Numero 04/2017

23 Gennaio 2017

Sono finiti i tempi del mercante (o meglio, del birraio) in Fiera?

Sono finiti i tempi del mercante (o meglio, del birraio) in Fiera?

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In pressoché tutti gli ultimi eventi a cui ho partecipato – intendendo per “ultimi” quelli degli ultimi sei mesi – ho notato un “filo rosso” costante nelle mie chiacchiere con i birrai. Molti mi hanno infatti riferito di aver visto – con poche, lodevoli eccezioni – un notevole calo di affluenza per quanto riguarda fiere, feste ed eventi; che, sempre pressoché all’unanimità, sono diventati troppi, arrivando a “stancare” gli acquirenti.

Anche il binomio birra/cibo, per quanto offra risultati migliori, non pare più garantire il successo. Il tutto a fronte di una produzione che però aumenta o quantomeno non cala, tanto che diversi birrifici stanno investendo per crescere: se la matematica non è un’opinione, quindi, l’interesse per il prodotto birra artigianale rimane, ma viene venduta attraverso altri canali. La maniera con cui la si propone al pubblico è quindi da rivedere perché ha fatto il suo tempo? Anche questa è un’opinione diffusa, ma queste strade alternative non paiono ancora ben chiare: le proposte davvero “diverse” sono poche, né si è ben capito quali possano essere (se non in casi specifici e molto “mirati”, di cui è classico esempio l’Arrogant Sour Festival  o altri eventi dalla fisionomia e destinatari ben delineati).

 

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Dopo l’ennesima osservazione di questo tipo, ho quindi deciso che era giunto il momento di fare un’indagine al largo tra i birrai: tutti concordano su questo ragionamento? Il proliferare di feste e di nuovi birrifici pone come strada obbligata quella della vendita diretta a livello locale, dove è più facile ricavarsi il proprio “zoccolo duro”, o all’altro estremo di varcare i confini per andare oltre un mercato italiano inflazionato? A conferma del fatto che il tema è molto sentito non solo sono stati in molti a rispondermi, ma tutti l’hanno fatto in maniera molto articolata; tanto che di seguito troverete solo un sunto delle opinioni espresse.

 

Da un lato, il fatto che la birra artigianale sia, come molti avevano auspicato, uscita dalla nicchia di appassionati e diffusa su scala più ampia, secondo alcuni ha paradossalmente tolto parte del senso a queste manifestazioni. “Se adesso molti ristoranti e bar hanno una loro carta delle birre di tutto rispetto, perché devo pagare per entrare ad una manifestazione delle birre artigianali? – si chiede Carlo Antonio Venier, di Villa Chazil (qui in una simpatica occasione di “promozione del marchio”) -. Personalmente vedo uno sviluppo futuro di un mercato molto legato al territorio con pochissime manifestazioni specifiche per chi vuole provare birre che è difficile trovare altrimenti”.

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Anche Alessandro Giuman, del Birrificio del Doge, traccia un quadro simile: “In quanto a feste e fiere siamo al picco storico – sostiene -, probabilmente ci sarà un taglio degli eventi nei prossimi anni. Da parte di noi birrifici ci sarà un minor interesse di partecipazione, continueranno i beer firm e i piccoli birrifici per farsi conoscere. Ma siamo sicuri ci sia guadagno? Chi ti acquista con regolarità è il locale, il publican, è lui che ti propone e ti dà costanza. Per il 2017 la mia scelta l’ho presa: solo eventi di qualità, di importanza, o che ho già frequentato e che ritengo validi. Una decina in un anno, mentre quest’anno gli inviti sono stati più di 50. E poi abbiamo come obiettivo sviluppare l’export, avendo già coperto tutto il territorio nazionale”.

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Più “moderati”, ma sostanzialmente sula stessa linea, i ragazzi del Birrificio Conense, che parlano sia di eventi ben riusciti che di altri in cui si è battuto la fiacca: “La partecipazione ad un evento ha un rischio intrinseco che bisogna accettare – ammettono – così come bisogna sapersi presentare per avere un buon riscontro. Non crediamo sia solo un problema di promozione, o di accostare alla birra il cibo e l’intrattenimento che pure va benissimo: se la gente manca perché non c’è più interesse per il format, è molto meglio per noi partecipare ad una manifestazione locale dove magari a vendere birra sei l’unico. Non sapremmo cosa si potrebbe “cambiare”. Certamente la birra artigianale ora è più capillare e gli eventi sono di più, ne consegue che è più difficile smuovere molte persone. Per l’export, invece, troviamo sia difficile essere competitivi”.

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“Condividiamo appieno: l’interesse per il prodotto birra artigianale rimane, ma la maniera con cui la si propone al pubblico è da rivedere perché sembra aver fatto il suo tempo – scrivono da St. John’s Bier – Ormai il mercato è saturo di fiere, feste ed eventi, ed è impossibile fare quantomeno una cernita e decidere a quali aderire… perché spesso questi eventi si trasformano in sagrette da “tarallucci e vino”, pardon… birra! Bisognerebbe puntare su 2 o 3 eventi l’anno ben strutturati e con proposte diverse da solito stand, altrimenti davvero ci si riduce alla vendita diretta a livello locale o alla ricerca di un mercato estero. I birrifici sono tanti, moltissime le beer firm, ma anche il pubblico è ormai vasto il problema rimane come farsi conoscere e riconoscere”.

