16 Gennaio 2016

La morte ha il gusto del luppolo: nono capitolo

La morte ha il gusto del luppolo: nono capitolo

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Alberico trascorse la mattina nel convento, intento a studiare per l’ennesima volta le carte consegnategli dall’Abate.

Il pranzo fu frugale, anche se estremamente gustoso.

Esso fu composto di pane appena sformato, carote e castagne bollite e poi scottate in un soffritto di cipolla e salame di maiale, gentilmente donato al convento, qualche mese prima, da un fattore che non poteva permettersi nessun altro tipo di offerta per compiacere Dio ed i Frati.

Il gusto di quel salume era intenso, unto, grasso.

Alberico non ne aveva mai assaggiati di così particolari.

Il pasto dei frati si svolgeva sempre nel silenzio.

Parte della Dottrina che seguivano quegli uomini di Chiesa era tesa all’utilizzo corretto e mai superfluo delle parole.

“Meglio meditare in silenzio che usare in modo capestre la lingua che serviva per pregare l’Altissimo.”

Questo era uno dei motti preferiti dall’Abate – dagli Abati in genere – ed esso veniva rigorosamente rispettato.

Anche il messo Pontificio, dopo il primo pranzo consumato nel monastero durante il quale aveva posto alcune domande ai suoi commensali, senza però ottenere risposta alcuna, aveva ceduto alla ferrea regola del silenzio durante i pasti.

E durante il pranzo di quel giorno, la meditazione imposta dal silenzio gli fece programmare al meglio gli impegni del pomeriggio.

Decise di recarsi nel birrificio del convento, dove ad accoglierlo trovò un opulento ed abbastanza puzzolente frate.

Quell’uomo era madido di sudore ed il suo saio presentava evidenti aloni ed incrostazioni.

Altre parti del paramento da frate erano visibilmente zuppi, bagnati di fresco e, con ogni probabilità, anche quelle macchie umide si sarebbero presto trasformate in aloni sgradevoli alla vista, all’odore ed al tatto.

Trovò il grasso monaco intento a mescolare il contenuto di un grande calderone di rame, posto su di un fuoco vivo e scoppiettante.

Dal pentolone fuoriuscivano vapori dall’odore intenso, a tratti sgradevole e pungente.

«Buongiorno! Sono…»

«So benissimo chi siete!» rispose in tono scorbutico il frate «Che volete?»

«Ehm… sono Padre Alberico e voi?»

«Non vedo la necessità di esservi amico, quindi non ritengo di dovervi dire il mio nome».

«Indubbiamente non siete socievole, ma almeno il nome?»

«Frà Peter. Ora, se volete pormi i vostri quesiti in fretta, ve ne sarei grato. Ho da lavorare io. La birra mica si produce da sola!»

«Sì…» Alberico fu turbato dall’acidità dimostrata da quell’uomo.

L’investigatore si rese conto che la sua presenza nel monastero stava cominciando ad essere ingombrante.

Doveva sbrigarsi a risolvere il caso; la gente iniziava a chiacchierare ed anche i frati sembravano mal sopportare quella costante, seppur necessaria, invasione dell’intimità monacale.

L’italiano trasse un profondo respiro e, senza indugiare oltre, cominciò il suo interrogatorio.

«Bene, Frà Peter. Conoscevate bene Frà Malcom?»

«Certo. Era un confratello».

«Chiaramente. Intendo dire, però, se lo conoscevate meglio degli altri frati. In fondo, vi occupavate insieme della produzione birraia qui, nel monastero».

«Sì. L’Abate mi ha dato il compito di affiancare Fratello Malcom nel suo lavoro».

«A che scopo?»

«Mi ordinò di fargli da assistente. Avrei imparato i suoi segreti ed avrei alleggerito il gravame che, spesso e volentieri, lo costringeva a saltare le Preghiere comunitarie del Tramonto».

«Era impegnato fino a tal punto? Addirittura?»

«Voi sapete come si produce la birra?»

«No. Perché non me lo spiegate? A grandi linee, naturalmente».

Il frate, con lo sguardo meno truce rispetto a poco prima, fece cenno ad Alberico di avvicinarsi al calderone, che stava ancora bollendo.

Il messo papale si avvicinò e sporse il viso, in modo da scrutare l’interno del recipiente.

Notò che all’interno di esso vi erano dei semi rigonfi di acqua che seguivano il moto circolare del fluido che bolliva.

Quei semi erano piccoli, simili a quelli di grano e presentavano tutti quanti una parte germinata.

Le bolle che si sviluppavano dalla superficie del brodo erano piccole e numerosissime. Era un’ebollizione diversa da quella che chiunque vede quando cucina lo stufato.

L’odore che si levava dal contenitore di rame era assai pungente.

Fastidioso.

Alberico si spostò indietro ed istintivamente portò il dorso della mano sotto alle nari, grattandole un pochino.

