Numero 34/2017

25 Agosto 2017

I fratelli Plotegher, mastri birrai del Trentino Alto Adige

I fratelli Plotegher, mastri birrai del Trentino Alto Adige

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Ai piedi di Castel Beseno, il più grande maniero del Trentino Alto Adige, sorge un birrificio che affonda le sue radici nella storia, proprio come la fortezza sovrastantema, in questo caso, a cavallo fra antiche tradizioni brassicole scandinavo-cimbre e mitologia vichinga: è il Birrificio Plotegher degli omonimi fratelli Matteo e Stefano.

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E’ sempre affascinante conoscere le storie che si nascondono dietro ai birrai; nel caso del Birrificio Plotegher, però, la passione personale per la birra va a braccetto con quella per la storianorrena. Raccontateci un po’ di questa abbinata…

 

La nostra storia birraria nasce fra le mura domestiche come homebrewers; complice qualche anno d’età in più, iniziai io (ndr: Matteo) ad appassionarmi e a sperimentare per primo piccole produzioni, ma Stefano manifestò da subito un certo interesse per quello che facevo e, nel giro di qualche tempo, intraprese la stessa strada a sua volta. I nostri studi e le nostre esperienze sono proseguitiper un po’ in maniera indipendente l’uno dall’altro, fino a che non abbiamo deciso di riunire forze e competenze acquisite e di costruire insieme il nostro primo impianto domestico, sul quale abbiamo cominciato a produrre insieme;come hai giustamente anticipato, però, la nostra storia brassicola s’intreccia con quella norrena, che rimanda ai nostri antenati.Circa 20 anni fa, infatti, ebbi la fortuna di conoscere Heinz, un ex docente dell’Università di Oslo che, a seguito di un accadimento personale, aveva deciso di cambiare vita e che, all’epoca del nostro incontro, stava girando l’Italia suonando l’arpa; portandomi a conoscenza di una serie di libri e di ricerche storiche, Hans mi aiutò a risalire alle origini della nostra famiglia, riconducibili all’attuale Danimarca, dove nacquero i cimbri, tuttora presenti, in Trentino, sugli omonimi altipiani di Folgaria-Lavarone-Luserna. Questa scoperta mi portò ad approfondire maggiormente l’argomento, fino ad intraprendere un viaggio in Danimarca che mi portò fino a Ribe, nello Jutland. Qui feci un secondo, importante incontro: quello con un guardiano notturno della città che, fra una birra e l’altra, mitramandò l’antica ricetta della loro birra, tutt’oggi realizzata in casa dalle anziane del paese,“figlia” della Festar Øl, una bevanda che, ai tempi dei vichinghi, veniva utilizzata durante i matrimoni. E’ da questa ricetta che nasce la Valkirija, la nostra “Viking Keller”. Permettimi, per concludere, un’ultima notazione sul legame birra-storia che riguarda, nello specifico, la posizione del nostro birrificio. La nostra famiglia è originaria di Guardia, una frazione di Folgaria così chiamata perché, grazie alla sua posizione immediatamente sovrastante rispetto a Castel Beseno, ne faceva per l’appunto la guardia; da qui la nostra scelta di ubicare il birrificio esattamente ai piedi del maniero, in modo da poter essere sorvegliati a nostra voltadai guardiani!

 

Uno degli aspetti più particolari ed originali del vostro birrificio è senza dubbio l’impianto di produzione, che avete realizzato personalmente; come è nato il progetto e quali sono le caratteristiche che lo differenziano da un impianto tradizionale?

Diciamo che, a monte del progetto, stanno innanzitutto il nostro background formativo, di natura meccanica,  e l’attitudine familiare al fai-da-te e all’auto-costruzione. Come detto prima, dopo aver entrambi sperimentato produzionicon i classici kit da homebrewer, abbiamo deciso di costruire, con l’aiuto di un amico, un primo impianto che abbiamo utilizzato a lungo per la produzione domestica e per le nostre feste private. I riscontri positivi, raccolti negli anni da amici e conoscenti, ci hanno spinto a considerare un ulteriore ampliamento dell’impianto che però, giunti a quel punto, non poteva più restare confinato alle mura domestiche e, a conti fatti, neppure ad una mera attività hobbistica; è iniziata così, innanzitutto, la ricerca di uno spazio adeguato in cui installare le attrezzature – ricerca conclusasi una volta trovato il capannone in cui ci troviamo – e, successivamente, la costruzione dell’attuale impianto in acciaio inox da 2.000 litri, che abbiamo progettato, assemblato, saldato e lucidato personalmente in circa 3 anni di lavoro, ovviamente nel nostro tempo libero. La nostra intenzione, però, era quella di costruire un impianto che riuscisse a riprodurre i difetti delle antiche Øl vichinghe ed abbiamo così realizzato un sistema per la fermentazione primaria con cui cerchiamo disimulare quello che era l’utilizzo della neve nelle grotte; in pratica, anziché utilizzare i classicifermentatori raffreddati ad acqua, abbiamo realizzato alcunecelle in cui sono alloggiati i tank contro i quali, tramite un apposito sistema di ventilazione,spariamo aria fredda. Questa soluzione comporta un processo fermentativo più lento che permette ai lieviti di lavorare in maniera diversa rispetto ai metodi tradizionali. In buona sostanza, possiamo definirci “artigianali” dal progetto iniziale dell’impianto fino al prodotto finale!

