Numero 44/2021

2 Novembre 2021

Macchine ed impianti della birra: riempitrici

Macchine ed impianti della birra: riempitrici

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La fase conclusiva del processo produttivo della birra è quella del riempimento del contenitore finale, sia che si tratti di bottiglia, lattina o fusto. In realtà, nel caso della fermentazione secondaria dopo il riempimento, ovvero qualora si metta in contenitore della birra non gasata, dovrà avvenire ancora una fase di trasformazione microbiologica in condizioni di microclima controllato. Nella fattispecie, il birrario avrà un ruolo secondario, in quanto non vi è più possibilità di intervento diretto sul prodotto.

 

Oggi i microbirrifici artigianali puntano soprattutto all’imbottigliamento isobarico. Le prospettive date da questa tecnica sono molto valide: prodotto pronto al consumo appena imbottigliato con certezza di qualità e massimo controllo su ogni fase della trasformazione, omogeneità assoluta tra le confezioni, prodotto con deposito sul fondo limitato e più limpido. Inoltre, la diffusione delle lattine anche per piccoli lotti di confezionamento, valide soprattutto per le esigenze della logistica oltreché per la preferenza del consumatore moderno, stanno convincendo molti mastri birrai ad optare per tali attrezzature. Discorso ulteriormente enfatizzato nel caso dell’infustamento.

La fase preliminare del riempimento dei contenitori è  quello della sanificazione, realizzata in genere con un risciacquo con acqua o acqua e detergenti se il contenitore non è sigillato.

 

Indipendentemente dalle caratteristiche del contenitore finale i sistemi di riempimento non isobarico tendono ad essere decisamente meno costosi, a fronte però della necessità di eseguire la rifermentazione prima della messa in commercio. Questi si distinguono in processi a gravità, se sfruttano il riempimento del contenitore per semplice “caduta” del liquido nella bottiglia, lattina o fusto e per depressione, se invece, permettono la colmatura del contenitore sfruttando una depressione parziale creata con apposito sistema di vuoto. Inoltre, possono essere applicate delle metodologie di evacuazione parziale dell’ossigeno, in modo da proteggere la birra da ossidazione. Questi impianti possono essere manuali, semiautomatici o automatici, talvolta anche rudimentali, con investimenti di acquisto estremamente variabili e capacità orarie altrettanto diversificate.

I sistemi isobarici, invece, risultano molto più complessi e costosi, in quanto permettono di mettere in bottiglia, lattina o fusto birra già gasata e immediatamente pronta al consumo. Il problema è legato alla formazione di schiuma che si verifica a seguito della caduta di pressione, pertanto il sistema di riempimento deve garantire  una serie di passaggi di pressurizzazione del contenitore vuoto in modo da ridurre al minimo il gradiente di pressione e consentire una colmatura perfetta e senza schiuma. Le attrezzature isobariche possono essere manuali, semiautomatico o automatiche, con investimento che spaziano da poche decine di migliaia di euro a diverse centinaia.

 

 

La fase di riempimento termina con l’apposizione del sigillo, che può essere un tappo (a corona, vite o fungo) nel caso delle bottiglie, o mediante aggraffatura nel caso delle lattine.

La birra può essere poi destinata al consumo diretto, oppure alla rifermentazione, in funzione appunto della metodologia di riempimento applicata, della tecnologia di cantina e delle scelte del birraio per lo specifico prodotto. Nel primo caso, la birra artigianale sarà conservata in cella frigorifera, in modo da preservare al massimo la shelf life, nel secondo sarà trasferita in cella di rifermentazione e sarà monitorato il processo della presa di spuma, prima di essere anche in questo caso refrigerata fino al consumo.

 

La fase di etichettatura è poi indispensabile per designare il prodotto in commercio secondo la normativa vigente: anche in questo caso si può ricorrere a semplici sistemi manuali da banco o ad impianti più sofisticati, che consento anche la stampatura del numero di lotto e termine minimo di conservazione, nonchè l’apposizione di capsule, fascette e collari che possono ulteriormente abbellire il contenitore.

 

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!