Numero 30/2021

27 Luglio 2021

Birra “Il Mastio”: un sorso di terra maceratese

Birra “Il Mastio”: un sorso di terra maceratese

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A Colmurano nella provincia di Macerata, ormai dieci anni fa, nasceva il birrificio agricolo “Il Mastio”. La valorizzazione e promozione del territorio, la qualità del prodotto, la lavorazione in regime biologico e la sostenibilità sono tutti obiettivi che i fratelli Lorenzo e Sebastiano Nabissi, si sono posti sin da subito.

Oggi, dopo lunghi anni di duro lavoro, “Il Mastio” è un vero gioiello del “Made in Italy”: le loro birre spiccano non solo per la grande qualità produttiva ma soprattutto raccontano il loro territorio. I fratelli Nabissi sono convinti che per emergere sul mercato interno e quello esterno la birra deve essere prodotta solo con le materie prime locali di qualità e sperano che nel futuro immediato i birrifici italiani si interfaccino di più tra di loro per poter unire le forze e fare più birre con materie prime locali.

Sebastiano Nabissi ci racconta, con molto entusiasmo e grande energia, il corso degli eventi che ha contraddistinto il loro bellissimo progetto. Vi invito a leggere la sua intervista e ad assaggiare alla prima occasione le vere birre maceratesi.

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Sebastiano, raccontaci la tua storia: come nasce il progetto “Il Mastio”? Dove si trova il birrificio? Qual è il contesto?

Il progetto nasce con me e mio fratello Lorenzo pervasi dalla passione per la birra e l’agricoltura. Sono passati più di vent’anni ormai da quando abbiamo iniziato con la nostra prima produzione: nel 2011 abbiamo avuto l’opportunità di aprire il nostro sito produttivo e far assaggiare al pubblico le nostre birre con le nostre ricette, man mano la produzione avanzava in modo più deciso. Sin da subito la nostra idea era di affiancare una taproom al birrificio e soprattutto di autoprodurre le nostre materie prime; noi crediamo fortemente che progetti di filiera agricola legati al territorio di produzione siano fondamentali per poter distinguere i prodotti sia in Italia da una regione all’altra, che all’estero: l’impronta territoriale è fondamentale. La birra è il prodotto della nostra enogastronomia che racconta anche un territorio e perciò le materie prime non possono provenire dall’estero. L’estro italiano non basta per distinguersi sui mercati interni e esteri. Ed è così che nella nostra azienda agricola che cresce di anno in anno abbiamo deciso di coltivare il nostro orzo da birra in regime biologico, su una superficie di 70 ettari. La qualità del nostro orzo si chiama Planet bio, un tipo di orzo che ormai si è acclimatato molto bene nel nostro territorio maceratese e dà ottime rese per la nostra zona. Ci tengo inoltre a sottolineare che negli ultimi tempi la qualità delle nostre materie prime si è alzata moltissimo e ciò si rispecchia nelle nostre birre.

 

Qual è la particolarità del progetto?

La nostra particolarità è che siamo quasi una filiera chiusa: coltiviamo quasi tutte le nostre materie prime, produciamo la birra presso il nostro birrificio e poi abbiamo la nostra birreria dove vendiamo le birre ai nostri clienti e in più vendiamo all’estero.

Un’altra particolarità importante per il nostro birrificio è che due anni fa, con l’aiuto del nostro grafico, abbiamo rivisto tutte le nostre etichette riprendendo i disegni di nostra nonna, che era un’artista e negli anni ’80 ha fatto tantissimi disegni in texture, e con grande gioia li abbiamo portati sulle nostre bottiglie.

 

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Ci puoi descrivere le vostre birre? Quali sono gli stili e a cosa si ispirano?

Le nostre birre nascono come birre di ispirazione belga. Abbiamo fatto svariati viaggi in Belgio, che ci piace molto. Oggi abbiamo due macrogruppi di birre che produciamo: di stampo belga e anglo-americano. Quindi partendo dalla golden ale, blanche, dubbel, belgian blonde ale, trippel, belgian strong ale, il settore belga, si passa a quello anglo americano con session ipa, ipa, english ipa, american ipa e american pale ale.

In questi ultimi anni abbiamo sviluppato due progetti: il progetto “Cantina” per me molto importante, in cui siamo andati a rivalutare le nostre produzioni di Italian Grape Ale su tre tipologie di prodotti, Real Iga Steel, Real Iga Barel e Real Iga Wild, ognuna di queste prodotte con una modalità specifica. La Real Iga Steel è un blend di mosto d’uva Montepulciano e mosto di birra, maturato nei nostri fermentatori in acciaio. Una parte di questa iga che è molto morbida, delicata e sottile, la facciamo invecchiare nelle barrique di vini pregiati rossi per 6-8 mesi, così nasce la nostra Real Iga Barel. Per la Real Iga Wild andiamo a prelevare il mosto di birra base pils e lo misceliamo con il mosto di uve Marselan più le sue bucce, con una lavorazione tipo pied de cuvvée, dove le bucce integrano la fermentazione con i lieviti delle bucce e donano un colore rosé acceso, quasi porpora e con i suoi fantastici sentori di lampone. Abbiamo scelto questo vitigno non perché caratteristico della zona, ma per il suo tenore tannico e soprattutto per la sua resistenza alle muffe, che riduce il margine di errori nel prodotto finale.

