Numero 35/2022

1 Settembre 2022

Africa, la patria della birra che non ti aspetti

Africa, la patria della birra che non  ti aspetti

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L’Africa è ritenuta il nuovo paradiso dell’industria della birra, considerando che nel continente questa frutta quasi il 50% in più che in altre parti del mondo. Dal periodo coloniale a oggi, infatti, l’Africa non ha mai rinunciato alla birra. Alcune semplici caratteristiche la rendono intoccabile: contiene alcool, disseta, costa poco e lo strato di zucchero che si sedimenta sul fondo (soprattutto nelle birre casalinghe) riempie lo stomaco anche di chi ha ben poco di cui nutrirsi. Non ci si deve stupire, dunque, se nel paniere di molti africani, anche in condizioni di povertà, compare la birra. In particolare nell’Africa subsahariana esiste un vero e proprio culto della birra, considerata da alcuni “schiuma sacra”. In Burundi, per esempio, viene data un po’ di birra ai neonati affinché crescano forti e le madri la bevono assiduamente convinte che faccia bene al latte. In Nigeria, invece, si è persuasi del fatto che la birra difenda dalle malattie e migliori le prestazioni sessuali. Da sempre l’Africa vanta una vasta ed eterogenea produzione di birra casalinga, più torbida e scura rispetto a quella industriale e diffusasi soprattutto quando, durante il periodo coloniale, quella importata dall’Europa era destinata solamente all’élite coloniale, ritenendo più prudente non venderla alla popolazione locale per evitare che la diffusione di alcol creasse disordini. Inutile dire che, una volta stimati i potenziali guadagni derivanti dalle tasse sull’alcool, la birra chiara ed europea divenne una bevanda per tutti.

 

Il business della birra continua a crescere, notevolmente sostenuto da una variabile tipicamente africana: una popolazione in rapido aumento per lo più composta da giovani, principali consumatori di alcool (in Kenya, ad esempio, i ragazzi hanno una marca preferita di birra molto prima di aver raggiunto l’età legale per consumare alcool). Negli anni Cinquanta fu stimato che il 25% degli introiti di un africano venissero indirizzati all’acquisto di birra e negli anni Settanta il Continente rappresentava circa un terzo della produzione totale di birra. Sulla scia di questo successo alcuni Stati hanno richiesto alle multinazionali sul territorio di utilizzare materie prime locali e non importate per la produzione della bevanda, al fine di stimolare il settore dell’agricoltura. L’attenzione ricadde sul sorgo, un cereale africano simile al mais, senza glutine e molto resistente alla siccità. Cominciò allora una sorta di “corsa al sorgo”, per la quale molti agricoltori africani, incantati dal potenziale guadagno, cambiarono le proprie coltivazioni in favore del cereale. In Ruanda, Sierra Leone, Uganda, Mozambico, Burundi e Nigeria le multinazionali hanno stipulato contratti di collaborazione con i piccoli agricoltori locali, aumentando così le loro possibilità di impiego, di guadagno, di istruzione, di ottenere fondi per nuovi investimenti e di vendere un prodotto che, fino a quel momento, nessuno comprava nel mercato locale, noto solamente per essere “il raccolto del povero”. Oggi è Heineken il più grande marchio a livello continentale.

 

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Lorena Ortega
Info autore

Lorena Ortega

Mi chiamo Lorena Carolina Ortega, sono nata a Rosario, in Argentina. Nel 2013 ho deciso trasferirme in Perù, dove sono diventata Beersommlier e giudice BJCP.
Ho lavorato per 5 anni per birrificio Nuevo Mundo nella mansione di Responsabile di eventi, dove ho conquistato alcuni dei miei obiettivi: incentivare gli studenti universitari alla passione per il fenomeno della birra artigianale con tours per il birrificio; riunire la birra e la musica con l’organizzazione di un festival ad edizione bimensile chiamato Rica Chela, sostituire la vendita di birra industriale con la birra artigianale nel festival Selvamonos, un evento musicale con piú di 11°edizioni; iniziare la diffusione di birre artigianali in ristoranti gourmet e collaborare nell’organizzazione del primo franchising di bar di birra artigianale a Lima e nella formazione dei camerieri. Adesso in Italia, da febbraio 2019 vivo nella città Terracina, cercando di portare avanti la mia passione per la birra nel territorio mediterraneo.