Bock della Quaresima

Paulaner Salvator: la Bock della Quaresima

Condividi, stampa o traduci: X

 

 

Correva l’anno 1627, su richiesta di Massimiliano I Re di Baviera, un gruppo di monaci dell’ordine di San Francesco Da Paola giunsero a Monaco e furono accolti nel monastero di Neudeck ob der Au. Di lì a poco i Minimi, chiamati in tedesco Paulaner dal nome della piccola cittadina calabra in provincia di Cosenza da cui provenivano, cominciarono a produrre birra. Le prime testimonianze risalgono al 1634 e parlano di una birra forte e corroborante, adatta per sostenersi durante i lunghi periodi di digiuno che tutti i monaci dovevano osservare durante la Quaresima. L’invidia per questo “pane liquido” che, grazie alla sua corposità e al suo alto grado alcolico, faceva superare gli ultimi freddi invernali prima della Pasqua, fece sì che i monasteri vicini denunciarono i Minimi addirittura al Papa.

.

monastero paulaner

.

Minacciati di scomunica per non aver rispettato il santo digiuno durante la Quaresima, i monaci Paulaner si trovarono costretti ad interrompere la produzione della loro birra. Fu però inviata una delegazione direttamente a Roma per accompagnare un barile di birra fino dal Santo Padre. Se il Papa avesse provato la bontà di quel nettare avrebbe sicuramente concesso il perdono e la produzione sarebbe potuta ricominciare. Il viaggio però fu lungo e faticoso, dai gelidi passi alpini, all’eccezionale caldo dell’Italia centrale. Una volta arrivati a Roma i monaci chiesero udienza e fecero assaggiare la loro birra al Pontefice. Orribile, imbevibile e terribilmente acida, fu subito sputata da Sua Santità. Giudicando i Minimi monaci migliori di altri poiché oltre a digiunare durante la Quaresima, bevevano una tale lordura, concesse loro il permesso di continuare a brassare e consumare quella birra. Rientrati al monastero, ne ripresero la produzione e la chiamarono Salvator. Nella seconda metà del XVII secolo la chiesa cattolica pose fine alla questione definitivamente affermando:” liquidum non frangit jejunum”, riferendosi a latte, caffè, ma anche alla birra.

Nel 1780 i monaci ricevettero il permesso delle autorità bavaresi per produrre e commercializzare la Salvator. Re Carlo Teodoro di Wittelsbach, si innamorò, subito dopo aver assaggiato il primo boccale, dell’avvolgente fragranza di cioccolato e della sua aromaticità.

Tuttavia la produzione terminò nel 1799 a causa della chiusura del monastero durante il dominio napoleonico. Il birrificio fu poi acquistato da Franz Xaver Zacheri nel 1813. Fu nel 1835 che, nella trascrizione di una citazione in giudizio del birrificio Paulaner, comparve in un documento ufficiale per la prima volta la denominazione Salvator. Due anni dopo, nel 1837, Ludovico I di Wittelsbach concesse a Zacheri le autorizzazioni necessarie per commercializzare la Salvator, considerandola un capolavoro.

Visto l’amore che i regnanti di baviera mostravano verso questa tipologia di birra, tutti i produttori della zona cominciarono a brassarla, tutti col nome di Salvator, fino al 1894 quando il birrificio Paulaner ormai non più sotto il controllo dei monaci da quasi un secolo, ma ora controllato dalla famiglia Schmederer, successori di Zacheri, brevettò il nome. Gli altri birrifici scelsero nomi con suffisso–atro per ricordare la birra originale. Nacquero così circa 200 Doppelbock in Germania come la Spaten Optimator, la Augustiner Maximator o la Celebrator di Ayinger.

.

paulaner-salvator-doppelbock

.

Paulaner vanta tutt’oggi di produrre la Salvator secondo l’antica ricetta del 1773 di una birra chiamata Sant Vaters Bier, che era stata perfezionata dai monaci in oltre cento anni. Difficilmente 250 anni fa la Salvator però aveva un colore ambrato intenso, con sfumature ramate, dal cappello di schiuma color caffè latte morbido e persistente. Il tipico aroma di malto tostato, caratteristico del malto monaco usato esclusivamente assieme a quello pils, probabilmente aveva anche accenni di affumicato dovuti ai metodi di tostatura del tempo, che accompagnavano gli aromi di caramello, i sentori di pane integrale, frutta secca e una lieve speziatura, equilibrata da una nota alcolica evidente, ma non invadente. Al giorno d’oggi, ogni sorso si conclude con un accenno di luppolo, Hallertauer Tradition, Herkules e Taurus nella fattispecie, che ben ammorbidisce il calore dell’alcol in bocca. 18,3 gradi plato e un tenore alcolico elevato (7,9%) le donano un corpo cremoso, morbido e gradevole e un ottima bevibilità.

Questa birra aromatica va assolutamente servita con piatti gustosi, come arrosti speziati e pietanze sostanziose. Ideale da accompagnare con piatti tipici della tradizione pasquale italiana, come agnello o torte pasqualine ricche di formaggio e uova, ma anche, perché no, con la colomba o uova di cioccolato di ogni genere. Un ultimo appunto: pur essendo una birra ormai industriale, ha un rapporto qualità prezzo eccezionale!

 

Condividi, stampa o traduci: X

Federico Borra
Info autore

Federico Borra

Classe 1982, nato a Milano, ma comasco d’adozione, ho iniziato il mio viaggio nel mondo della birra artigianale nella cantina di un ormai famoso birraio: io facevo i compiti della quinta elementare, lui poneva le basi per un brillante futuro.
Per anni però ho vissuto ai margini di un movimento che diventava sempre più grande e delle cui meraviglie finalmente e totalmente mi sono innamorato nell’estate del 2011… da allora si può dire che io e la birra artigianale siamo inseparabili.
Sono un autodidatta (adoro leggere), ho però frequentato alcuni corsi presso i birrifici vicino a casa (mi piace anche ascoltare, soprattutto i birrai!). Grazie ad un tifoso lariano del West Ham (di cui forse un giorno vi racconterò), riesco facilmente a raggiungere birre da tutto il mondo, dalla Danimarca al Giappone, passando per Nuova Zelanda, Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, U.S.A., Italia e chi più ne ha più ne metta…e dove non arriva lui, c’è sempre internet!
Fosse per me sarei sempre in giro per il mondo, scoprire nuove culture mi affascina soprattutto attraverso la musica, il cibo e, perché no, la birra. Da sempre sono appassionato di cucina, cerco di scavare a fondo nella tradizione senza mai chiudere la porta alla creatività. Sfoglio volentieri, anche solo per passare il tempo, libri di ricette e ne ho una piccola collezione comprata in tutto il mondo (beh, più o meno tutto). Questa mia passione si è unita a quella della birra sfociando nella ricerca dell’ abbinamento perfetto.
Dal 2012 sono homebrewer. Producendo birra mi piacerebbe imparare a conoscere gli aromi del luppolo e le sfumature del malto, l’utilizzo dei lieviti e l’influenza che ha l’acqua sulla nostra bevanda preferita (la sperimentazione in prima persona è fondamentale!!).
Attraverso questa nuova esperienza con www.giornaledellabirra.it vorrei poter condividere con voi le mie idee e le mia scoperte, confrontarmi e soprattutto ampliare i miei orizzonti! Tra i miei ispiratori, l’autore Jef Van Den Steen ed il suo libro Gueuze & Kriek: The Magic of Lambic