Sembrava che quell’aroma intenso e speziato fosse più urticante, per le sue narici, rispetto al calore che lo accompagnava.

«Che cos’è?» chiese.

«Questa, in gergo tecnico, si chiama “cotta”. Quei semi che vedete sono di orzo che ho fatto appositamente germinare. Ora li cuocio per estrarre bene bene il succo».

«E poi cosa ne fai?»

«Poi metto tutto in una botte con questo».

Il frate mostrò ad Alberico una pallina morbida, bianchiccia e viscida.

«Quella è…?»

«Questo è un pezzetto di impasto di pane».

«Pane?»

«Già. Non so che cosa avvenga nella botte; neanche Malcom lo sapeva. Credo, invero, che nessuno al mondo lo sappia. Ma la birra si produce così fin dalla notte dei tempi. Senza metterci l’impasto, non viene nulla. Resta solo un brodo dal sapore schifoso, una schifezza imbevibile».

«Ha quasi del miracoloso!»il tono di Alberico era di reale stupore!

Come faceva una pallina così piccola di impasto di farina, acqua e sale, lasciato riposare una notte dentro ad un panno, trasformare tutta quella poltiglia calda in squisita birra?

Ma, in fondo, al prete non interessava il processo produttivo della birra, nonostante ne fosse affascinato.

Decise di riprendere in mano le redini del dialogo:

«Tutto questo è estremamente affascinante, lo confesso! Ma cosa c’entra con l’assenza di Frà Malcom alle preghiere serali?»

«Vedete, la birra è come il vino: vi sono delle fasi del processo di produzione che non possono in alcun modo essere anticipate o procrastinate. Da solo, qui, Malcom riusciva a stento a seguire il ritmo delle operazioni da svolgere sulle diverse botti. Va da sé che, spesso e volentieri, tali fasi coincidessero con una delle preghiere di gruppo giornaliere. Una volta che l’Abate ebbe capito l’importanza della precisione temporale nella produzione, dispensò Frà Malcom dal partecipare tassativamente alle preghiere, onde evitare di buttare via questo prezioso nettare. Come immaginerete, la maggior parte del danaro che entra nelle casse del convento deriva dalla vendita di birra».

«Lo sospettavo. Quindi, per poter avere più risorse economiche, l’Abate dispensava Frà Malcom».

«Esatto. In vero, condivido la scelta; se dovessimo affidarci esclusivamente alle questue dei fedeli… questo monastero sarebbe già caduto a pezzi da anni. Figuratevi che prima dell’inizio del commercio di birra, vuol dire circa cinque anni fa, poco prima dell’arrivo di Frà Malcom, il granaio non aveva più il tetto e metà delle celle di noi frati si allagava durante le piogge! Capite anche voi che Nostro Signore non si sarà sentito offeso dall’assenza di Frà Malcom ad alcune delle Preghiere diurne».

«Certo, certo. L’assenza era sicuramente giustificata da una buona causa».

«Infatti!»

«Ecco, in funzione del gran tempo che passavate insieme, avete voglia di parlarmi di qualcosa?»

«Riguardo argomenti specifici?»

«Sì. Avrei una certa curiosità proprio riguardo la grande quantità di danaro che il compianto Fratello… movimentava».

«Non avete ricevuto i registri contabili? L’Abate è venuto a prenderli personalmente giusto qualche giorno fa, dopo il vostro arrivo».

«Sì, li ho avuti. Mi riferisco però… agli esuberi…»

«Non capisco dove volete arrivare…»

«Andiamo, Frà Peter! Anche i muri di questo convento sanno che vi erano differenze tra quello che Frà Malcom versava nelle casse del monastero ed il prezzo che realmente pattuiva con i clienti! Con quei soldi in più, il nostro compianto amico andava ad ubriacarsi ogni sera, fornicava regolarmente e si concedeva anche dei tiri ai dadi!»

«Ripeto: dove diavolo volete arrivare?» il tono di Peter era tornato scontroso, ben più collerico di quello con cui aveva accolto il visitatore.

«Voglio sapere che cosa vi dicevate. Vorrei capire di che cifre stiamo parlando, com’era il rapporto con i debitori ed i creditori, tutto, insomma! Tutto su questi fondi illeciti».

«Non ne so nulla».

«Non ne sono convinto!»

«Mi state accusando di qualcosa?»

«Potrei. Ne ho l’autorità».

«Voi siete pazzo!»

«Confessate, Frà Peter! Voi volevate prendere il posto di Malcom, volevate avere denari per concedervi tutti i vizi terreni senza doverne pagare lo scotto con l’Abate!»

«No!»

«E magari, dopo aver scoperto i loschi traffici di Malcom, avete pure tentato di ricattarlo!»

«No!»

«E vedendo che lui non cedeva, lo avete fatto ammazzare, avete pagato un suo conoscente, il forestiero con cui si intratteneva alla sera, il suo compagno di bevute che, a quanto ne so, puzza di miseria come un orfano!»

