Numero 19/2018

11 Maggio 2018

Bavaria: un brand olandese di lunga tradizione, molto apprezzato in Italia

Bavaria: un brand olandese di lunga tradizione, molto apprezzato in Italia

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Bavaria affonda le proprie origini nel lontano 1719, quando la famiglia Swinkels avviò un piccolo birrificio nella cittadina di Lieshout, nei Paesi Bassi. Da allora, dopo 7 generazioni, la stessa proprietà continua a gestire direttamente il birrificio, mantenendo ben saldi i principi di qualità che fanno di Bavaria una birra facile da bere, ma dai tratti distintivi.

Tra le birre di largo consumo, Bavaria è oggi un brand affermato a livello globale, che trova anche in Italia molti estimatori ed appassionati.

Per approfondirne la conoscenza, abbiamo intervistato in esclusiva per Giornale della Birra, Luca De Zen, AD di Bavaria Italia.

 

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Luca, i nostri lettori sono sempre molto attenti alla qualità delle birre ed alla loro storia: quali sono gli elementi caratterizzanti il “Marchio di Fabbrica” di Bavaria e come si è evoluto lo stile produttivo nel corso del tempo?

La birra Bavaria viene prodotta ancora oggi secondo un’antica ricetta di famiglia. Esperti birrai gestiscono internamente tutto il processo produttivo selezionando solo ingredienti di qualità superiore, a partire dalla purissima acqua di fonte di proprietà del birrificio e dal malto di propria produzione. Questa preziosa eredità storica del marchio si affianca da sempre a una continua ricerca e innovazione a livello di prodotti e di tecniche di produzione.

L’azienda ha inoltre da tempo compreso l’importanza di produrre tenendo in considerazione la salvaguardia dell’ambiente, con l’obiettivo di tutelare la natura da un lato e ottimizzare le risorse dall’altro. Bavaria ricicla infatti sia il 99% dei rifiuti solidi creati durante la produzione della birra e che vengono utilizzati per foraggiare i pascoli dei dintorni, sia l’acqua utilizzata ed espulsa durante la lavorazione. Inoltre è il primo produttore di birra al mondo ad implementare lo standard ISO 26000: la certificazione internazionale che attesta una modalità di lavoro socialmente responsabile, rispettando l’ambiente, le risorse umane, le legislazioni nazionali e internazionali oltre a principi etici legati a trasparenza e responsabilità.

 

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Bavaria si caratterizza per alcuni aspetti molto particolari, quali l’acqua che sgorga da sorgenti con peculiarità perfette per la brassatura e l’utilizzo di malti prodotti direttamente dell’azienda: come influenzano questi ingredienti il prodotto finito? Quali sono gli aspetti di qualità a livello di materie prime e processo produttivo a cui ponete maggiore attenzione?

L’acqua rappresenta almeno il 90% di qualsiasi birra e una delle principali peculiarità del nostro processo produttivo consiste nell’essere l’unico produttore di birra con acqua minerale certificata. Il brand, infatti, per rendere unica la propria birra, utilizza solo acqua minerale pura al 100% estratta da una sorgente millenaria di proprietà che sgorga proprio sotto il birrificio a Lieshout. L’acqua purissima conferisce alla birra Bavaria Holland Beer un gusto unico e fresco, e presenta standard qualitativi così elevati da essere certificata dal governo olandese come “acqua minerale naturale”.

L’utilizzo di purissima acqua di fonte si combina con l’utilizzo di malto di prima qualità proveniente da malterie di proprietà. Bavaria è uno dei pochi produttori di birra a disporre di malterie proprie: la prima, costruita nel 1937, è situata a Lieshout all’interno della storica azienda produttrice; la seconda, invece, si trova a Eemshaven. Grazie agli elevati standard produttivi, il malto viene esportato anche in molte altre birrerie nel mondo.

Questi due fattori chiave contraddistinguono il brand a livello internazionale e garantiscono un controllo importante della filiera e dell’intero processo produttivo – garanzia di qualità, che rimane per noi il principale focus dal 1719 ad oggi.

 

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Il vostro stabilimento di produzione, sito nei Paesi Bassi, raggiunge volumi superiori ai 6 milioni di ettolitri annui. Per soddisfare le richieste del mercato, inoltre, vi appoggiate a stabilimenti in altri Paesi: quali sono i segreti del successo su scala mondiale?  

Bavaria come company ha ormai superato la produzione di 7 milioni di Hl all’anno ed esporta più del 70% della produzione in 130 Paesi, tra cui Sud Africa, Asia e Thailandia.

