Numero 05/2021

1 Febbraio 2021

Erika Goffi: la birra come strumento per fare cultura

Erika Goffi: la birra come strumento per fare cultura

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Una donna che diffonde la cultura birraria in Franciacorta? Si, ne abbiamo! Oggi vi invito a conoscerla: è lei, Erika Goffi, una donna della birra, che vive la birra in tutti i momenti della sua vita.

I suoi lunghi viaggi in Belgio e Germania, l’esperienza accumulata negli anni, l’instancabile curiosità e la voglia di fare la spingono ogni volta a creare nuove sinergie nella sua terra natia. Per Erika la parola chiave è creatività ed è così che la birra diventa nelle sue mani uno strumento importante per fare cultura.

Tramite i suoi articoli, corsi ed eventi Erika ci insegna a vedere ogni realtà birraria con occhi nuovi e per questo vi suggeriamo di non perderla di vista.

 

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Erika, raccontaci la tua storia: qual è la tua professione e come sei arrivata ad occuparti di birra nel tuo percorso professionale? 

Mi chiamo Erika Goffi e vengo dalla provincia di Brescia, esattamente dalla Franciacorta. È una precisazione che ci tengo a fare perché la mia Terra natia gioca un ruolo fondamentale nel mio rapporto con la birra. Sono operatrice turistica di professione: le mie primissime grandi passioni sono infatti il turismo (a tutto tondo, inteso come viaggiare, ma anche “accogliere” e vivere culture diverse dalla mia) e le lingue straniere. È stato certamente un buon mix di queste due passioni (ed una buona dose di curiosità), che mi ha permesso di “incontrare” la Birra nel 2010: parlo volutamente di Birra con la B maiuscola, perché prima di allora bevevo quella robaccia industriale che purtroppo tutti abbiamo incontrato prima o poi sul nostro percorso! Dopo l’assaggio del primo prodotto artigianale, ho capito che esisteva un mondo birrario più interessante di quello a cui ero solita rivolgermi e ho deciso di approfondire l’argomento attraverso corsi di degustazione organizzati dal MOBI in primis, e da altre associazioni birrarie nazionali. Ho cercato in tanti modi di chiedere aiuto e supporto ad esperti in ambito birrario nel nostro Paese, per cercare di continuare a crescere in maniera professionale. Onestamente non ho trovato quel che cercavo e forse, ai tempi, nemmeno tanta voglia di aprirsi alla collaborazione con una donna interessata alla birra. Così, come spesso faccio, ho deciso di fare di testa mia: avevo un lavoro che iniziava a pesarmi, la vita in un paese di provincia mi stava sempre più stretta e l’unica soluzione che vedevo davanti a me, era mollare tutto e dedicarmi veramente a ciò che mi faceva stare bene. Così nell’ agosto 2013 ho acquistato il mio open ticket verso Bruxelles con l’intento di andare a conoscere e vivere in prima persona quello che da molti era definito il “Paradiso della birra”. Un viaggio che è durato quasi due anni, durante il quale ho conosciuto diversi addetti del settore birrai, publicans, giornalisti, bloggers e tanti birrofili in giro per gli innumerevoli eventi birrari di cui il Belgio vive (va) buona parte dell’anno. Un’esperienza che mi ha arricchito parecchio, non soltanto in ambito birrario, ma anche dal punto di vista personale: un Paese che mi ha messo alla prova, con una diversità culturale e ricchezza linguistica senza eguali. L’insegnamento più grande che ho colto da questo prolungato soggiorno, è stato imparare a vedere le situazioni con occhi nuovi e pormi nei confronti di esse in maniera diversa: sono riuscita a rimettere a fuoco quell’obiettivo che in Italia era diventato ormai indecifrabile a furia di starci dentro. Per motivi indipendenti dalla birra, mi sono trovata a vivere in Germania: un’altra grande opportunità per arricchire quel bagaglio che prendeva sempre più peso. Dopo qualche mese ho deciso di far rientro in patria, con bel carico di nuove conoscenze e la consapevolezza che in Italia abbiamo molte realtà birrarie che non hanno nulla da invidiare al Belgio o alla Germania, capendo però che c’era molto da lavorare sulla diffusione di una buona cultura legata alla birra. Ho deciso quindi di mettermi in gioco e ripartire, nel mio piccolo, con una grande sfida: parlare di Birra “a casa mia”, in Franciacorta, territorio altamente vocato alla viticoltura, dove si produce il rinomato omonimo vino. Una sfida doppiamente difficile: una donna che vuole parlare di birra in una Terra dove la maggior parte delle persone non la prende nemmeno in considerazione! Pian piano ho iniziato a collaborare con bar, ristoranti ed associazioni locali, proponendo serate a tema e degustazioni guidate. Dopo un paio di anni ho iniziato a collaborare con “Il Tempo Ritrovato” in qualità di docente di corsi birrari e con MOBI, scrivendo pezzi di cultura birraria. Sono stata inoltre fra le prime (se non ricordo male sono stata la socia n.7!) ad aver accettato con grande entusiasmo di entrare a far parte de Le Donne della Birra, pochissimo dopo la fondazione dell’Associazione.

