C’è qualcosa di profondamente umano nel fermentare. È un gesto antico, istintivo, necessario. La birra, forse più del vino, è l’emblema di questa sapienza popolare: nasce dal pane e dalla fame, dai cereali e dalla fantasia. È probabilmente la bevanda fermentata più antica dell’umanità, dopo l’idromele, con tracce che risalgono al V millennio a.C., molto prima del vino.
Ma la birra non è tutta uguale. La birra artigianale non è solo una moda: è un manifesto di autenticità. È viva, non pastorizzata, non microfiltrata. Ogni bottiglia racchiude un universo, un territorio, una scelta precisa. È fatta da artigiani che mettono le mani, il tempo, le notti insonni e la passione in ogni cotta. E a volte, in quel mosto ribollente, aggiungono anche ingredienti speciali, che raccontano storie di boschi, campi e api. Ingredienti come il miele, il riso, le castagne.
Il miele: dolcezza che non addolcisce.
Il miele è uno degli ingredienti più antichi usati nella fermentazione. Gli Egizi lo usavano per l’idromele; i Greci lo chiamavano “nettare degli dèi”; i Celti lo mescolavano al malto dando vita al braggot. E ancora oggi, quando il miele incontra la birra artigianale, nasce qualcosa di straordinario.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il miele non addolcisce la birra: viene quasi completamente fermentato, lasciando una birra secca, beverina, con un tenore alcolico spesso più elevato e note aromatiche uniche, che variano a seconda del tipo utilizzato. Quello di castagno, per esempio, dona tannicità e un carattere deciso.