Numero 33/2023

14 Agosto 2023

Il giro del mondo in… tante birre: Belgio – Parte 1 – Storia e Stili

Il giro del mondo in… tante birre: Belgio – Parte 1 – Storia e Stili

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Per descrivere l’universo birrario del Belgio mi sono lasciata ispirare dalla colonna sonora del film “Mission Impossible” perché sarebbe stata proprio una missione impossibile riuscire a condensare in un solo articolo la sua storia secolare, gli innumerevoli birrifici e le altrettante birre. Quindi, per la prima volta dall’inizio di questo viaggio, vi racconterò tutto, o quasi, in ben 2 puntate, provando ad essere il più esaustiva possibile.

Questa prima parte è dedicata ad alcune curiosità storiche relative al paese e alla sua tradizione brassicola, e per finire una breve lista degli stili birrari ufficiali.

Regione abitata fin dal Paleolitico Superiore, i primi abitanti chiamati Belgi discendevano da tribù celtiche e furono sconfitti da Giulio Cesare nel 54 d.C. che ne riconobbe, però, il valore in battaglia: “tra tutti [i popoli della Gallia] i più valorosi sono i Belgi” (De Bello Gallico).

Area storicamente conquistata a turno da Francia, Olanda, Spagna e Austria, questo si riflette in parte ancora oggi nella suddivisione territoriale ma non solo.

Il Belgio è sì una monarchia federale dal 1830, ma è un esempio unico al mondo. È suddiviso, infatti, in 3 regioni ben distinte dal punto di vista culturale e linguistico: a nord le Fiandre di lingua olandese (variante fiamminga); a sud la Vallonia francese, se si esclude la piccola comunità di lingua tedesca al confine con la Germania; nel mezzo l’area di Bruxelles, la capitale bilingue (v. foto seguente) che assomiglia ad una partita di calcio: Olanda-Francia.

Nel suo piccolo, il Belgio è anche passato dall’essere un paese conquistato ad essere un conquistatore. Ha dato vita, infatti, ad un Impero coloniale tra il 1885 e il 1962 costituito da 3 colonie: due in Africa (Congo Belga e Ruanda-Urundi) e una in Cina (città di Tientsin).

In poche righe, un cenno alla colonia più importante. Lo “Stato libero del Congo”, chiamato così durante il regno di Leopoldo II, non fu mai né uno stato né tantomeno libero. Era un dominio privato del re belga che ne disponeva a piacere, come unico proprietario delle terre non coltivate e delle risorse (avorio e caucciù su tutte).

Ma questo Paese è stato meta anche di tanti lavoratori (tra cui 300.00 italiani) che nel secondo dopoguerra andarono a cercar fortuna nelle industrie e nelle miniere. Purtroppo per molti nostri connazionali la fortuna è stata soffocata, troppo presto, nelle viscere fumose della terra.

Ho iniziato questo capitolo citando una canzone e lo finisco con un’altra. Il celeberrimo artista Jacques Brel dedica al suo paese natio il brano “Le plat pays” (il paese piatto), in cui descrive poeticamente il paesaggio lineare della sua terra “con le cattedrali come uniche montagne” e l’illusione di “quando la pianura fumante trema sotto il caldo di luglio”. Da ascoltare.

LA STORIA DELLA BIRRA IN BELGIO

Santo Bignami aiutami tu! Che il dono della sintesi mi assista!

Tanto per farvi capire quanto la birra faccia parte del DNA di questo paese, dal 2016 è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Fare la birra per i belgi è dimostrare il profondo senso di appartenenza alla loro terra, troppo spesso oggetto di conquiste straniere. Tantochè nel tempo sono nate birre legate proprio ad una specifica area, una biodiversità unica al mondo (v. prossimo capitolo). Il panorama brassicolo essendo molto variegato, è spesso di difficile classificazione; i mastri birrai belgi, infatti, non amano inserire le proprie creazioni dentro categorie stilistiche precise.

E sempre loro sono dei veri maghi per far lavorare al meglio i propri ceppi di lieviti, curati e custoditi in maniera maniacale. Sono, infatti, i più caratterizzanti al mondo e donano quegli aromi tipici fruttati, speziati o wild. Per questo, il Belgio, dal punto di vista birrario, è conosciuto come “il paese del lievito”.

Se le prime testimonianze scritte di produzione birraria ci arrivano, addirittura, da Giulio Cesare riconoscendo la qualità superiore della birra dei Belgi, è durante il Medioevo che si sviluppa la tradizione brassicola del paese, soprattutto grazie al lavoro dei monaci. I monasteri diventano il centro produttivo e spesso si occupano della distribuzione e tassazione del “Gruit”, un mix di erbe e spezie usato per aromatizzare la birra prima dell’avvento del luppolo.

