Numero 14/2022

5 Aprile 2022

Pedalando nel bolognese, fino a BFA: diario di viaggio

Pedalando nel bolognese, fino a BFA: diario di viaggio

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Nel mio viaggio in bici tra Bologna e il Beer&Food attraction di Rimini, la prima tappa è da Hop!nion birrificio agricolo di Imola.

Vengo accolto da Sara che mi racconta la storia del birrificio, i recenti sviluppi legati alla pandemia con relativo riassetto societario e l’investimento nell’impianto di trattamento dell’acqua per osmosi.

Hop!nion è un birrificio agricolo con la particolarità di non coltivare soltanto i cereali ma anche i luppoli (sono partiti da diverse tipologie ma i due cultivar che meglio si sono adattati al territorio sono il Cascade, Nugget e Centennial) e questo gli permette di produrre una birra con luppoli freschi entro 48 ore dalla raccolta che usano per la Fresh Hops da 3,8% gradi, la loro saison che viene prodotta da agosto a settembre (il periodo di raccolta del luppolo). La birra è molto beverina ma non merita di essere bevuta tutta d’un fiato perché ambientandosi tende ad aprirsi e se di primo acchito al naso la parte erbacea del luppolo è preponderante, vengono poi fuori le note classiche speziate delle saison. In bocca è piacevole con una giusta dolcezza e una carbonazione non eccessiva con una chiusura amara che invita ad un’altro e un’altro sorso.

La seconda birra che mi coincedo è la Dago la IPA da 5% un pò fuori dalla moda attuale di fare prodotti estremamente profumate con un buon equilibrio tra agrumi e frutta a polpa gialla. La bevuta è molto fresca ed estiva con un amaro non aggressivo ma lungo e piacevole.

 

 

Rimini è un centro importante per la birra ci sono diversi produttori artigianali (Noiz, Beha, Birra riminese), brewpub (1843), distributori (Cantina della birra, Abeervinum) ma arrivo tardi in città e decido di visitare 1843 il brewpub.

Capito in una serata particolare in cui c’e uno spettacolo di burlesque con locale strapieno per cui la mia speranza di fermarmi al bancone per fare due chiacchiere con il personale è pura utopia, il caso (o meglio il tutto esaurito) mi porta a sedermi in un tavolo davanti alla sala di produzione in cui il birraio sta preparando gli impianti per la cotta del giorno dopo.

Lo guardo lavorare e attacco la American Poli Ale la loro “APA” da 5,3% fatta con luppoli Cascade dell’azienda riminese Poli Hops. Nel bicchiere si presenta con un bel colore ambrato dal quale si intuisce l’uso di malti caramel, il naso è agrumato che richiama al pompelmo mentre in bocca ha un amaro deciso ma non aggressivo che viene bilanciata dalla nota maltata.

La serata procede piacevolmente chiacchierando con un gruppo di indigeni (che ricontrerò il giorno seguente in più tranche) con la AAIPA (Amarillo American Indian Pale Ale) che si distingue dalla precedente per un colore giallo carico con riflessi dorati. Al naso è una birra  luppolo centrica con l’agrumato a farla da padrone seguito da sentori di resine, in bocca e decisamente amara ma non graffiante resa più morbida al palato dall’avena.

Riesco a scambiare due parole con il birraio in un momento di pausa, la situazione Covid e le difficoltà incontrate sono ancora una volta al centro del discorso, la loro produzione è nata per essere consumata interamente al pub ma viste le continue e ripetute chiusure hanno iniziato ad imbottigliare per poter vendere anche in tempi di lockdown. Vedo i gorgogliatori sobbollire e visto che ha in maturatore la APA gli chiedo di provarne un pò .E’ difficile trovare  la birra che ho bevuto prima, questa è a circa ad un terzo del suo percorso di maturazione e all’opposto di prima è la parte dei cereali ad avere la meglio al naso (manca ancora la luppolatura in dry hopping), mentre il gusto è un qualcosa di indefinibile con una carbonatura molto presente e quasi pungente.

 

 

E’ ora di rientrare ed essere in forza per il Beer&food attraction.

Domenica arrivo alla fiera poco dopo l’apertura e mi lancio subito sulla parte delle birre artigianali, che è divisa in area per i produttori di birra e la parte per consumatori\venditori di birra.

I birrifici artigianali sono circa una 40ina con una distribuzione territoriale che punta al centro sud. Scegliere cosa bere e da chi è davvero difficile e mi concentro su birrifici che non ho avuto il piacere di incontrare prima.

