Numero 06/2019

4 Febbraio 2019

Dois Corvos hanno spiccato il volo

Dois Corvos hanno spiccato il volo

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LEGGI L’INTERVISTA ORIGINALE IN LINGUA INGLESE!

Il Portogallo è un paese con una grande storia, ma anche un passato recente doloroso.

Un luogo dove i fiori hanno avuto la meglio sui fucili.

Un mix di umiltà, civiltà e volontà di crescere.

Quando il popolo portoghese si ritrovò ad un passo dal baratro economico non si è mise a calcolare quanto fosse profondo, ma quanti passi in avanti dovevano essere fatti per non caderci dentro.

Oggi è diventato uno dei paesi più affascinanti da visitare e credo che Lisbona sia la ciliegina sulla torta.

Forse anche Scott e Susana la pensano come me ed è per questo motivo che hanno scelto di aprire il loro birrificio nella capitale.

Quasi tutti quelli che diventano birrai sono partiti dai fornelli di casa mescolando strani intrugli in una pentola con la speranza di poter veder nascere una birra strepitosa e sognare di aver trovato la ricetta perfetta.
Un sogno che per alcuni diventa realtà, ma ben più difficile di quanto si pensi.
Non serve fortuna, ma tanto lavoro che deve sposarsi a competenze, passione, voglia di migliorare e una buona dose di caparbietà, dedizione e audacia.
A Scott e Susana non manca nulla di questo anzi ne hanno da vendere; come i conquistadores hanno incominciato la loro avventura da alcuni anni e ora scopriamo la loro storia…

 

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Scott Steffens e Susana Cascais raccontateci un po’ del vostro passato…
Quando fu presa la decisione di iniziare a fare birra e cosa significa per voi?
[Scott:]

Ho iniziato a bere birra negli anni ’90. Sono cresciuto in una zona degli Stati Uniti dove il “binge drinking” era comune, ma mi interessava molto di più la qualità della birra che stavo bevendo piuttosto che della quantità. Erano gli inizi e c’erano marchi come Pete’s Wicked Ale, Sierra Nevada, Sam Adams e alcune importazioni come Samuel Smiths.
Nel corso degli anni, mi sono sempre più avvicinato al mondo della birra, visitando i birrifici e cercando di carpire tutto quello che poteva farmi crescere. A quei tempi a pochi importava della birra artigianale e non ci si sforzava di creare nuove birre.
Ero vicino alla scena della birra a Seattle, ma non ci ho mai lavorato professionalmente.

Quando Susana venne nel 2002 si innamorò della birra artigianale perchè era una parte importante della cultura locale. Quando tornammo in Portogallo nel 2012, portammo con noi le nostre attrezzature per la produzione di birra casalinga perché sapevamo che a Lisbona la birra artigianale era inesistente e ci sarebbe mancata. A Lisbona non c’erano free house in quel momento.
Abbiamo iniziato a produrre birra all’inizio del 2013 per noi e per gli amici.
Alla fine di quell’anno, abbiamo fondato la nostra società e iniziato a fare progetti, trovare uno spazio e acquistare attrezzature.
Abbiamo prodotto la nostra prima birra nel 2015 e aperto la nostra tap room.

 

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Perchè avete chiamato il vostro birrificio “Dois Corvos”?

Dois Corvos (“Due corvi”) è un riferimento a Lisbona, la città che amiamo, la nostra casa.
Lo stemma di Lisbona è rappresentato da una caravella con due corvi. La leggenda narra che quando le reliquie di San Vincenzo di Saragozza (São Vicente) furono trasferite dall’Algarve a Lisbona, due corvi le scortarono e protessero per tutto il viaggio.

 

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Negli ultimi due anni avete avuto tanti riconoscimenti, ma che difficoltà avete incontrato all’inizio e qual è stata la vostra prima soddisfazione?

Quando iniziammo il nostro viaggio non c’erano birrifici a Lisbona ai quali potessimo chiedere consigli anche su certi aspetti burocratici. Abbiamo incontrato molte difficoltà. Non eravamo sicuri se proseguire e ci siamo chiesti più volte se il nostro investimento sarebbe stato una perdita totale.