Una vasta gamma è sicuramente una delle chiavi di volta del successo del Gruppo, che ha chiaramente una vocazione internazionale. Prodotti molto diversi tra loro ci permettono di andare incontro ad esigenze e palati diversi in ciascun Paese, tenendo conto anche degli usi e costumi tipici di ogni area geografica. Con la 0.0%, la nostra birra analcolica, ad esempio, siamo riusciti ad entrare con successo nel mercato del Medio Oriente che ha, ovviamente, una particolare attenzione al tema dell’alcol.

 

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Bavaria punta da sempre alla sperimentazione e all’innovazione di prodotto: quale approccio è rivolto al mercato italiano, anche alla luce della costante crescita della cultura brassicola e delle craft beer?

Bavaria sta ampliando la sua offerta puntando soprattutto sulle Birre Speciali, un segmento che vale il 10% a volume, ma il 20% a valore.

Nello specifico, rispetto al segmento delle Speciali, con il brand 8.6 il Gruppo punta ad offrire stili di birra sempre nuovi capaci di andare incontro ai gusti e agli interessi di un consumatore sempre più curioso ed esigente. Il recente lancio di 8.6 India Pale Lager, una birra che coniuga il gusto luppolato tipico delle India Pale Ale con la bassa fermentazione tipica delle lager, rappresenta una novità importante: è una birra estremamente rinfrescante, beverina ma con un gusto intenso e risponde al desiderio del consumatore italiano di sperimentare gusti nuovi.

Anche le birre Urthel rappresentano un’importante novità nel nostro portafoglio. Fedeli alla tradizione birraia belga e caratterizzate dalla qualità inconfondibile tipica di tutti i prodotti del Gruppo, sono disponibili in tre varianti – Saisonniéere, Hop-it e Samaranth – perfette per chi vuole assaporare tutta la straordinaria ricchezza aromatica delle birre originarie delle Fiandre del Belgio.

 

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Infine, considerando la vostra profonda conoscenza del mercato della birra a livello globale, come si è evoluto il target di consumatori italiani rispetto a quello di altri Paesi? Quali le prospettive per il settore e per il rapporto tra birre artigianali e grandi marchi?

La crescita delle birre artigianali, sia provenienti da piccoli birrifici, che lo sviluppo di crafty beers, ha cambiato radicalmente la composizione dello scaffale (che oggi offre in media circa 130 referenze, di cui 60 solo di Birre Speciali) e ha anche cambiato l’approccio del consumatore italiano al prodotto. Oggi, rispetto a 5 anni fa, il consumatore italiano è più consapevole, più sperimentatore e più attento alle novità oltre che più preparato sulla cultura della birra.

La nascita di tanti birrifici artigianali ha influito molto sul modo in cui gli italiani, soprattutto le generazioni più giovani, hanno iniziato a intendere la birra: non si tratta più solo di un thirst quencher, ma di un prodotto speciale, parte di una cultura e tradizione ricca e articolata, al pari del vino.

Se da un lato le birre artigianali hanno avvicinato molti nuovi consumatori al nostro mercato, dall’altro hanno incrementato il desiderio di conoscenza e l’interesse per la sperimentazione nei consumatori abituali. In questo contesto è di cruciale importanza avere le competenze adeguate per soddisfare appieno le crescenti richieste di consumatori molto più evoluti rispetto al passato. Sono sempre più diffusi tra i giovani i corsi da master of beer e di degustazione birra e molte aziende si sono fatte portavoce proprio dell’education su ingredienti e stili di birra.

Anche se le birre artigianali restano una nicchia, intravedo grandi possibilità di crescita per le crafty beers (le birre commerciali che si rifanno a tradizioni e stili delle birre artigianali) che offrono una differenziazione importante rispetto al prodotto “industriale”, ma a prezzi ampiamente concorrenziali rispetto a quelli prodotti da microbirrifici, rendendole bevande idonee ad un consumo più diffuso, anche per una semplice questione di “prezzo”. L’innovazione crescente delle birre “industriali” degli ultimi anni ha ampliato l’offerta sul mercato italiano, con prodotti di qualità con un ottimo value for money. I consumatori giudicano, infatti, sempre di più la qualità reale dei prodotti, a prescindere dalla loro origine artigianale o industriale. La scelta sempre più consapevole da parte del consumatore impone, quindi, l’esigenza  di considerare la qualità offerta e comunicata come il vero fattore critico di successo, che coinvolge sempre più tutta la filiera.

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!