Comincio con il birrificio artigianale agricolo LOZ di Conegliano perchè saranno meta del mio prossimo viaggio estivo dei quali apprezzo il progetto, concentrarsi sui prodotti base per migliorare e garantire la qualità e giocare poi con le drop out facendone continuo spunto di apprendimento le mie preferite sono la Cima (medaglia d’argento a Birra dell’anno 2020) lager da 4,8% che ha quel tocco italiano (e nel loro caso locale per via dell’orzo di loro produzione) pur rimanendo nella tradizione il cereale è il protagonista ma con un amaro deciso; l’altra è la loro dry stout da 4,8%, un prodotto che i birrifici artigianali ultimamente non hanno molto nelle loro corde puntando a prodotti più nerdy come Imperial o Pastry. La birra sprigiona sentori di  caffè e cacao, in bocca è morbida con un corpo esile che invita a continuare a bere.

Da Impavida la mia preferita sarà la Wheat or Wheatout you collaboration beer fatta con Ofelia, una birra come piace a me, che non stanca mai e da berne a secchi. Lo spettro dei sentori al naso è molto ampio si va da una prima parte agrumata seguita poi da uno speziato, in bocca dopo l’attacco dolce tornano le note speziate e il pungente del pepe è ben accompagnato dalla  forte carbonazione. Peccato non ne faranno più!

Vengo poi invitato ad andare da Birra del Salento  per provare le birre analcoliche e nonostante lo scetticismo che sono convinto avrebbe preso i più mi sono lasciato convincere.

Ho provato la Fripa la Session Ipa senza alcool e sono rimasto positivamente stupito. Al naso è un’esplosione di luppoli americani con un agrumato davvero forte. In bocca si svela un pò l’arcano dell’assenza di alcool, al palato infatti manca qualcosa, quella sensazione di avvolgenza, la “resistenza” che fa sulla lingua quando deglutisci; il sapore è piacevole decisamente secca  con un corpo esile ma un amaro abbastanza lungo.

Dal mio punto di vista esperimento riuscito, personalmente non la berrei ma la trovo un’alternativa interessante per chi cerca un drink alternativo analcolico.

Per rilassare un pò il palato e le gambe mi siedo e segue la presentazione di Lorenzo Dabove “Kuaska” sulle birre acide che mi riporta al mio viaggio in bici nelle terre che lui sta raccontando, l’avessi conosciuto prima avrei potuto approfittare delle sue infinite conoscenze per organizzare il viaggio che ha avuto come ultima tappa la visita alla sua seconda famiglia Cantillon.

 

Il pomeriggio passa veloce tra diversi assaggi, passando davanti a Renton non può non cadermi l’occhio sul loro re-branding e le lattine in particolare sulla Jimmy Page che ora ha come protagonista una Saltafoss. Conosco abbastanza bene i loro prodotti ma mi manca la Lola session da 5.5% prodotta con salvia fresca in infusione. Trovo che sia stata brassata proprio bene perchè la salvia può facilmente imporsi sugli altri aromi e dare un amaro sgradevole qua invece è molto fresca e apporta una balsamicità che la rende perfetta per l’estate.

In cerca di qualcosa di diverso mi fermo da Luppolajo perché la loro Smocking ganja in a police station it’s not a brillant Idea non può non attrarre con quella grafica da street artist.. Se siete amanti delle rauch che richiamano lo speck questa birra non fa per voi. L’affumicatura fatta con legno di quercia e non di faggio cambiano completamente i sapori ed i profumi che si legano perfettamente all’erbaceo dato dalle cime di canapa messe in infusione a freddo. Non stanca, non stufa e non ha quella “pesantezza” tipica di alcune birre affumicate.

Mi concedo un’altra pausa in occasione di una lezione di Kuaska sulla storia della birra artigianale italiana e lì apprendo della collaborazione tra due “grandi vecchi” marchi che hanno fatto la storia del movimento italiano, l’incontro tra la Grigna del birrificio lariano e la TipoPils del birrificio italiano che fortunatamente ha il suo stand alle nostre spalle per cui appena finito mi fiondo a provarla.

La TipoGrigna prodotta con luppoli borgognoni Petit Blanc non delude, è la italian style pils fatta e finita decisamente profumata e fresca due pezzi di storia in un unico bicchiere, quale modo migliore di concludere questa visita con un ritorno alle origini?

 

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Fabio Marrale
Info autore

Fabio Marrale

Modenese di nascita ma milanese di adozione.
Lavoro nella ristorazione da quando avevo 14 anni, diplomato alla scuola alberghiera con successivi corsi di approfondimento come tecnologo alimentare.
Appassionato di birra e di bicicletta faccio il possibile per far incontrare i due mondi visitando birrifici, fiere ed eventi brassicoli pedalando. Quando ho un pò più tempo organizzo viaggi in bici studiando le tappe in base ai miei personalissimi punti di interesse birrai.