Numero 07/2020

11 Febbraio 2020

I Longobardi tornano nella Valsugana: ecco il Birrificio degli Arimanni

I Longobardi tornano nella Valsugana: ecco il Birrificio degli Arimanni

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Il Birrificio degli Arimanni racconta la Valsugana attraverso birre artigianali dal sapore medioevale.
Presentare il Birrificio degli Arimanni è come fare un viaggio avanti e indietro nel tempo, dall’alto Medioevo ai tempi moderni. E’ la creatura di Davide Corona, nuovo attore del panorama birrario artigianale italiano.
La localizzazione geografica coincide con Castel Ivano, piccolo comune del Trentino Alto-Adige. Ma la collocazione lascia il tempo che trova visto che non si tratta (ancora) di birricio quanto piuttosto di beer firm – birrificio senza impianti – che attualmente si appoggia agli amici di BirraFon del vicino comune di Fondo.

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Qual è stata l’accoglienza da parte del pubblico?
Le nostre birre in Valsugana sono state accolte meglio di quanto sperassi, come nel resto del Trentino. Abbiamo avuto riscontri molto positivi da chi conosceva già il mondo della birra artigianale, e soprattutto da chi non lo conosceva! E’ per noi una enorme soddisfazione quando sentiamo racconti in cui ci dicono che da quando hanno assaggiato la nostra Garba per la prima volta (la primogenita del birrificio) adesso beve solo birre artigianali perché non riesce più a tornare indietro sulle birre lager industriali.

 

Dall’informatica alla birra artigianale.
L’estrazione di Davide è molto diversa da quella di qualsiasi altro birraio. Ex tecnico informatico con un trascorso in grosse aziende di settore, ha poi sentito la vocazione per la birra artigianale confermando il legame di questo mondo con quello dell’informatica.
Dopo anni di linguaggi di programmazione e codici sorgenti la sua sensibilità alimentare, fino a quel momento latente, si è risvegliata durante un festival della birra in Veneto. In quel momento ha scoperto con suo stupore l’incredibile ventaglio in cui può declinarsi la birra artigianale e ha deciso di cimentarsi nell’impresa.
Purtroppo per lui le prime cotte in kit sono deludenti e lo costringono a rinunciare ai sogni di gloria. Destino vuole che più recentemente, nel 2017, si concede una seconda occasione con la più difficile soluzione all grain. Con grande sorpresa scopre che le birre sono finalmente di suo gradimento. E allora decide di dedicarsi a questa missione anima e corpo.
Prima arrivo l’acquisto di un impianto di birrificazione casalinga da 25 litri, ancora oggi utilizzato per le cotte pilota. Poi, nel 2018, il primo importante tassello: la costituzione di impresa sotto forma di birrificio itinerante. Un intermedio intelligente, per farsi le ossa e sondare il terreno, in previsione del level-up a birrificio che dovrebbe concretizzarsi proprio nel 2020.

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Quale birra ti ha convinto a lasciare la strada vecchia per la nuova?
La birra che mi ha fatto appassionare al principio, anche se la risposta sembra scontata, è stata bere la mia prima American Pale Ale: da allora è passato qualche anno e quella volta, sentendo profumi e sapori nuovi a cui non ero abituato a trovare nel bicchiere, mi ha fatto aprire gli occhi su un mondo nuovo e incredibile che non conoscevo.

