Numero 41/2021

13 Ottobre 2021

BrewnerD: la birra per i “non nerd” della birra!

BrewnerD: la birra per i “non nerd” della birra!

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Quanti di noi appassionati si definiscono o si definivano “nerd della birra”? Quanti di noi da semplici bevitori si sono trasformati in ossessionati degustatori, attenti ai minimi dettagli?

Bene, se il nome del birrificio sembra volersi ispirare proprio  a questa maniacale, quasi paranoica e compulsiva, dedizione alla birra, negli intenti del fondatore e mastro birraio Giuseppe Gaudiano vi è una ambizione esattamente opposta: ovvero portare la birra allo status di bevanda sociale, genuina e facile da bere.

Così, proprio dalla sua passione maturata tra l’homebrewing, lo studio, la sperimentazione e condivisa anche in famiglia è nato un birrificio indipendente che sta diventando sempre più una di quelle bandiere della qualità assolutamente da scoprire della provincia di Matera, territorio a cui è da sempre strettamente legato.

 

 

Giuseppe, il tuo birrificio è nato da pochi anni: come ti sei avvicinato al progetto di costituire una fabbrica di birra tutta tua?

Non è stato per niente facile. L’idea, o meglio, il sogno di aprire un birrificio mio covava da tempo. Sono dovuto partire da zero. L’unica certezza: il luogo, il vecchio magazzino di mio padre, artigiano in pensione. Il fato come in tutte le mie cose ci ha messo lo zampino anche questa volta (pensa che ho iniziato a fare birra per scommessa!). Dopo qualche esperienza lavorativa, qualcuna anche legata al mondo della birra, mi sono ritrovato nel mio paese. In un periodo in cui ero libero, mio padre mi chiese di aiutarlo a ripulire il magazzino perché aveva trovato qualcuno interessato a prenderlo in affitto. Ho creduto, inizialmente, di dover abbandonare il mio sogno, costretto anche a vendere la moto non avendo più dove tenerla, una tragedia insomma. Da lì a poco la svolta, il potenziale affittuario si è tirato indietro ed io mi sono messo, notte tempo, a progettare il mio impianto, a ricercare la soluzione ideale per le mie esigenze ed il modo come finanziarle. Avevo già girato mezza Europa e l’Italia visitando molti birrifici. Trovare l’idea giusta, progettuale e tecnica, con i pochi fondi che avevo a disposizione è stato complicato. L’idea era proprio quella di creare un birrificio che potesse produrre almeno 500 hl/annui ma che non costasse uno sproposito. Il resto è poi venuto da sé, anche legato al mio concetto di birra artigianale, di birra viva. Tutte le birre che produco sono rifermentate e penso, ma soprattutto spero, di non dover mai abbandonare questa filosofia, con tutte gli inconvenienti del caso. Dopo circa un anno avevo risolto tutto o quasi, ricreare un impianto a fiamma diretta da 5 hl, con una cantina da 60. Cella calda e una fredda, imbottigliamento, infustamento e tutto l’occorrente in 120 metri quadri e al costo di un quarto dei miei concorrenti. Con tanto di progetto di sviluppo.

 

Dietro le quinte della sala cotta non sei solo: quali sono le figure fondamentali che ti aiutano nel lavoro quotidiano in birrificio?

La produzione vera e propria la curo sempre e solo io. In realtà al mio fianco ci sono sempre i miei genitori ormai in pensione. Non è difficile all’alba sentire le saracinesche aprirsi e trovare mio padre che assaggia le birre in fermentazione, non le trova mai come se le ricordava, fino a convincersi della loro bontà a rifermentazione avvenuta. Se non avessi le spalle ampie la mia autostima vacillerebbe ogni giorno. Lui mi aiuta in imbottigliamento e con tante piccole faccende che comportano avere questo tipo di attività. Mia madre invece mi aiuta con la creazione delle etichette  e nell’abbellire l’ufficio e lo spaccio aziendale. Con l’anno nuovo ci sarà un restyling totale delle nostre etichette che curerà lei avendo la passione della pittura. Il progetto è ben più ampio e strutturato. Affiancherò a questo alcune nuove birre legate ancora al territorio e alla mia terra ma sempre in maniera diversa dal solito. Ma preferisco non anticipare niente.

 

Paliamo del tuo impianto: quali sono le caratteristiche peculiari del tuo laboratorio? Quanto è stata utile l’esperienza da homebrewer nel maturare le scelte tecniche per la sala cotta e la cantina di fermentazione?