La burocrazia è stata una grande sfida.
Era piuttosto scoraggiante scoprire che molte persone in vari uffici pubblici non credevano nei nostri progetti. È importante sottolineare che ne abbiamo incontrate anche altre che ci sono state di grande aiuto e hanno reso possibile l’apertura del birrificio.
Ovviamente abbiamo perseverato e vinto quella battaglia.
Solo dopo abbiamo scoperto che non eravamo il primo birrificio a Lisbona.
L’Oitava Colina aveva aperto pochi mesi prima, ma dal momento che non ci conoscevamo non ci siamo potuti aiutare.

Forse la cosa migliore invece è stata la nostra prima festa di anniversario.
Ci aspettavamo una serata tranquilla nella Tap Room, ma con grande sorpresa le strade vicine erano così affollate che le macchine non potevano passare.
La gente si avvicinava e mi diceva che quello che avevamo fatto aveva cambiato le loro vite.

È stato un momento estremamente emozionante e carico di orgoglio.

 

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Come si sta evolvendo il mercato della birra artigianale portoghese?

Si sta evolvendo a un ritmo veloce.
È difficile fare paragoni con gli Stati Uniti perché ci sono molte differenze, sia nella cultura, nelle leggi, nelle dimensioni dei birrifici e nella storia.
Negli States la birra artigianale una volta viveva di due stili classici Pale Ale e Amber.
Per anni a nessuno era venuto in mente di fare un IPA.
Qui la storia è molto diversa perchè le persone amano gli stili più estremi.
C’è più spazio per la sperimentazione e il mercato è più dinamico.

 

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Da una parte Sagres e Super Bock, dall’altra Dois Corvos, Musa, Oitava Colina, Letra (per fare qualche nome) … una guerra quanto difficile?

Tra noi birrifici artigianali portoghesi ci sono buoni rapporti: facciamo eventi e collaborazioni con Musa, Letra, Oitava Colina e tanti altri.
Sagres e Super Bock invece sono in guerra tra loro da tanto tempo, non hanno nulla in comune se non il livello di vendite e il desiderio di annientarsi completamente l’un l’altro.
Per loro è importante solo l’”interesse degli azionisti”.
Ultimamente noi dei birrifici artigianali siamo sotto un fuoco incrociato, il che è un peccato perché rappresentiamo solo l’1% delle vendite di birra portoghesi. Non può esserci una sana comunità birraria quando desideri la distruzione degli altri.

Per decenni in Portogallo i grandi birrifici erano completamente concentrati sul produrre e servire una birra economica e sempre disponibile, era considerata una merce, un prodotto di poca importanza; ancora oggi in molte citazioni viene catalogata in questo modo.
Il nascere della birra artigianale le ha dato un valore.

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Il mondo craft in Portogallo è in crescita.
Ci sono già stati tentativi di acquisizioni da parte delle grandi aziende?

Ci sono state alcune piccole acquisizioni, ma non da parte di grandi compagnie.
È ancora presto e i birrifici artigianali sono molto piccoli. Vedremo come andrà a finire nei prossimi anni.

 

Ci fate l’identikit del consumatore di birra portoghese?

Come per qualsiasi prodotto c’è un consumatore legato al livello di conoscenza e curiosità.
Ci sono gli appassionati di birra che non si perdono nemmeno un evento e vogliono provare di tutto come ero io una volta.
Poi ci sono persone che la bevono solo quando la comprano al negozio o la ordinano al ristorante.
I portoghesi sono molto più interessati alla gastronomia.
La prima volta che una persona prova una birra artigianale, pensa subito a quale cibo poterla abbinare.
Questo è anni luce avanti alla cultura della birra negli Stati Uniti, dove la maggior parte della gente pensa alla birra come solo qualcosa da bere.

