Numero 23/2018

7 Giugno 2018

Hopduvel: passione, esperienze e birre artigianale di qualità!

Hopduvel: passione, esperienze e birre artigianale di qualità!

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Esperienza, competenza, un passione sfrenata per le birre e un’offerta di qualità. Sono queste alcune delle peculiarità di Hopduvel, birreria in zona Baggio (via Broggini 4) a Milano – aperta nel mese di gennaio 2017 da tre amici, Simone Ruggiero, Emanuele Robbioni e Cristina Pietra – che punta principalmente su birrifici italiani, senza trascurare birre estere e sidro, abbinati a una proposta ‘food’ che si basa su prodotti locali e di nicchia.

Simone e Emanuele, in esclusiva al Giornale della Birra, raccontano i loro trascorsi , il perché – insieme a Cristina – hanno deciso di aprire la birreria e i progetti in corso, tra cui spicca l’iniziativa LineaGuida con altri sei locali.

 

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Come mai avete deciso di aprire una birreria e perché proprio a Baggio?

Simone: “Siamo in tre: io, Emanuele e Cristina e tutti tre siamo di Baggio, ecco perché abbiamo deciso di aprire qui. Io ho lavorato qualche anno nel settore e negli anni duemila anche alla Ratera, che è stata una delle prime birrerie a Milano e in Italia, poi per varie vicissitudini lavorative io e Emanuele ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di affrontare questa avventura visto che tutti e due siamo grandi amanti della birra. Già agli albori del movimento, nel 2004/2005, andavamo in Belgio in camper nei vari birrifici trappisti. E’ sempre stato un nostro pallino”.

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Come state andando?

Simone: “Abbiamo aperto l’anno scorso; non ci lamentiamo, stiamo crescendo. Soprattutto viene gente nuova e non solo del quartiere, inoltre collaborando con altri pub – come quelli del progetto LineaGuida – abbiamo allargato le conoscenze. Siamo contenti”.

 

In cosa consiste il progetto LineaGuida?

Simone: “Il progetto è nato da un’idea di un distributore, il Birrodromo, che ha cercato di ribaltare il concetto di pub che si sa fare la birra da un birrificio. La sua idea è di unire sei locali di Milano, che coprono più o meno tutta l’area metropolitana, e di incentivare noi il birraio a fare qualcosa che ci interessi. Tutti e sei ci siamo messi d’accordo e il birraio ha eseguito quello che volevamo. E’ venuta fuori una Vienna Lager particolare perché è leggermente più amara rispetto a quelle classiche. E’ comunque un progetto che andrà avanti perché è andato bene e le prossime volte proporremo nuovi stili e nuove birre”.

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La concorrenza a Milano è molto forte. Come cercate di farvi conoscere?

Simone: “In genere cerchiamo sempre di collaborare con altri pub; anche meramente visitandoli. I publican di altri locali inoltre vengono da noi; si crea insomma una rete di appassionati – anche ad esempio tramite Facebook e i social – che vedono che esistiamo e che vengono a Baggio a bere una birra. Si realizza, quindi, una rete di contatti che riesce a farti uscire dal quartiere”.

 

Organizzate anche eventi/degustazioni?

Simone: “Per ora abbiamo fatto due degustazioni, ma in maniera abbastanza anomala nel senso che non facciamo eventi alla vecchia maniera con il birraio che parla e la gente che ascolta. Facciamo una cosa diversa, ossia degustazioni con abbinamenti culinari e la presenza del birraio che poi si approccia al tavolo per scambiare opinioni con i clienti. Abbiamo fatto anche iniziative a scopo benefico con un paio di associazioni a cui abbiamo devoluto noi parte dell’incasso e i clienti che volevano devolvano anche loro una parte dello stesso”.

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Notate una maggiore conoscenza delle birre da parte dei clienti?

Simone: “Si, vediamo sempre di più che il cliente quando torna si ricorda alcune caratteristiche delle birre che ha bevuto e vuole anche sperimentare altro. C’è una certa attenzione e non solo la volontà di sedersi e bere una birra per passare il tempo. C’è curiosità nell’approcciarsi. Ovviamente è anche compito nostro di publican ricordarsi cosa piace a un cliente. Notiamo una maggiore voglia di affidarsi a noi perché il cliente si fida, sa che ci ricordiamo e cerchiamo di venire incontro alle sue esigenze”.

Emanuele: “Noi ce la mettiamo tutta per spiegare la birra a chi capiamo che non ne sa molto o è abituato alle birre industriali. Qua non troverai mai nessuno che nega a qualcuno un assaggio in modo tale che il cliente quando si siede al tavolo è soddisfatto”.

D: Come vedete lo scenario della birra artigianale?

Emanuele: “E’ il mercato che fa la selezione. Rimarranno quelli bravi in termini di birra e anche di marketing, che conta comunque molto. E’ importante promuoversi”.

Simone: “Parlando con clienti che partecipano ai festival molti hanno notato che fino a cinque anni fa la qualità era molto superiore un po’ perché i birrifici affermati non hanno voglia di investire nei festival e un po’ perché quelli emergenti non sempre sono all’altezza di quelli che hanno lasciato il posto. Anche da questo si nota il fatto che il movimento forse si è espanso in maniera incontrollata”.

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Con che birrifici lavorate?

Simone: “Non abbiamo preclusione di regione e nazionalità. In Italia ci siamo affidati fin dall’inizio a Hammer, Bi-du, Orso Verde al Birrificio Lambrate, che sono anche della zona e di facile gestione da parte nostra. Affianco a questi, che facciamo ruotare sempre, ci sono prodotti stranieri particolari; ad esempio la Pils ceca che arriva da noi è un prodotto che riscuote un notevole successo. Anche le Real Inglesi che mettiamo a pompa sono molto apprezzate. Tra l’altro da un mese abbiamo anche il sidro. In bottiglia e lattine nel complesso abbiamo circa 50-60 referenze”.

Emanuele: “Su birre e lattine ci togliamo gli sfizi che non possiamo prenderci con le spine. Ne abbiamo 11; certo è evidente che mancherà sempre qualcosa ma la nostra linea non sarà mai sbilanciata. Siamo abbastanza fortunati perché noi due ci compensiamo, abbiamo gusti completamente diversi. Con le bottiglie quindi andiamo chiudere il cerchio”.

 

A livello food, quali sono le vostre proposte?

Simone: “Abbiamo due linee di prodotti; una di ‘tavola fredda’ dove lavoriamo con prodotti artigianali di qualità di piccoli produttori e di cascine della zona e dall’altro lato abbiamo delle proposte di ‘tavola calda’ con prodotti anche questi confezionati artigianalmente da una società che sviluppa un sistema di cottura a bassa temperatura sotto vuoto che ci permette di utilizzare soprattutto nelle carni dei prodotti con risultati, pur essendo tavola fredda, estremamente interessanti. Poi abbiamo introdotto un bollitore per i wurstel. Cerchiamo di avere delle proposte complete, partiamo dai nachos e i pop-corn per arrivare al piatto più complesso come il filetto di maiale ai frutti rossi”.

 

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