Numero 28/2017

13 Luglio 2017

Km8: il birrificio rock!

Km8: il birrificio rock!

Condividi, stampa o traduci: X

 

 

Ritorniamo,a distanza di qualche mese in Val di Non, per l’esattezza a Terres, dove troviamo i ragazzi del Birrificio Km8, giovane realtà artigianale trentina prossima al festeggiamento del primo anno di vita e da noi ribattezzata “birrificio rock”, per via dei numerosi richiami musicali che lo caratterizzano: dalle birre, che prendono il nome da famosi brani quali “Heart of Glass” dei Blondie, “Paranoid” dei Black Sabbath o “In Bloom” dei Nirvana, alle attrezzature di produzione – impossibile non citare i 4 fermentatori etichettati con i nomi dei “Baronetti di Liverpool”. La parola, quindi, aMichele Martini, il giovane titolare del birrificio, e Carlo, suo papà nonché“pioniere birrario” di casa.

 

.

.

 

 

Ci sono padri e figli che giocanoinsieme a pallone, altri chevanno a pesca; poi ci sono quelli che si chiudono nel box o in cantina in mezzo a fornelli e pentoloni…

Effettivamente è accaduto proprio così e il tutto è evoluto piuttosto rapidamentefino alla nascita del birrificio. La passione per la birra artigianale si è impossessata, per prima,di mio papà,a seguitodell’assaggio di una produzione targataBaladin; passione che, a distanza di alcuni anni e dopo diverse visite al Birrificio Rethia, ha suscitato in lui anche l’interesse per l’aspetto produttivo, portandolo alle prime sperimentazioni domestiche che hanno cominciato a incuriosire anche me. Questa passione per la birra, però, aveva colpito anche Giovanni (già da diverso tempo) e Rino, 2 amici di papà, e così, in una sera di fine gennaio dello scorso anno, durante una sessione di assaggi delle reciproche produzioni, è nata l’idea di fare “il grande passo”, agevolati anche dalla possibilità di sfruttare, una volta messi a norma,i locali di buona metratura posti al piano terra della nostra abitazione. Si è quindi provveduto all’acquisto di un impianto da 1,5 ettolitri, proprio dal Birrificio Rethia che lo aveva messo in vendita per motivi di ampliamento, e a luglio dello scorso annoè stata realizzatala prima cotta del neonato Birrificio Km 8, nome che abbiamo scelto perché si trova all’ottavo chilometro della Strada Provinciale 73.Benché sia l’unico titolare dell’attività, ho comunque la fortuna di poter contare, nel loro tempo libero,sulle collaborazioni di Giovanni, che con la sua esperienza mi supporta costantementenella produzione, di Rino, che mi aiuta a curare gli aspetti tecnici legati alle analisi di laboratorio, e ovviamente di mio papà Carlo, prezioso rinforzo per l’ambito commerciale.

 

Fra le birre prodotte da Km8troviamo la “Apple Tree” e la “Petiz”, caratterizzate dall’utilizzo di materie prime strettamente legate al territorio quali, rispettivamente, le mele della Val di Non (nello specifico la Renetta del Canada) ed il luppolo Saaz trentino; quali sono gli attuali criteri di selezione degli ingredienti? Contate di aumentare l’utilizzo di prodotti “a Km 0” per le vostre realizzazioni?

Come hai giustamente osservato, stiamo già utilizzando, dove possibile, prodotti del territorio e la nostra continua ricerca, per quanto concerne alcune materie prime, punta sicuramente in quella direzione; ad oggi, le principali opportunità interessano il settore del luppolo, coltivato già in diverse aree del Trentino. Purtroppo, però, al momento questa ricerca non può essere estesa anche al malto d’orzo: infatti, fatta esclusione di alcuni birrifici che autoproducono parte dell’orzo che utilizzano facendolomaltare all’estero, non vi è alcuna offerta locale in tal senso e quindi la nostra scelta non può che ricadere sui più tradizionali e noti produttori europei. A questi ingredienti base si aggiungono poi quelli più particolari ed aromatizzanti, quali ad esempio la già citata Renetta prodotta qui in Val di Non; per questa tipologia di prodotti stiamo seguendo con interesse alcune nuove produzioni locali di ciliegie, che valuteremo sicuramente per le produzioni future della nostra “Roxanne”.

.

.

 

 

La birra artigianale sta diventando, sia a livello regionale che nazionale, un prodotto sempre più diffuso e pubblicizzato, grazie anche all’aumento significativo del numero di eventi; a fronte di questo sviluppo, si va via via accentuando il “conflitto” con le produzioni di natura industriale, in primis con i cosiddetti prodotti “crafty”. Qual è il vostro punto di vista riguardo a questa situazione generale di mercato?