Le scelte sono in parte state condizionate anche dai capitali che avevo a disposizione, ma con una forte convinzione che fosse l’impianto giusto per ciò che volevo fare. La logica era semplice, creare un impianto il meno complesso possibile, della serie: ciò che non c’è non si può rompere! Ho acquistato cantina e un impianto da 5 hl da Polsinelli. Facendo apportare alcune modifiche al loro impianto standard in commercio e facendo delle modifiche anche dopo l’avvio per lavorare con maggiore efficienza e tranquillità. É un impianto a fiamma diretta con il quale gioco esattamente come giocavo da homebrewer, ricercando caramellizzazioni in bollitura per alcune birre o nell’attuare mash o luppolature atipiche. La lunga esperienza da homebrewer mi ha aiutato soprattutto nella redazione e/o revisione delle ricette, avendo fatto tanta esperienza casalinga ho potuto sperimentare tanto e ho ancora tante cartucce da sparare. Più che nella scelta vera e propria della cantina questo mi ha aiutato nella gestione delle fermentazioni e delle temperature. Lavorando spesso con lieviti caratterizzanti le temperature nel mio lavoro sono fondamentali.

 

Quali sono le birre più rappresentative della tua filosofia produttiva? E quali i principi con cui selezioni le materie prime?

Non è un segreto che il mio primo amore birraio sia stato il Belgio. Pare che siano le birre che mi riescano meglio. Nel 2019 ho creato la Brewschetta, una belgian saison, alla quale ho aggiunto il famosissimo pane di Matera. Un omaggio a Matera nell’anno da capitale europea della cultura ed al suo fantastico pane, in breve tempo è diventata la birra più venduta e più amata, scalzando altre birre già molto apprezzate. Lo slogan è: cos’è la birra se non un’altra forma di pane? E non è solo un richiamo alla forma di pane da 10 Kg che uso per crearla. Questa assieme alla Malvagia, l’italian grape ale con mosto di malvasia e mono luppolo citra in grandi quantità, rappresentano sicuramente le birre che più rappresentano il birrificio, un insieme di tradizione e innovazione. L’unione di ingredienti che non penseresti mai si leghino così bene, invece il risultato alla fine è straordinario ed emozionante.

La scelta delle materie prime è legata a diversi fattori. L’idea generatrice delle mie birre ha sempre un processo mentale astruso. Parto quasi sempre dall’emozione che voglio trasmettere, dall’emozione che voglio provare nel bere le mie birre e da questo scelgo le materie prime, i luppoli e i lieviti da utilizzare o gli ingredienti da aggiungere. Naturalmente l’esperienza, maturata in questi pochi anni, mi ha spinto a selezionare un’azienda piuttosto che un’altra anche in base all’efficienza ottenute in produzione (non ci sta niente da fare gli studi da ingegnere escono sempre fuori e l’ottimizzazione ce l’ho nel sangue), oltre che il risultato organolettico e gustativo ricercato. Non si può creare un buon prodotto se non si ha una buona materia prima. Quindi tendo a prendere materie prime di elevata qualità, sempre.

 

 

Quale il mercato di riferimento e quali i tuoi progetti futuri legati alla birra?

Attualmente il mercato di riferimento sono pub, pizzerie e qualche ristorante più attento agli abbinamenti cibo-birra, con tutte le difficoltà del caso che i ristoratori possono avere con la materia. La pandemia, specie nei periodi di lockdown, ha cambiato molto il modo di vendere birra, spingendomi verso un contatto diretto con il consumatore finale, al quale è più semplice trasmettere la mia passione e far comprendere la birra artigianale, anche a chi non si è mai avvicinato a questo mondo.

Non sempre i periodi bui, come quello appena vissuto, portano cose negative… negli ultimi tempi sono tornato a sperimentare e a fare birra in casa come anni fa, anche se con un impianto tutto nuovo e tecnologico. Questo mi ha portato a rivalutare vecchi progetti che avevo accantonato, sia di birre acide  che  barricate (sono le mie preferite dopo le stout). Presto, infatti, creerò una piccola bottaia per divertirmi con ossidazioni spinte in qualche barley wine ed una RIS, parallelamente alla creazione di birre nuove, che il covid ha solo rinviato. Le collaborazione saranno davvero interessanti sia con agricoltori lucani, al fine di legare ancor di più il birrificio all’amata Lucania, sia con altri birrifici. Insomma ci sono vari progetti in campo. Tra le tante cose sto cercando partner per un’idea green che mi solletica da tempo.

Maggiori informazioni e shop on-line: BrewnerD – Birrificio Artigianale

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!