«No! Vi giuro che non c’entro con questa storia!»

«Avanti, confessate!»

«Non ho fatto nulla!»

«Posso farvi incarcerare, lo sapete? Il Papa in persona mi ha insignito della Qualità di Inquisitore! Posso anche torturarvi, se ciò servisse a sciogliervi la lingua!»

«Allora, maledetto prete che odora di belle vesti e begli appartamenti, mettiamo le cose in chiaro: in primo luogo io non ho commesso nulla; in secondo luogo, non mi importa nulla di chi Diavolo sei! Neanche il Vescovo può permettersi di incarcerare e torturare un Frate, in assenza di prove! Tu, maledetto sputa sentenze, ce l’hai uno straccio di prova contro di me? Qualche “pagherò” firmata da me? Qualche testimone che dichiari che io non sono un onesto ed irreprensibile frate? Magari hai qualche meretrice che giuri di avermi concesso piacere? No, sono sicuro che non hai nessuna di queste prove! Quindi, caro il mio Inquisitore, adesso mi hai veramente stufato! Girati ed alza i tacchi! Non ti voglio mai più vedere bazzicare qui, nella mia fabbrica di birra! Sono stato abbastanza chiaro?»

Alberico sapeva di non poter arrestare Peter, lo sapeva benissimo!

Ed aveva ipotizzato che anche quel semplice frate fosse a conoscenza dei rudimenti del Diritto Ecclesiastico e delle tutele maggiori di cui godevano i membri del Clero rispetto a chicchessia.

Ma il suo scopo non era arrestare Peter, non per il momento!

Lui voleva solo far capire a quell’uomo, che non poteva assolutamente essere all’oscuro di tutte le macchinazioni del fu Malcom, vista la quantità di tempo che avevano trascorso insieme, che lui sapeva e che gli stava con il fiato sul collo.

Se Peter fosse stato coinvolto in qualche malversazione o, addirittura nell’omicidio, avrebbe sicuramente commesso qualche imprudenza, avrebbe fatto qualche passo falso!

Ed Alberico, rapace, lo avrebbe smascherato!

Uscì dalla piccola fabbrica di birra, non senza aver accennato un sorriso misto tra scherno e sfida al frate birraio.

 

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Alessio Lilliu
Info autore

Alessio Lilliu

Sono nato a Cuneo, ridente capoluogo di provincia piemontese.
Ho sempre amato la Natura e, seguendo questo amore, ho frequentato l’Istituto Tecnico Agrario ed ho proseguito i miei studi conseguendo, nel 2012, la Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari a pieni voti.
Ho sempre adorato la cultura in ogni sua forma, ma ho sempre odiato gli stereotipi.
In particolare lo stereotipo che ho sempre rigettato è quello che riguarda la relazione tra “persone studiose” e “persone fisicamente poco attraenti”. Per ovviare a tale bruttissimo stereotipo all’età di 11 anni cominciai a praticare Judo e ad oggi sono cintura nera ed allenatore di questa disciplina marziale.

Dal 2010 gestisco un’attività commerciale, l’Edicola della Stazione Ferroviaria di Cuneo.
Ho ricoperto nel 2011 anche il ruolo di Vice-Responsabile della qualità all’ingresso in un macello del cuneese e, una volta terminato il mio percorso di studi, nel 2012 per l’appunto, ho deciso di rendere il settore alimentare parte ancor più integrante della mia vita. Creai la Kwattzero, azienda di cui sono socio e che si occupa di prodotti disidratati a freddo e di produzione di confetture ipocaloriche, ricavate tramite un processo brevettato di mia invenzione e di mia esclusiva proprietà. Obiettivo finale della ditta è quello di arrivare a produrre i propri prodotti con un consumo energetico pari a zero tramite l’installazione di fonti di energia rinnovabile, per esempio pannelli fotovoltaici.

Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura, nacque in tenera età ed in particolare attorno ai sette anni, quando rubavo di nascosto la macchina da scrivere di mio padre, una vecchia Olivetti, per potermi sbizzarrire a sognare e fantasticare su terre lontane e fantastici eroi.

La mia passione per la scrittura venne ricompensata nel 2010 quando pubblicai il mio primo romanzo, “Le cronache dell’Ingaan”. La mia produzione letteraria prosegue a tutt’oggi con nuovi romanzi.

Dal 2012 sono Presidente di Tecno.Food, associazione che riunisce i Laureati e gli Studenti delle Scienze alimentari in seno all’Università degli Studi di Torino.

La nuova ed affascinante sfida che sto cominciando ad affrontare con enciclopediadellabirra.it mi permette di unire due mie grandi passioni: la scrittura e la birra!

Adoro sperimentare sempre nuove cose e nuovi gusti e questa è un’occasione davvero unica.