Numero 01/2018

7 Gennaio 2018

A lezione con l’Onab. Le tecnologie birrarie: la produzione spiegata passo dopo passo – Parte 4

A lezione con l’Onab. Le tecnologie birrarie: la produzione spiegata passo dopo passo – Parte 4

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Affronteremo oggi la parte conclusiva del processo di birrificazione, partendo dalla fase cruciale di fermentazione.

Ci fa piacere ricordarvi che la stesura di questi articoli è stata possibile grazie ai preziosi contributi preparati per l’Onab dal prof. Giuseppe Zappa, docente all’Università di Torino, e del prof. Giuseppe Perretti, docente presso il Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra dell’Università di Perugia, che ringraziamo calorosamente.

 

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4° STEP: LA FERMENTAZIONE

Nel precedente articolo siamo arrivati al momento in cui il mosto viene raffreddato e ossigenato, di modo che i lieviti comincino ad attivarsi.

Una volta esaurita la presenza di ossigeno all’interno del mosto, ecco che comincia il processo di fermentazione, in cui i lieviti si mettono all’opera in assenza di aria , trasformando gli zuccheri presenti in etanolo, che costituisce la “parte alcolica” del prodotto; ed anidride carbonica, che determina poi la formazione della schiuma.

I lieviti, inoltre, generano anche gli esteri, i composti chimici responsabili dei vari aromi (detti “positivi”) che noi percepiamo al momento della degustazione (fruttato, speziato, floreale), e che costituiscono parte integrante dei vari stili di birra. Allo stesso tempo però possono produrre anche degli aromi negativi, quali ad esempio acetaldeide, diacetile e solfati, che vanno ad inficiare la buona riuscita del prodotto.

 

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Esistono tre tipi di fermentazione, che dipendono dalla tipologia di lievito utilizzata e dalla temperatura in cui avviene la fermentazione:

– alta fermentazione: avviene a temperature di tra i 15 e i 25 gradi e utilizza il lievito Saccharomyces cerevisia. Le birre prodotte ad alta fermentazione sono indicate come “ale”; presentano una maggiore intensità e un più vasto bouquet aromatico rispetto alle altre, in quanto le temperature elevate concorrono alla formazione di esteri e alcoli superiori. Tra gli stili prodotti in alta fermentazione figurano le Ales, le Porter e le Stout.

– bassa fermentazione: avviene a temperature tra i 6 e i 14 gradi ed utilizza il lievito Saccharomyces pastorianus (carlsbergensis). Le birre prodotte a bassa fermentazione sono dette “lager”, e le basse temperature con cui vengono prodotte riducono la formazione di esteri e alcoli superiori, rendendole poco alcoliche e dagli aromi non complessi. Tra gli stili prodotti in bassa fermentazione ricordiamo le Pilsner, le Märzen e le Bock.

– fermentazione spontanea: si sviluppa indipendentemente dalla temperatura presente ed avviene all’aria aperta, tramite l’azione di un particolare ceppo di lieviti, i Brettanomyces, di cui ad oggi si conoscono 5 diverse specie (bruxellensis, anomalus, custersianus, naardenesis, nanus). Le birre prodotte con fermentazione spontanea hanno aromi e sapori particolari ed inusuali, che verrebbero considerati come “difetti” ed errori in birre prodotte con gli altri tipi di fermentazione. Tipiche di questo processo sono le Lambic, prodotte in Belgio.

 

Una volta terminato il processo di fermentazione avviene un’ulteriore passaggio di filtrazione del prodotto ottenuto, utile a rimuovere particelle grossolane, eventuali batteri, e i lieviti, che verranno poi lavati, ossigenati e concentrati per essere riutilizzati in successive birrificazioni.

Il prodotto della fermentazione viene detto “birra verde” e, per poter passare alla fase successiva, deve subire un’ulteriore serie di trattamenti, tra cui la carbonatazione, la pastorizzazione (o filtrazione sterile) ed ulteriori filtrazioni e chiarificazioni. Questi ulteriori passaggi non avvengono se si vuole imbottigliare una birra non pastorizzata e non filtrata.

 

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5° STEP: IL CONFEZIONAMENTO

La nostra birra ormai è pronta! Ora bisogna farla uscire dal birrificio e renderla disponibile al consumatore, senza alterarne la qualità e le proprietà organiche e aromatiche.