Il secondo progetto che abbiamo sviluppato in questi anni è la nostra nuova linea di birra biologica e gluten free. La coltivazione biologica per noi è molto importante, nonostante i costi maggiori e le rese inferiori e la soddisfazione è decisamente maggiore. Qui abbiamo due birre una blonda ale “Biosfera” e una pale ale “Bionica”. “Biosfera” è una birra essenziale con una ricetta base ma molto equilibrata grazie anche alla leggerezza dell’acqua dei monti Sibillini. Invece nella Bionica abbiamo usato una particolare specie di tè verde giapponese Hojicha che dà alla birra una lieve sensazione di tostato.

 

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Dagli inizi del progetto ad oggi, puoi dirci quali sono stati i punti più critici e quelli che vi hanno dato la forza di proseguire su questa strada?

Uno nei nostri punti critici è stato l’apertura della nostra birreria, perché noi non conoscevamo bene il settore della ristorazione e all’inizio abbiamo dovuto lavorare molto, sbagliando ahimè spesso. Dopo mesi e anni di duro lavoro questa difficoltà è stata superata, grazie anche a nostro cugino ed ex socio Rudy, che oggi dirige la birreria.

Un altro momento critico che abbiamo dovuto superare è stato il passaggio dal vecchio birrificio alla nuova struttura, che abbiamo inaugurato nel 2019, con un ritardo che per motivi burocratici è durato quasi 6 mesi e dopo è arrivato il Covid che per noi è stato il colpo più duro. Non recupereremo mai le perdite di questi due anni di Covid, ma guardiamo avanti con ottimismo. Non ci siamo scoraggiati anzi, in questo periodo abbiamo fatto degli investimenti al fine di favorire la nostra crescita, previsti già dal nostro progetto iniziale. Oggi diciamo che siamo contenti del nostro lavoro: la stagione è iniziata bene, le vendite si sono riprese. Il nostro birrificio è a venti km dalla costa marchigiana e adesso siamo in piena stagione estiva.

Per quanto riguarda i nostri punti di forza, sottolineo il nostro impegno nel creare una vera filiera, di lavorare il più possibile con materie autoprodotte e lavorate in regime biologico. Altro punto di forza sono le condizioni favorevoli della nostra terra: siamo molto fortunati ad avere l’acqua straordinaria dei monti Sibillini, un’acqua perfetta per fare la birra. Un fattore importante è la maestria di mio fratello Lorenzo, mastro birraio: grazie alla sua costanza e perseveranza abbiamo sempre fatto pochissimi errori. Infine c’è iIl nuovo impianto di produzione, inaugurato nel 2019, dispone di sistemi di controllo innovativi e di una tecnica all’avanguardia che ci permette ora di produrre delle birre di altissima qualità.

 

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Per concludere, parlando di filiera di produzione dal campo alla bottiglia, ad oggi in Italia qual è la sua valenza?

Noi siamo assolutamente convinti che l’unico modo per presentarsi in contesti nazionali e internazionali è quello di fare filiera e unire le forze tra i birrifici. La birra non è solo un prodotto commerciale ma anche un prodotto agricolo, un prodotto della nostra terra. I birrifici dovrebbero a mio parere consorziarsi a livello regionale per la produzione delle materie prime e la maltazione dell’orzo, al fine di produrre delle birre di qualità davvero del territorio.

 

Per maggior informazioni: https://www.birrificioilmastio.com/

 

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Lina Zadorojneac
Info autore

Lina Zadorojneac

Nata in Moldavia, mi sono trasferita definitivamente in Italia per amore nel 2008. Nel 2010 e 2012 sono arrivati i miei due figli, le gioie della mia vita: in questi anni ho progressivamente scoperto questo paese, di cui mi sono perdutamente infatuata. Da subito il cibo italiano mi ha conquistato con le sue svariate sfaccettature, ho scoperto e continuo a scoprire ricette e sapori prima totalmente sconosciuti. Questo mi ha portato a cambiare anche il modo di pensare: il cibo non è solo una necessità, ma un piacere da condividere con la mia famiglia e gli amici. Laureata in giurisprudenza, diritto internazionale e amministrazione pubblica, un master in scienze politiche, oggi mi sono di nuovo messa in gioco e sono al secondo e ultimo anno del corso ITS Gastronomo a Torino, corso ricco di materie interessanti e con numerosi incontri con aziende produttrici del territorio e professionisti del settore. Il corso ha come obiettivo la formazione di una nuova figura sul mercato di oggi: il tecnico superiore per il controllo, la valorizzazione e il marketing delle produzioni agrarie e agro-alimentari. Così ho iniziato a scrivere per il Giornale della Birra, occasione stimolante per far crescere la mia professionalità.