Il movimento birrario locale ha iniziato a svilupparsi in maniera importante sono negli ultimi e lo stesso Km8 è aperto solo da un anno ma, nonostante ciò, abbiamo più volte riscontrato, da parte del pubblico, un continuo crescente interesse verso le birre artigianali; anche in Trentino, quindi, si stanno ottenendo delle conferme analoghe a quelle ottenute in altre regioni italiane. Tutto ciò è, ovviamente, un bene per il nostro settore e penso che i produttori industriali se ne siano resi conto: quelle micro percentuali di mercato che stiamo andando via via rosicchiandogli – ma che per loro rappresentano milioni di euro non incassati -, vengono infatti combattute da massicce campagne pubblicitarie sempre più frequenti, basate in particolar modo su ricette “finte-artigianali” che fanno il verso alle vere produzioni “craft”, generando una gran confusione fra i consumatori, sicuramente non ancora sufficientemente consapevoli per distinguere le differenze fra i 2 prodotti. E proprio la diffusione della cultura birraria fra i consumatori è e deve essere il tasto principale che noi birrai dobbiamo continuare a battere, con la nostra presenza sul territorio, per far sì che questa confusione possa via via ridursi e che l’acquirente abbia la possibilità di scegliere in base ad una maggiore conoscenza.A tal fine, nel nostro piccolo, all’interno delle prossime brochure di presentazione del birrificio e delle nostre birrevogliamo riservare uno spazio da dedicarealla corretta conservazione e spillatura, per consentire ai nostri clienti di poter assaporare i nostri prodotti nel migliore dei modi, come noi li abbiamo pensati.

 

In barba alla giovane età del birrificio e ad un impianto di dimensioni contenute (150 lt.), la produzione conta già una decina di varietà, fra stagionali e non; quali progetti possiamo aspettarci per il prossimo futuro?

 Innanzitutto abbiamo in cantiere una nuova birra che, nelle nostre intenzioni, dovrà diventare la cosiddetta “easy-drinking” da affiancare alle altre produzioni, caratterizzate, quale più quale meno, da aromi particolari derivanti da frutti o spezie; tuttavia, a parte il nome – che sarà “High Hopes”, il nostro omaggio ai Pink Floyd e a Bruce Springsteen – non vorrei svelare troppi dettagli di questo nuovo progetto. Mi ricongiungo alla “presentazione” di questo nuovo progetto per ripetere anche una considerazione che mi capita spesso di fare: complice la dimensione contenuta del nostro impianto, in questo primo anno di vita siamo fondamentalmente in una fase che mi sento di definire “sperimentale”, una fase in cui stiamo testando e perfezionando le ricette che papà, Giovanni e Rino avevano sviluppato per loro conto e che ci ha portato ad avere, in questo momento, una linea di 10 birre (di cui 4 stagionali). Nel momento in cui si renderà necessaria la sostituzione dell’impianto con uno di maggior capacità – inevitabile se vorremo aumentare i volumi di produzione e cercare di evolverci come birrificio – è improbabile che manterremo una linea numericamente così ampia, e la fase attuale ci avrà sicuramente aiutato a capire quali prodotti mantenere. Di certo, poi, continueremo a cercare di migliorare la qualità delle birre che già produciamo, con accorgimenti tesi a renderle sempre più pulite.

 

Altre informazioni e curiosità sul birrificio Km8 all’indirizzo www.birrakm8.com.

 

Condividi, stampa o traduci: X

Davide Savorgnani
Info autore

Davide Savorgnani

Milanese di nascita, classe 1975, vengo adottato a 40 anni dalla città di Trento.

Parallelamente agli studi, prima, e, successivamente, alle attività lavorative di carattere commerciale che si susseguono negli anni, coltivo un profondo rapporto sentimentale con la birra; galeotto è l’assaggio di una bottiglia di Chimay tappo blu che, durante un tranquillo pranzo domenicale in età adolescenziale, mi apre le porte di questo meraviglioso universo. La miccia, ormai accesa, porta all’esplosione di una passione totale nei primi anni 2000, quando vengo portato per la prima volta in “Pazzeria”, una birreria di Milano che cambierà definitivamente la mia vita birraria e che diventerà la mia seconda casa; è qui, infatti, che entro in contatto per la prima volta con l’universo craft e che si sviluppa la mia curiosità di conoscere più a fondo quello che amo bere.

Partecipo, così, a decine di degustazioni guidate, a presentazioni di nuovi birrifici e ad altri eventi birrari, consumo libri tematici, organizzo il mio primo (e, purtroppo, per ora ancora unico) tour birrario all’estero – nello specifico in Vallonia – e frequento, in primis, il corso “5° livello cervoisier – Lagermeister” con il compianto Franco Re presso la sua “Università della Birra” (superando con il massimo dei voti l’esame finale per poter accedere al corso successivo) e, successivamente, il “Corso di specializzazione per publican” con Stefano Baladda e Silvana Giordano – docenti accreditati dalla Regione Lombardia – presso UniBirra.

Questa serie di esperienze mi portano ad accantonare la mia predilezione iniziale per un numero limitato di stili, tendenzialmente di estrazione belga, ed estendono i miei orizzonti anche a quelli “meno facili” dei quali, inevitabilmente, mi innamoro. E’ grazie a questa evoluzione che, oggi, a chi mi chiede quale sia la mia birra preferita, ho oggettivamente difficoltà a rispondere…

Slàinte! (dal gaelico “Alla salute!”)