A questo punto sorge una domanda: chi sono gli Arimanni?
Agricoltori al servizio di Madre Terra, all’occorrenza prodi guerrieri al servizio dei nobili signori. Nell’uno e nell’altro caso si trattava di difensori del territorio. Gli Arimanni erano un ceto sociale della popolazione longobarda e rappresentano la più antica classe di liberi proprietari terrieri. Uomini d’onore e anche d’onere, a differenza dei meri mercenari, mettevano l’arma bianca al servizio del signore che volesse ricompensarli con un terreno di proprietà anziché un semplice feudo. Ed ecco perché molti di loro hanno preso residenza nella Valsugana, dove in epoca Medioevale c’erano diversi castelli da difendere.
Questi guerrieri, forgiati dal fuoco di mille battaglie, hanno trovato ritiro spirituale nei campi e prestato la loro forza alla coltivazione. Ed ecco dove nasce il Birrificio degli Arimanni: dalla volontà di farsi erede di quella classe sociale, prestando cavalleresco giuramento di difendere la terra e i suoi frutti.
Pur senza ricorrere alle armi bianche il Birrificio degli Arimanni si dichiara paladino del territorio e intende perorare la causa del km 0 che, parimenti al mondo del vino, ci ricorda che anche la birra possiede il suo orgoglioso terroir.
E proprio il territorio fa – è proprio il caso di dirlo – bella mostra di sé nelle sublimi etichette, che dipingono scorci diversi del Trentino. Perché, come per il buon cibo, anche l’occhio vuole la sua parte. Come? Coinvolgendo un artista, proponendogli idee e condividendo specifici valori, che sono stati poi trasformati in veri e propri dipinti.

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Birrificio degli Arimanni: le birre.
Il legame col territorio si legge anche nei nomi delle etichette che raccontano i luoghi e la storia della Valsugana. La Garba è l’antico saio utilizzato dal Longobardi, mentre birrariamente parlando si tratta di una Pale ale inglese con un regime alcolico più robusto del normale (5.9% ABV). In etichetta sono dipinti il Monte Lefre e Castel Ivano.
La Werra, ovvero “guerra”, è una Brown Porter (5.2% ABV) che omaggia il Ponte dell’orco di Ospedaletto. Una birra dalle forme più pienotte, con un carattere maltato che abbraccia le prime tostature e che ben si sposa ai formaggi di malga, anche loro espressione del territorio.
Ultima nata è la rinfrescante Fara, Summer Ale in etichetta, di fatto una Blond Ale (4.5% ABV) di stampo statunitense, che impiega luppolo Cascade coltivato in Trentino. Stavolta il riferimento è al colle di Tenna che si erge tra il lago di Caldonazzo e quello di Levico, i cosiddetti specchi d’acqua della Valsugana. Un punto panoramico che, oltre a essere una delle migliori viste del Trentino, rappresenta il luogo d’incontro ideale per un appuntamento romantico – c’è pure la Chiesa di San Valentino!
Quali ricette sono previste nel prossimo futuro?
Stiamo sperimentando altre due ricette e puntiamo di lanciarle sul mercato una prima dell’inizio dell’estate e la seconda in autunno. Puntiamo di continuare su questa linea, lanciando un paio birre nuove all’anno fino a che non avremmo almeno una mezza dozzina di referenze disponibili tutto l’anno. Poi inizieremo a concentrarci sulle stagionali.
L’obiettivo è diventare non solo birrificio ma addirittura birrificio agricolo, coerentemente con la propria missione di promuovere il territorio e ciò che di buono ha da offrire. Attendiamo di assaggiare queste espressioni liquide del Trentino e nel frattempo facciamo l’in bocca al lupo al Birrificio degli Arimanni!

 

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Matteo Malacaria
Info autore

Matteo Malacaria

La prima birra non si scorda mai e lui non scorderà mai la sua prima Weizen, una Franziskaner del supermercato, luminoso faro nel blando mondo delle birre industriali.

Scrive di birra artigianale dal 2012. Lo fa sul suo blog, Birramoriamoci, dove racconta le sue esperienze e i suoi viaggi nel mondo della birra e del buon cibo, e sulla rivista Movimento Birra. Nel frattempo una moglie flexitariana lo costringe a rivedere le sue abitudini alimentari e lui ne approfitta per sperimentare nuove combinazioni di gusto. Scopre così un mondo parallelo, la cucina, e abbraccia la causa dei sommelier della birra.

Scopri le sue avventure su www.birramoriamoci.it