Quali sono i progetti di cui ti occupi ad oggi che hanno la birra come protagonista?  

Allo stato attuale sono ufficialmente una “mamma (quasi) full time” e negli scampoli di tempo che il piccolo Nicolò mi lascia, continuo a studiare e formarmi, organizzo e tengo corsi di cultura birraria, per ora solo in modalità di formazione a distanza. Come molti, avevo diversi nuovi progetti e collaborazioni per il 2020 che, per forza di cose ho dovuto accantonare.  In realtà, dopo un primo, comprensibile, periodo di smarrimento, non mi sono persa d’animo e ho cercato di accogliere positivamente il cambiamento che repentinamente ci siamo trovati a vivere. Sono inoltre impegnata nel campo dell’editoria: scrivo per il magazine Birra Nostra, collaborazione nata grazie a MOBI e da qualche mese sono entrata a far parte di un nuovo progetto “100% made in Brescia”: il blog “Il Quinto Quarto e dintorni”.

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Per poter attirare il pubblico quando racconti una birra, un birrificio oppure il lavoro di un birraio quali sono gli aspetti che cerchi di evidenziare?  

L’aspetto a cui tengo maggiormente, e che amo sempre sottolineare, è che dietro ad una birra c’è sempre il lavoro di più persone: chi la produce, chi la serve/vende, chi ne parla e fa promozione. Quando parlo di una birra, mi piace sempre menzionare il birrificio, la sua storia e le persone che lo compongono. Spesso utilizzo supporti video nelle mie serate e lezioni, per trasmettere meglio la filosofia di una realtà birraria, aggiungendo aneddoti personali, eventualmente legati al birrificio o alla birra in questione.

 

È molto difficile fare un’analisi oggettiva della situazione attuale, ma tu che sei a contatto con diversi operatori del settore come vedi la situazione del fenomeno craft beer in questo periodo di crisi?  

Nel mio piccolo, considerando che non ricopro una posizione tale da poter parlare di studi o dati statistici, posso basarmi su quel che vedo nella realtà bresciana. Ho avuto modo di sentire diversi birrai in questo ultimo periodo: in molti di essi lo sconforto era davvero tangibile. Ho visto invece, e credo sia davvero il modo migliore per approcciarsi a questa crisi, la volontà di realtà un po’ più grandi che hanno sfruttato il momento per cambiare il proprio modo di vivere la birra, educando anche il consumatore ad un nuovo approccio: nuovi modi di fare cultura birraria, nuovi canali di vendita, nuove idee di somministrazione. Creatività credo sia la parola chiave e l’arma da sfoggiare in queste occasioni: forse non servirà a sconfiggere la crisi, ma certamente potrà essere un modo per rendere la situazione meno pesante da vivere, offrendo comunque la possibilità di continuare a lavorare reinventandosi.

 

Ci racconti una birra, un evento, un incontro che ti è rimasto maggiormente impresso e perché?  

