Numero 07/2022

15 Febbraio 2022

Hopportunity: il distillato di birra italiano

Hopportunity: il distillato di birra italiano

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Tante novità e idee hanno trovato sviluppo nel corso della situazione pandemica, anche sotto la spinta della necessità di salvaguardare i prodotti alimentari, tra cui le birre artigianali, dal deperimento. Non tutti i birrai e gli imprenditori del settore hanno saputo cogliere opportunità e sviluppare inventiva in un momento così incerto e difficile, come quello causato dal prolungarsi della pandemia.

Tra coloro che si sono illuminati di buone idee, abbiamo incontrato Graziano Fecchio, titolare della F&G Srl, che da oltre quarant’anni è immerso nel mondo della birra e dei distillati come pochi altri in Italia. In risposta al blocco delle spine si è lanciato nella sfida della distillazione della birra, lanciando sul mercato un nuovo prodotto dal marchio Hopportunity.

 

Ma scopriamo meglio, insieme, l’esperienza di Graziano, grazie all’opportunità di una lunga chiacchierata presso la sede di F&G Srl a Bruino.

 

 

Graziano, la tua azienda è operativa da quasi mezzo secolo nel settore del beverage: quali sono stati i passi fondamentali del vostro progetto e quali sono i prodotti di riferimento su cui operate?

Anche se la nostra azienda ha una storia lunga, fatta di passione e molto impegno, i passi continuano ad essere quotidiani. Nel senso che ogni giorno il mercato può richiedere qualcosa di nuovo o diverso. Bisogna essere solamente pronti a soddisfare la richiesta con prodotti di qualità, con una storia e una ricercatezza che devono poter far dire, senza remore: “La verità è sotto il tappo”.

Questo concetto è facilmente applicabile quando si seleziona una rum in Nicaragua, quando si degustano birre con luppoli freschi in una craftbrewery della West Coast, quando si produce in Italia una linea di toniche e mixers certificati biologici o si sceglie la ricetta più equilibrata per un Navy Gin.

Ovviamente, anche il rapporto costante con i clienti, quindi i publican, i baristi e più in generale gli operatori dell’Horeca è fondamentale per riuscire ad anticipare le nuove esigenze e costruire un percorso di crescita ed attenzione con l’obiettivo di creare sempre la migliore esperienza gustativa ed edonistica per il consumatore.

 

 

Rispetto al contesto birra, avete collaborazioni con molte realtà americane: come è nato questo specifico interesse?

 Negli ultimi vent’anni la conoscenza, la tecnologia e la voglia di “novità” in campo brassicolo hanno avuto un grande boom, sia da parte dei “publican” sia di rimando,  dai clienti finali.

Le birre americane che sporadicamente facevano capolino in Italia, si contrapponevano al classico industriale da tutti conosciuto, tant’è che mediamente l’italiano  ha sempre pensato che negli U.S.A. si producessero e consumassero solo grandi quantitativi di lager, super lager, light beers ecc.

A questo punto serviva cavalcare l’onda ed investire nel trovare birrifici artigianali  non conosciuti, portarli in Italia ma, soprattutto, importarli nella maniera adeguata.

Così, dal 2013, F&G, si impone nel mercato italiano come primo importatore a trasporto refrigerato, controllato e garantito.

Una mole di lavoro che ancora oggi garantiamo a tutti i nostri clienti italiani e collaboratori in alcuni stati europei.

 

E quale il riscontro del consumatore italiano, anche alla luce del movimento craft?

 Beh, che dire, la risposta è stata più che soddisfacente, direi ottima! Certo non è sempre stato semplice e ancora oggi, con il know-how sviluppato da birrai, publican e clienti, non bisogna mai abbassare la guardia alta!

Ad oggi abbiamo importato venti birrifici americani (per l’esattezza 18 americani e 2 canadesi), con un elevato numero di keykeg da 30 litri, lattine e bottiglie; a colpi di container da 40 piedi abbiamo sempre fatto in modo di esaudire le voglie più strane.

Il mondo craft è anche soggetto a mode, a voglia di novità ma anche richiesta di passato e tradizione; il fenomeno craft potrà solo aumentare o stabilizzarsi,  ma mai crollare del tutto.