La birra può essere confezionata in molteplici tipologie di contenitori, di vari materiali: botti di legno, fusti d’acciaio, bottiglie di ceramica o di vetro, lattine di alluminio, plastica,…

Oltre ad una corretta conservazione del prodotto, anche il momento in cui la birra viene imbottigliata è di grande importanza, in quanto molti fattori possono influire in modo negativo alla sua resa finale.

Durante il riempimento di una bottiglia, ad esempio, bisogna stare attenti alla quantità di CO2 inoculata e alla presenza di ossigeno residuo, che può inficiare la qualità del prodotto. Molti di questi fattori di rischio vengono annullati nel momento in cui si decide di optare per una birra che rifermenti in bottiglia (di cui parleremo meglio nel prossimo paragrafo).

Optando per un confezionamento in lattina, invece, bisogna prestare particolare attenzione alla quantità di prodotto inserita, non visibile dall’esterno; inoltre si corre il rischio di far “prendere” alla birra un sapore metallico, se il materiale con cui la lattina è prodotta non è della migliore qualità.

Ogni tipo di contenitore utilizzato per il confezionamento della birra presenta dei vantaggi e degli svantaggi nel suo utilizzo; di certo, tra i fattori di scelta, influenza molto la destinazione d’uso a cui la birra è indirizzata.

 

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6° STEP: LA RIFERMENTAZIONE IN BOTTIGLIA

Spesso, soprattutto per quanto riguarda la produzione artigianale, ci ritroviamo di fronte ad etichette su cui è scritto “birra rifermentata in bottiglia”. Ma cosa vuol dire?

Per definizione, la rifermentazione è una “fermentazione secondaria in bottiglia o in fusto in cui viene aggiunta una quantità determinata di zuccheri fermentescibili”.

Questa pratica ha degli scopi ben precisi, quali:

– l’aumento del contenuto di CO2;

– la riduzione della quantità di ossigeno presente (di importanza fondamentale, in quanto l’ossigeno aiuta la produzione di composti indesiderati, con successiva rovina degli aromi e dei sapori);

– l’aumento della concentrazione di esteri e alcoli superiori;

– la riduzione di precisi difetti sensoriali;

– l’aumento della durata stessa della birra e quindi del periodo in cui essa può essere considerata commercializzabile (shelf-life).

 

La rifermentazione passa da una fase di saturazione (ad esempio 15 giorni a 20°C) in cui avviene l’aumento del contenuto di esteri e alcoli superiori, con un conseguente miglioramento dell’aroma; ad una fase di maturazione, che può durare anche mesi, in cui i vari aromi e il contenuto alcolico si assestano in equilibrio.

Per rifermentare, oltre agli zuccheri, vengono utilizzati anche dei lieviti, in molti casi. Le caratteristiche di questi sono però differenti rispetto a quelle dei lieviti utilizzati per la prima fermentazione: innanzitutto, devono essere resistenti all’etanolo già presente nel composto, e soprattutto devono avere un valore neutro, ovvero non devono produrre alcun tipo di aroma che possa modificare le caratteristiche possedute dalla birra al momento dell’imbottigliamento.

Non venendo poi ulteriormente filtrata come in precedenza, la birra rifermentata con i lieviti potrà presentare dei sedimenti sul fondo.

 

Si conclude anche questo ciclo alla scoperta del processo produttivo birrario. Abbiamo cercato di evitare il più possibile di ricorrere a terminologie troppo tecniche e di addentrarci in descrizioni troppo specifiche, così da rendere il racconto della produzione della birra il più fluido e semplice possibile.

 

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Organizzazione Nazionale Assaggiatori Birra - ONAB
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Organizzazione Nazionale Assaggiatori Birra - ONAB

L’ONAB, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Birra, è l’organizzazione che forma e raggruppa a livello nazionale gli Assaggiatori di Birra. Essere Assaggiatori di Birra non richiede solo grande passione per questa bevanda, ma anche un percorso di istruzione ed aggiornamento continuo: questa è la mission della nostra organizzazione. Inoltre, promuoviamo la cultura della birra a livello nazionale e non solo: intendiamo promuovere i molteplici aspetti delle conoscenze attraverso un’opera volta a diffondere cultura culinaria, gastronomica, alimentare e delle bevande in tutti i suoi vari aspetti, principalmente nel campo della produzione della birra. Per questo, ogni ultimo lunedì del mese curiamo una speciale rubrica su Giornale della Birra.
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