 

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Il cugino della birra è e sarà sempre il vino.
In Portogallo c’è una tradizione importante alla quale si aggiunge anche quella del Porto.
Questo mondo però può stimolare la sperimentazione e recentemente ho assaggiato una vostra birra passata in botti di vino rosso… una nuova strada che avete intrapreso?
Queste botti “benedette” quanto valore hanno?

Ho sempre avuto una passione per la birra invecchiata in botte.
La prima volta misi una birra in un barile di aguardente portoghese (brandy).
Oggi abbiamo circa 150 barili nella nostra cantina.
Per ora passiamo in botte delle stout, i
mperial stout, saison, barley wine…

Faremo presto sperimentazioni di fermentazioni miste con la frutta.

Le botti che abbiamo provengono principalmente dal Portogallo.
Ne abbiamo di vino rosso, vino bianco, brandy, Porto, Moscatel e Abafado (due vini fortificati simili al Porto ma con un sapore predominante di nocciola e caramello), bourbon, whisky scozzese, Arinto (un vino bianco molto mineralinico).
Stiamo sperimentando anche una birra fermentata in alcuni barili di “vendemmia tardiva” che contenevano botrite, una “muffa nobile”.
È un mondo fantastico ed effettivamente un pò “mistico”.

 

Quella birra che ti dicevo prima ho avuto l’occasione di berla in Italia al Festival Acido Acida grazie al lungimirante Davide Franchini e Kosmo un distributore di Perugia… esportate le vostre birre in quali paesi, ma sopratutto in quale avete più successo?

Stimiamo Gigi di Kosmo e siamo felici per aver avuto l’opportunità di mettere in tap list le nostre birre in tanti locali italiani. Francia e Italia sono i nostri più grandi mercati, Spagna e Paesi Bassi sono in crescita.

Purtroppo in passato abbiamo avuto problemi nel rifornire l’estero perchè preferiamo distribuire più birra possibile in Portogallo.
Stiamo costruendo un nuovo birrificio e aggiungendo più fermentatori in modo tale da permetterci in futuro di esportare un po ‘di più.

 

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Torniamo alla Birra Artigianale… la selezione dei prodotti è importante, qual è la vostra filosofia in proposito?

Mi piace provare tutto, quindi il nostro birrificio è un riflesso di ciò che sono.
Abbiamo una vasta gamma di birre, ce ne sono per tutti I gusti per venire incontro a molteplici esigenze.
Facili da bere, classiche, stagionali, complesse, collaborazioni “one shot” e sperimentali.
Per fortuna siamo mentalmente liberi da schemi che limiterebbero la nostra creatività.

Io e tutti i ragazzi del mio team siamo molto uniti. Decidiamo insieme quali birre produrre, con quali ingredienti e lascio molta libertà di manovra nel creare, provare ricette e nuove produzioni.
Inoltre non trovi molti birrifici delle nostre piccole dimensioni che hanno fatto un investimento così cospicuo in botti di rovere. Spero che questo ci ripaghi.

 

Professione mastrobirraio, cosa significa per voi creare una birra?

Il ciclo di produzione della birra è molto lungo, dal momento in cui si prepara una birra fino al momento del confezionamento.
C’è il lato creativo, ma anche il lato gestionale.
Il primo è quello romantico mentre il secondo è quello sconosciuto ai molti e il più duro.
Gestire il controllo qualità, il laboratorio, la birreria e cantina, assicurarsi di preparare le birre giuste al momento giusto per I fornitori, eseguire i test, gestire il personale di produzione mettend, tutto ottimizzando un budget.
In un birrificio I vantaggi e le risorse non sono tante e i margini non altissimi. Spesso l’opposto di quello che si crede e bisogna fare investimenti saggiamente.
Ho la fortuna di avere un team eccellente in grado di fare tutto perfettamente.

 

Quali sono gli aspetti positivi e negativi del vostro lavoro?

Amo la nostra squadra e cerco di far sì che tutti possano sentirsi importanti.
A volte mi piace rimanere in disparte in qualche modo.
Sono convinto che bisogna lavorare con e per la “comunità” locale della birra e sono orgoglioso di ciò che abbiamo realizzato fino ad ora.
La parte peggiore del lavoro è lo stress, quando nascono i dubbi di come sta andando il birrificio, quando si rompono le attrezzature essenziali, se abbiamo fatto la giusta scelta di investimenti… alla fine però non posso immaginare di fare altro.