 

 

Veniamo al progetto Hopportunity: come è nato?

A pub con le serrande abbassate, sono arrivati comunque in azienda dagli Stati Uniti i container di birra artigianale ordinati prima che arrivasse lo “tsunami” del lockdown. Centoventimila litri di ottima birra che sembravano destinati a scomparire così, nel nulla, prima ancora di cimentarsi alle spine e nelle pinte. Ma, appunto, ecco l’idea di realizzare un distillato a tiratura limitata, il cui marchio gioca sull’assonanza inglese del termine luppolo e opportunità – Hopportunity -. Per dare esclusività al prodotto, ho immaginato una linea ottenuta da single cask selezionati tra alcune delle più prestigiose distillerie scozzesi: Caol Ila, uno dei gioielli di Islay, Deanston, dal cuore delle Highlands, Ardmore e Linkwood dal quel territorio vocato che è lo Speyside. Sono quarantasette le botti che si sono prestate a ospitare per circa un anno le birre che sono state distillate per ben tre volte, seguendo la tradizione irlandese, arrivando a un grado di 59,9% vol. prima di incontrare i nobili legni.

Le prime tre release sono una Hopportunity maturata in barili di Linkwood, mentre per le altre due si è pensato di ricorrere a una birra ben precisa ovvero la Black Mamba OatmealStout di Aviator Brewing Company, birrificio che ha aperto i battenti nel 2008 in North Carolina. Birra da 6,5% vol che si presta decisamente bene per struttura e aromi, la morbidezza dell’avena impiegata e le note tostate di caffè e più dolci di cioccolato, a una permanenza a contatto con le botti che hanno affinato le note torbate del Caol Ila. Di Hopportunity Black Mamba ne esistono due versioni: una, full proof a 58,9% vol, l’altra portata a 40% vol. Entrambe però, così come la Linkwood, escono da cask singolo e pertanto non superano le 400 bottiglie nel caso del grado pieno o le 600 se a 40% vol. Tutte bottiglie da mezzo litro, già pronte sul mercato ma che sul mercato resteranno poco considerate le richieste arrivate da tutta Italia e pure dall’estero.

 

 

 

Alla luce del grande successo, il fenomeno Hopportunity avrà futuro nei tuoi progetti oltre alla situazione contingente?

 Da un lato, ovviamente, qualsiasi tipo di scongiuro è ben accetto se serve ad evitare che scada nuovamente un quantitativo tale di birra.

Il danno è stato comunque elevato e quasi incalcolabile, nonostante ci abbia permesso di creare un ottimo prodotto, pensato, ragionato e prodotto con qualità altissima in ogni passaggio (dalla tripla distillazione fino all’affinamento in botti di whisky pregiati, come Caol Ila, della collezione privata di F&G).

Non possiamo sapere al 100% quanto buio o luminoso sarà il futuro ma, almeno, sappiamo che abbiamo tra le mani un’ottima fiaccola!

 

 

Infine, non ancora superata la fase di incertezza legata al Covid, come pensi si evolverà il settore della birra craft e del mondo della birra in Italia?

 Stiamo passando, penso, uno dei periodi più bui della nostra economia globale e, come ogni settore, anche il nostro del “bere bene” ha ricevuto colpi devastanti. Ogni persona, si è trovato a fare i conti con quello che rimaneva nel portafoglio.

Chi è riuscito a sopravvivere, superare i momenti difficili e continuare a stare in piedi, si è visto svuotare i propri risparmi e anche le proprie attività; è tutta una catena: i locali sono vuoti o semi-vuoti, il publican non compra birra dal grossista, il grossista non investe più troppo negli acquisti, i birrifici si trovano in ginocchio e se per caso “sei piccolo” vedi un tracollo.

Non sarà facile ma voglio essere fiducioso, come lo sono sempre stato in questo mezzo secolo. Le craftbeers non finiranno, verranno magari ostacolate dalle birre industriali a basso costo, ma la verità sarà sempre sotto al tappo.

 

 

Maggiori informazioni: www.fg-srl.eu

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!