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L’attuale linea del birrificio è composta da due birre chiare a bassa fermentazione, la keller “Valkirija” e la lager “ØL”, e dalla porter “Corcolocia”; anche le vostre produzioni si avvalgono di materie prime locali?

La nostra attuale produzione è realizzata con materie prime di origine, per lo più, tedesca e inglese, fatta salva la Corcolocia, prodotta utilizzando resina di larice locale come spezia.Tuttavia, c’è ormai un’ampia disponibilità di materie prime locali di buona qualità e stiamo, perciò,preparando una nuova birra 100% trentina, che pensiamo di iniziare a produrre dopo l’estate;si tratterà, concettualmente, di una American Pale Ale, alla quale non mancherà, naturalmente, la nostra “impronta vichinga”, complice anche il fatto che furono proprio i vichinghi, verso l’anno 1.000, a colonizzare per primi l’America – nel Vinland, l’attuale Terranova.Approfitto, poi, del tema “materie prime locali”, per aprire una piccola parentesi extra-birraria, poiché stiamo lavorando anche all’avviamento di un progetto per la produzione diidromele che si chiamerà Mjød, nome danese di questa bevanda che, per qualche tempo, mi sono dilettato a produrre in casa e che, ovviamente, realizzeremo con miele trentino.

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La birra è considerata la bevanda socializzante per eccellenza ed ogni festa, ad essa correlata, diventa momento di grande convivialità; le feste del Birrificio Plotegher, però, sono sempre piuttosto sorprendenti, in linea con la vostra filosofia…

 Organizzare feste è, da sempre, una cosa che mi piace tantissimo. Quando ero giovane, complice la mia passione per il motociclismo, mi divertivo ad organizzare feste per i miei “compagni di viaggio”, con concerti di musica rock e, ovviamente, una buona dose di birra che, non avendo ancora intrapreso l’homebrewing, andavo di volta in volta ad acquistare nei birrifici in Germania. Una volta appassionatomi alla storia medievale e a quella vichinga, ho via via trasformato gli eventi che organizzavo fino a realizzare la mia Viking Fest, una “festicciola privata”, presso il mulino ultracentenario di mio nonno, alla quale partecipavano ca. 400 persone provenienti da tutta Italia, ma anche dalla Danimarca, dalla Finlandia e dall’Islanda; a distanza di qualche anno, poi, insieme ad un gruppo di amici abbiamo realizzato il progetto “Berserker”, un vero e proprio spettacolo con due suonatori di cornamuse, due suonatori di tamburi, un mangiafuoco e due lottatori.

Insomma, chi partecipa alle feste organizzate dal nostro birrificio, può star certo di non annoiarsi!

 

Per conoscere più a fondo storia e “riti” del Birrificio Plotegher ecco il link al sito web aziendale: www.plotegherbeer.com.

 

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Davide Savorgnani
Info autore

Davide Savorgnani

Milanese di nascita, classe 1975, vengo adottato a 40 anni dalla città di Trento.

Parallelamente agli studi, prima, e, successivamente, alle attività lavorative di carattere commerciale che si susseguono negli anni, coltivo un profondo rapporto sentimentale con la birra; galeotto è l’assaggio di una bottiglia di Chimay tappo blu che, durante un tranquillo pranzo domenicale in età adolescenziale, mi apre le porte di questo meraviglioso universo. La miccia, ormai accesa, porta all’esplosione di una passione totale nei primi anni 2000, quando vengo portato per la prima volta in “Pazzeria”, una birreria di Milano che cambierà definitivamente la mia vita birraria e che diventerà la mia seconda casa; è qui, infatti, che entro in contatto per la prima volta con l’universo craft e che si sviluppa la mia curiosità di conoscere più a fondo quello che amo bere.

Partecipo, così, a decine di degustazioni guidate, a presentazioni di nuovi birrifici e ad altri eventi birrari, consumo libri tematici, organizzo il mio primo (e, purtroppo, per ora ancora unico) tour birrario all’estero – nello specifico in Vallonia – e frequento, in primis, il corso “5° livello cervoisier – Lagermeister” con il compianto Franco Re presso la sua “Università della Birra” (superando con il massimo dei voti l’esame finale per poter accedere al corso successivo) e, successivamente, il “Corso di specializzazione per publican” con Stefano Baladda e Silvana Giordano – docenti accreditati dalla Regione Lombardia – presso UniBirra.

Questa serie di esperienze mi portano ad accantonare la mia predilezione iniziale per un numero limitato di stili, tendenzialmente di estrazione belga, ed estendono i miei orizzonti anche a quelli “meno facili” dei quali, inevitabilmente, mi innamoro. E’ grazie a questa evoluzione che, oggi, a chi mi chiede quale sia la mia birra preferita, ho oggettivamente difficoltà a rispondere…

Slàinte! (dal gaelico “Alla salute!”)