Come dicevo prima, sono una persona che tiene molto ai rapporti interpersonali che valgono per me, molto più delle tante bevute fatte. I miei ricordi che vedono la birra protagonista sono infatti sempre legati ad una o più persone con cui ho vissuto l’evento. La mia primissima birra (Punk Ipa di Brewdog), il colpo di fulmine per il mondo delle “craft beers” è legata al mio migliore amico che mi supporta e sostiene nello sviluppo dei miei progetti birrari. In generale conservo un buon ricordo dei molti festival a cui ho partecipato: bellissima l’esperienza vissuta allo stand “Le Donne della Birra” al Beer Attraction nel 2017 ed il contributo che ho potuto dare nella conferenza che aveva come tema centrale il modo di comunicare la birra alle donne. L’evento che senz’altro porto sempre nel cuore è il Tallin Craft Beer Weekend. Una ex fabbrica dismessa (sembrava di essere sul set di un video di industrial music) con diversi display per indicare la taplist aggiornata delle birre disponibili, un sistema di open bar (con pre-check in) per evitare soldi, gettoni ed altri scomodi mezzi di pagamento, birre e birrai da tutto il mondo: uno splendido evento, perfettamente organizzato dai ragazzi di Põhjala Brewery, al quale ho avuto l’onore e la fortuna di essere invitata. A proposito dei miei eventi invece, da qualche anno a questa parte mi sto dedicando alle “contaminazioni” tra il mondo della birra ed altre realtà apparentemente distanti da esso. Nel 2018 avevo ideato una serata legata alle emozioni vissute durante la bevuta di una birra, durante la quale tutti i partecipanti si sono lasciati da me guidare in un’esperienza insolita di mindfulness: una degustazione alla cieca che ha portato tutti ad entrare in pieno contatto con la birra, mettendo in moto tutti i cinque sensi. Un’analoga proposta è stata recentemente realizzata con il prezioso supporto della dott.ssa psicologa psicoterapeuta Simona Volpi: attraverso la birra, abbiamo aiutato i partecipanti a vivere e condividere le emozioni scaturite dalla bevuta di determinati stili birrari da me selezionati. Ho inoltre organizzato un evento con la Presidente dell’Ordine delle Ostetriche bresciane: un’occasione per fornire a neo-mamme e neo-papà, “le istruzioni d’uso” per comprendere e vivere al meglio la delicata fase del post-parto (associando i vari momenti che compongono la gravidanza di una donna, a diversi stili birrari da me selezionati) in un periodo in cui, io ed il mio compagno lo stavamo vivendo in prima persona. In ultimo, assolutamente non in ordine di importanza, ricordo con grande piacere le collaborazioni con Gloria Merlin, insegnante di yoga anahata, con la quale abbiamo fatto delle sessioni di “Yoga in birra”: delle vere e proprie degustazioni da me guidate, durante la pratica dello yoga sotto la guida di Gloria. Un’esperienza profonda che ha unito ancora una volta due mondi così apparentemente distanti e diversi, e mi ha nuovamente aiutato a diffondere il messaggio a cui tengo molto e sul quale voglio continuare a lavorare con nuove e creative iniziative: la birra è un importante strumento per fare cultura.

 

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Lina Zadorojneac
Info autore

Lina Zadorojneac

Nata in Moldavia, mi sono trasferita definitivamente in Italia per amore nel 2008. Nel 2010 e 2012 sono arrivati i miei due figli, le gioie della mia vita: in questi anni ho progressivamente scoperto questo paese, di cui mi sono perdutamente infatuata. Da subito il cibo italiano mi ha conquistato con le sue svariate sfaccettature, ho scoperto e continuo a scoprire ricette e sapori prima totalmente sconosciuti. Questo mi ha portato a cambiare anche il modo di pensare: il cibo non è solo una necessità, ma un piacere da condividere con la mia famiglia e gli amici. Laureata in giurisprudenza, diritto internazionale e amministrazione pubblica, un master in scienze politiche, oggi mi sono di nuovo messa in gioco e sono al secondo e ultimo anno del corso ITS Gastronomo a Torino, corso ricco di materie interessanti e con numerosi incontri con aziende produttrici del territorio e professionisti del settore. Il corso ha come obiettivo la formazione di una nuova figura sul mercato di oggi: il tecnico superiore per il controllo, la valorizzazione e il marketing delle produzioni agrarie e agro-alimentari. Così ho iniziato a scrivere per il Giornale della Birra, occasione stimolante per far crescere la mia professionalità.