 

A prova di ciò, un documento del 924 d.C. che trasferisce i diritti di gruit di Fosses-la-Ville (Vallonia) alla chiesa di Liegi. Il luppolo, invece, farà capolino a partire dal XIV sec. trainato dalle birre importate dalla Germania settentrionale e dall’Olanda.

E sempre in questa epoca nasce anche una figura leggendaria: re Gambrinus, il re gaudente della birra. Ancora oggi non è certo se sia il Duca del Brabante Jan Primus (1252-1294) che concesse a Bruxelles il diritto di rilasciare le licenze per produrre e vendere birra, oppure Giovanni Senza Paura di Borgogna (1371-1419), da molti ritenuto il creatore delle birre con malto e luppolo.

Dal XVII sec. la birra “esce” dai conventi e diventa un’attività ben inserita nel tessuto economico-sociale delle città. Intorno al 1720 a Bruges si contano, addirittura, 620 birrifici comunali gestiti dalla borghesia locale. Nonostante questa “liberalizzazione”, la tradizione birraria monastica rimane centrale.

 

Solo la Rivoluzione Francese ha il potere di fermare tutto. I monasteri chiudono e alcuni riprendono le attività solo dopo 30-40 anni. Uno stop che si ripercuoterà nel tempo.

Alla fine dell’Ottocento, la situazione brassicola è critica. I birrifici sono piccoli e mal organizzati. Le birre a bassa fermentazione tedesche e le Ale anglosassoni, invece, spopolano perché più competitive, grazie ad una tassazione irrisoria.

Fra le due Guerre Mondiali, si assiste, invece, ad un periodo molto favorevole. Complice anche il divieto di vendere gin nei bistrot, il comparto birrario rialza la testa. La qualità migliora e nuovi monasteri trappisti (Orval, Westmallle) creano birre che diventeranno iconiche.

Nel secondo dopoguerra, però, la diffusione delle birre a bassa fermentazione (pilsner su tutte), la crescita dei grandi gruppi industriali e la standardizzazione del gusto sanciscono l crollo del numero di birrifici. Negli anni ’60 ne restano solo 600, 1/5 rispetto agli inizi del secolo e 30 anni dopo si tocca il fondo arrivando a quota 115.

Dagli anni 2000 in poi, la riscoperta dell’artigianalità, la ricerca di stili tradizionali e la curiosità sempre crescente degli appassionati fanno registrare un bel trend positivo, fino ad arrivare alle 430 unità nel 2022, numero raddoppiato solo negli ultimi 7 anni.

GLI STILI DI BIRRA DEL BELGIO

Sono ben 14 gli stili ufficiali riconosciuti dal BJCP (Beer Judge Certification Program). Da notare la mancanza di basse fermentazioni. Di seguito la lista completa corredata da qualche info:

  • Belgian Blond Ale: prodotto nei primi decenni del ‘900. La risposta belga alle Pils boeme e tedesche. Aspetto pulito. Note maltate con richiami fruttati e speziati.
  • Belgian Golden Strong Ale: stile nato dopo la seconda Guerra Mondiale per contrastare il successo delle Pils. Più alcolico e amaro rispetto alle Blond Ale.
  • Belgian Pale Ale: prodotto dalla metà del XVIII sec.; subisce l’influenza dei militari britannici a cavallo delle due Guerre. Alle tradizionali note fruttate e speziate si affiancano quelle erbacee dei luppoli.
  • Trappist Single: strizza l’occhio alle birre quotidiane e leggere consumate dai monaci trappisti ma è un’elaborazione moderna. Bouquet complesso nonostante la bassa gradazione alcolica (max 6% ABV).
  • Belgian Dubbel: erede delle Dubbel medievali (o Secunda), stile rielaborato nell’800. Note maltate di caramello insieme a quelle fruttate (pasta bianca) e speziale. Gusto tendenzialmente più “dolce”.
  • Belgian Tripel: deriva dalle Tripel medievali (o Prima Melior, birra di alta qualità), stile reinterpretato a partire dagli anni ’30 del ‘900 (Westmallle). Birra più amara e secca della Dubbel. Maltata (pane e miele), fruttata (pasta gialla), speziata con luppolatura più presente.
  • Belgian Dark Strong Ale: chiamato anche Quadrupel, nome creato dal monastero olandese “La Trappe” agli inizi degli anni ’90. Birra complessa dalla gradazione alcolica elevata (max 12% ABV) che aggiunge sentori liquorosi alle tradizionali note caramellate, speziate e fruttate.
  • Lambic: origine: Pajottenland (zona del Brabante Fiammingo, a sud-ovest di Bruxelles). Fermentazione spontanea. Prevede l’uso di frumento non maltato (min. 30%), luppolo invecchiato di 3 anni (detto “suranné”), una fase di raffreddamento in vasche aperte e basse dove avviene il contatto con i microrganismi presenti nell’ambiente e una fase di maturazione in botte. Tipici i sentori wild e funky e la tendenza acida.
  • Fruit Lambic: un Lambic a cui, durante l’affinamento in botte, viene aggiunta della frutta in macerazione. Kriek Lambic (con ciliegie Griotte), Framboise Lambic (con lamponi), Druiven Lambic (con acini d’uva). Il profilo aromatico è quello di un Lambic con in più le relative note fruttate.
  • Gueuze: prodotto dall’assemblaggio tra 2 o più Lambic di età diverse. Questo mix porta ad una rifermentazione con nuova presa di spuma. Questa birra è detta anche “lo champagne del Belgio”. Profilo aromatico simile al Lambic ma meno aggressivo.