Una domanda che non faccio da tempo… che significato ha per voi la parola Birra?

La birra è una bevanda “social”, riunisce amici e aiuta a farne di nuovi..
Se dici “Birra”, l’immagine che mi viene in mente è di persone sedute attorno a un tavolo, amici che parlano e si godono quello che stanno bevendo.

 

La birra preferita della vostra produzione?

Non ho una birra preferita, ma una che mi ha emozionato è stata una birra fatta in botti di Abafado chiamata Babilónia, un barleywine ricco addolcito dal sapore caramellato di quel vino; è stato incredibile. Tra poco produrremo una birra in alcuni barili speciali per il nostro quarto anniversario, quindi manterrò il segreto.

 

Il Portogallo è una terra con prodotti gastronomici interessanti.
Sceglietene uno specifico e abbinate una vostra birra.

Sardine e Três Santos, una session che realizziamo all’inizio di giugno per le feste popolari di Lisbona.

 

Quanto e cosa si sta facendo in Portogallo per diffondere la cultura birraria?

Ci sono persone che si stanno impegnando ad organizzare festival della birra.
Altre che invece la promuovono e valorizzano questo mondo.
Ovviamente non ci sono molti soldi per la pubblicità della birra artigianale, quindi è tutto diffuso attraverso il passaparola e i social media.
La birra artigianale è qualcosa che i clienti apprezzano e richiedono, che è l’unica ragione per cui cresce ad un ritmo così veloce.

 

La grafica delle etichette delle vostre birre non passa inosservata… ce la volete raccontare?

Abbiamo avuto la fortuna di trovare designer e illustratori locali molto bravi con cui lavorare.
Riguardo al design delle nostre etichette siamo “microgestiti”.

 

Chi è il CR7 del mondo birrario?

Potrebbe non essere la migliore analogia, perché i birrai di solito non vanno in giro proclamandosi “The Goat”, “il più grande di tutti i tempi”. C’è più umiltà nella comunità della birra artigianale e meno desiderio di conquistare fama.

 

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Esiste un paese o luogo che potreste definire il “Nirvana della Birra”?

Adoro Seattle e il nord-ovest del Pacifico. Certo mi è familiare e la birra artigianale è onnipresente. Questa regione va oltre la semplice esibizione del luppolo Yakima, Nascono ovunque fantastici esperimenti, questo è quello che succede ad essere la principale regione mondiale di coltivazione del luppolo.

 

Progetti futuri?

Tonnellate! Al momento stiamo finendo la costruzione del nostro nuovo spazio, a circa 2 km dal birrificio esistente. Sposteremo lì la maggior parte della produzione.
Abbiamo in progetto di organizzare tanti eventi speciali.
La Tap Room diventerà la nostra public house.
Nell’impianto originale produrremo sour e altri piccoli progetti di nicchia.

Daremo più spazio alla cucina e speriamo di aumentare le nostre proposte gastronomiche.

 

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Penso che in questo momento il movimento birrario portoghese stia vivendo una “Revolução de Cerveja” e spero che Vasco da Gama gli indichi la strada da percorrere.
Mi piace concludere con uno slogan quasi da agenzia viaggi:
“Se ami le spiagge incontaminate, l’arte, il buon vino, non ti dispiace avere sempre il vento in faccia, è giunto il momento di visitare il Portogallo, ma ricordati che puoi gustare anche dell’ottima birra artigianale grazie a persone come Scott e Susana.”

Quello che distingue le persone le une dalle altre è la forza di farcela, o di lasciare che sia il destino a farla a noi.
(Fernando Pessoa – Il libro dell’inquietudine)

Boa Sorte Dois Corvos

 

Un Grande Grazie a Sara Bambi, Sara Piciucchi e Lina Zadorojneac per la collaborazione nella realizzazione dell’intervista.

 

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.