Una linea simile a quella espressa da Andrea Marchi di Antica Contea: “Abbiamo deciso di fare alcuni eventi importanti, poi tutte cose piccole – scrive -, sia per poter far fronte alla produzione, sia perché tante fiere chiedono quote di partecipazione importanti. Quindi abbiamo puntato su eventi generalisti che permettono di “prendere” una clientela non esperta. Nel 2017 con l’aumento della produzione aumenteremo anche gli eventi, ma scegliendo con attenzione e privilegiando quelli su invito”.

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Da Federica Felice del Birrificio Cittavecchia, che arriva dal settore vinicolo, giunge una visione che si allarga proprio a questo: “Quello che si sta prospettando per la birra è esattamente ciò che è accaduto col vino. La disaffezione del pubblico non è mancato interesse, ma appunto frutto del proliferare degli eventi che diluisce le persone interessate in una miriade di occasioni, tanto da far perdere di valore anche quelle manifestazioni che meriterebbero più di altre. In molti eventi nati per promuovere il vino si stanno creando degli spazi dove proporre la birra artigianale: questo la dice lunga su un presunto calo di interesse o disaffezione. Ma effettivamente ci vuole novità, ogni evento dovrebbe caratterizzarsi in modo diverso dall’altro e periodicamente aggiornarsi nella proposta. Consideriamo anche il fattore copia-incolla: un’agenzia crea un evento, un birrificio inventa un modo di proporsi, e subito dopo ne nascono dei cloni. Col rischio di vanificare anche il progetto originale”. La via “resta quella del ritorno alle origini, ovvero concentrarsi sulla qualità e catturare il cliente per la costanza del prodotto o della proposta di valore (reale e percepito). Gli eventi si dovranno caratterizzare anche per i nomi, non solo per i numeri. E non solo quelli che conviene avere perché sono dei nomi importanti, ma anche quelli che è bello avere perché hanno una qualità sopra la media. Forse un evento ben fatto è quello che cerca tra i piccoli, a livello locale, aiutando le piccole realtà ad emergere, garantendo fiches di ingresso a misura di piccola impresa e selezionando chi aderisce”.

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Da ultimo, le ampie prospettive: “A livello locale ognuno certo può lavorare, ma nel mondo della globalizzazione è impensabile restare ancorati al proprio orticello. Puoi essere molto presente localmente e fare il possibile affinché la fama locale abbia eco altrove, ma laddove il mercato è piccolo anche solo un concorrente in più ti farebbe le scarpe. Quindi è importante sviluppare quella capacità commerciale di tipo imprenditoriale che porta l’azienda a confrontarsi con mercati più ampi, essere presenti in posti ed eventi diversi, non necessariamente legati al tuo settore o creare occasioni per fidelizzare nuovi clienti”.

Insomma, le idee consolidate paiono essere: poche manifestazioni ma di qualità, che sappiano innovarsi e rinnovarsi per quanto non sia ancora ben chiaro il come; e soprattutto che consentano di coordinarsi con altre vie di promozione, come la presenza nei locali e l’export.

Un grazie a tutti i birrai che hanno dato la loro opinione, comprese le impressioni date a voce da Erica e Riccardo del Benaco 70 – tra quelli, peraltro, che si stanno affacciando all’export e che proprio in quanto a fiere sono sbarcati nei Paesi Bassi -, da Chiara Baù del Birrificio Jeb – anche lei fautrice di un’attenta selezione degli eventi per il 2017 – e da Davide Perrinella, collaboratore del Birrificio Della Granda – sostenitore del fatto che il problema non è economico, perché chi entra ad un evento è anche disposto a spendere, ma far entrare la gente all’evento: e qui ci ricolleghiamo alla questione dell’interesse che va calando.

 

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Chiara Andreola
Info autore

Chiara Andreola

Veneta di nascita e friulana d’adozione, dopo la scuola di giornalismo a Milano ho lavorato a Roma – dove nel 2009 ho conseguito il titolo di giornalista professionista – e a Bruxelles al DG Comunicazione della Commissione Europea. Lì sono iniziati i miei primi timidi approcci con la birra, tra cui la storica Bush de Noel che ha finito per mettere il sigillo definitivo alla storia d’amore tra me e il mio futuro marito – e già da lì si era capito che una storia d’amore era nata anche tra me e la birra. Approdata a Udine per seguire appunto il marito, qui ho iniziato ad approfondire la mia passione per la birra artigianale grazie al rapporto in prima persona con i birrai – sia della regione che più al largo – e i corsi di degustazione tenuti dal prof. Buiatti all’Università di Udine; così dal 2013 il mio blog è interamente dedicato a questo tema con recensioni delle birre e resoconti delle miei visite a birrifici, partecipazioni ad eventi e degustazioni. Le mie collaborazioni con pubblicazioni di settore come Il Mondo della Birra e Nonsolobirra.net, con eventi come la Fiera della Birra Artigianale di Santa Lucia di Piave e il Cucinare di Pordenone, e la conduzione di degustazioni mi hanno portata a girare l’Italia, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Svezia. Ora sono approdata anche al Giornale della Birra, un altro passo in questo mio continuare a coltivare la mia passione per il settore e la volontà di darvi il mio contributo tramite la mia professione.