Numero 32/2022

14 Agosto 2022

La carenza di Anidride Carbonica mette a rischio il comparto della birra

La carenza di Anidride Carbonica mette a rischio il comparto della birra

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L’anidride carbonica sta finendo. Sembrerà assurdo che uno dei gas più diffusi in natura, possa diventare improvvisamente scarso, determinando il blocco di alcuni comparti alimentari, come quelli delle bevande gassate tra cui la birra. Il processo di carbonatazione artificiale risale al 1767 (si deve all’inglese Jacob Preistley), il primo uso per le bevande è invece del signor Jacob Schweppes, che in Svizzera produsse nel 1783 la prima acqua minerale gassata.
Oggigiorno quando si parla di “produzione” di anidride carbonica si pensa subito alle emissioni nocive, ma in realtà c’è un comparto industriale che la produce e la immagazzina per venderla. Si tratta di grandi aziende (Basf, Air Liquide, Linde, Praxair, Messer, per citarne alcune) che producono appunto gas utilizzati negli impianti industriali e nei laboratori chimici.

 

 

Si sviluppa sempre più anche il sistema di riutilizzo della CO2 emessa in altri processi di lavorazione, così come è tra i settori di ricerca principali quello di una tecnologia capace di catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera. Il problema della sua produzione, tuttavia, sta nel suo prezzo di mercato, troppo basso per invogliare investimenti in stabilimenti dedicati. Così, circa la metà dell’anidride carbonica per usi alimentari in Europa proviene da impianti di fertilizzanti, che la ottengono come sottoprodotto dell’ammoniaca, oppure delle fabbriche di bioetanolo.
Non è la prima volta che l’anidride carbonica per uso alimentare scarseggia, l’ultimo grande allarme del settore delle bevande e della carne è del 2018. Ne sanno qualcosa i Paesi grandi produttori di birra non artigianale, dove occorre per gassarla, mentre in Italia secondo Assobirra le bollicine dipendono prevalentemente dal naturale processo di fermentazione. In ogni caso, anche per il settore craft risulta indispensabile per i processi di spillatura. All’origine dell’attuale carenza di biossido di carbonio ci sarebbe invece la maggiore richiesta del prodotto nel comparto sanitario, dovuta alla pandemia di Covid.
Non resta che attendere gli sviluppi futuri per verificare quanto anche questo problema, oltre all’aumento dei costi energetici e delle materie prime, nonchè la carenza dei cereali possa impattare sul settore brassicolo industriale ed artigianale.

 

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