 

  • Flanders Red Ale: Origine: Fiandre Occidentali. Noto anche come “Flemish Red Ale”. Stile a fermentazione mista e maturazione in botte. Gusto dolce-acidulo con note di frutta sottospirito, sentori lattici ed acetici e speziatura data dal legno.
  • Oud Bruin: origine: Fiandre Orientali. Chiamato anche “Flemish Brown Ale”. Stile a fermentazione mista. Gusto dolce-acidulo con sentori liquorosi, lattici e acetici che arricchiscono note più tradizionali di caramello e frutta disidratata.
  • Saison: origine: Hainaut (provincia della Vallonia). Birra storicamente consumata dai contadini stagionali (Saisonnières). Uso di spezie, erbe, frutta. Complessa dai toni aciduli e amaricanti.
  • Witbier o Bière Blanche: origine: Brabante Fiammingo. Aspetto opalescente. Utilizzo di frumento non maltato, coriandolo e buccia d’arancia amara. Gusto dolce-acidulo.

 

E con questo elenco termina la prima parte dell’articolo dedicato al Belgio. Vi aspetto per la seconda puntata con i 6 birrifici del Belgio che hanno qualcosa in più!!

 

 

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Federica Russo
Info autore

Federica Russo

Sono nata a Genova nel lontano…ma che lontano…nel “vicinissimo” 1976 da una famiglia chiacchierona e rumorosa, ecco perché mi piace parlare, comunicare e condividere.
Chi nasce in una città di mare sa che si porta dentro una curiosità tutta speciale come quella dei marinai e navigatori che tutti i giorni salpano verso nuove mete, terre e avventure. Curiosità che rimane per sempre e che caratterizza ogni aspetto della vita arricchendola giorno per giorno. La famiglia, le passioni, i traguardi, il lavoro vengono così conditi con quel “quid” che rende tutto più sfizioso.
La curiosità infatti mi ha portato a studiare 3 lingue (inglese, spagnolo e francese) per non sentirmi fuori luogo ovunque volessi andare e mi ha fatto laureare in Geografia per avere ben chiara in testa la mappa del mondo ed evitare di perdermi.
La curiosità mi ha fatto lavorare in ambiti molto diversi tra loro: commercio al dettaglio, operatore GIS nel settore dei sistemi informativi territoriali, progettista di impianti di depurazione acque reflue.
La curiosità, infine, è stata anche la spinta che mi ha fatto passare da semplice amante della birra a Sommelier. Ho completato il percorso formativo con la Scuola Italiana Sommelier (S.I.S.) e sono diventata Sommelier Professionale 3° livello. Essere sommelier della birra non lo considero un traguardo ma solo l’inizio di un lungo percorso di formazione, di conoscenza che non finirà mai, infatti ho cominciato lo stesso percorso formativo anche con l’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.), seguo i corsi e le monografie di UB Academy, per non parlare dei libri che “bevo” tutto d’un fiato!!! Alcuni autori della mia libreria: Michael Jackson, Lorenzo “Kuaska” Dabove, Randy Mosher…tanto per citare qualche pilastro.
La possibilità di poter scrivere per il Giornale della Birra mi dà modo di condividere con voi la mia passione birraria attraverso interviste, curiosità, abbinamenti birra-cibo e tanto altro, il tutto impreziosito da un sorriso e da un punto di vista diverso….quello femminile!