Numero 45/2020

2 Novembre 2020

Save the Pubs

Save the Pubs

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Quando nel II secolo l’imperatore romano Adriano, fece fortificare con mura in pietra, quello che divenne il “VallumHadriani”, ancora oggi usato, per indicare il confine tra Scozia ed Inghilterra insieme alle sue vie di comunicazione, probabilmente non considerò che, “se tutte le strade portano a Roma” sul loro percorso,diede modo di nascere a molte taverne dove si consumava quotidianamente sidro e birra. D’altrondefacile considerazione sarebbe sulle condizioni climatiche delle isole britanniche,decisamente poco paragonabili a quelle dei paesi mediterranei, dove i luoghi di socializzazione erano, e rimangonoancora oggi, prevalentemente all’aperto. Fu così che nei secoli si svilupparono, queste specie di“Fori Romani” al coperto.

 

 

La domanda da farsi oggi è: “chissà quando torneremo a rivivere quella nostra intima parte,romano-british, nelle nostre amate e democratiche “Public House”? Siamo onesti, oramai “Homesweet Home” inizia a diventare, più che un diritto alla privacy, una prigionia obbligata sempre meno accettata dalle persone.Poco a poco, in questi mesi sentiamosempre più mancarci, quel senso di aggregazione “corampopulo”, dove molte volte ci si conosce anche senza salutarsi e dove, bere lo stesso tipo di birra, crea un flebile legame di appartenenza politico culturale, perchémai come in questo momento storico pieno di incertezze, cerchiamo qualcosa che ci rincuori,rassicuri e che ci dia certezze. Pensate ad esempionello sport;prima si cercavano nuovi eroi in ogni competizione.Oggi ci aggrappiamo con forza, a quei vecchi leoni, che entrano in campo a 39 anni suonati, per guidare una squadra di calcio esegnare inquel derby, oppure giocarsi, forse per l’ultima volta, una finale del Grande Slam, sperando che non sia l’ultima.E perché no? Tornare alla guida di una Formula 1, per battersi ancora una volta, contro il campione del mondo in carica.(Ibrahimovic, Federer, Alonso classe 1981).
Casualmente (forse), la prima gara valida per il campionato della moderna Formula 1, fu corsa a Brooksland nel 1950 come “Gran Premio della Gran Bretagna”. il 23 febbraio 1874, il maggiore inglese Walter CloptonWingfield brevettò alla Camera dei Mestieri di Londra, uno sport, fatto di racchette e palline, che vide il suo primo torneo al mondo disputarsi aWimbledon nel 1877, ed oggi ancora tradizionalmente immutato.

 

A Londra, al “Freemason’sTavern” in Great Queen Street N° 61-65, il 26 ottobre 1863, un tale Ebenezer Cobb Morley, insieme ad altri amici, che rappresentavano gli undici club e associazioni sportive londinesi, tra una birra e l’altra, fondarono la prima federazione calcistica nazionale, dal nome “Football Association”, dividendo per sempre,il Calcio dal Rugby.Quest’ultimo nato nell’omonima cittadina inglese (quando il giovane William Webb Ellis nel 1823, prese la palla con le mani ed iniziò a correre), vide qualche anno dopo il Football soccer, ed esattamente il 26 gennaio 1871, la sua nascita ufficiale, con la “Federazione Rugby”. Vennero così, decisi nuovi regolamenti e nuove regole, al “Freemasons Arms”, in Long Acre 81-82 Convent Garden di Londra, dando vita alla “Football Union”. Inutile dire, che anche in quell’occasione la birra scorresse a fiumi sulle tavole dei rugbisti, come vuole la buona trazione anglosassone.

Piccola parentesi per gli appassionati di Metal (altrimenti il mio amico Teo non mi spilla più la birra). Al Palazzetto dello Sport di Bologna, il 26 ottobre 1981 debuttò nella band Londinese degli “Iron Maiden”, un certo Bruce Dickinson. Neanche a dirlo, Steve Harris e soci suonarono in pubblico per la prima volta, in un Pub di Stratford (Londra), al “Cart &Horse”, come tantissime altre band, diventate famose iniziando la propria carriera,dal palco di qualche birreria sperduta per il mondo.

 

Certo nella categoria PUB, troviamo un universo infinito di attività commerciali, collegate in qualche modo alla mescita di birra (RistoPub, Pizzeria-Pub, DiscoPub ecc. ecc.). Questa cosa però, a mio modo di vedere, non sempre aiuta il consumatore, e soprattutto danneggia l’approccio professionale, di quegli esercizi pubblici, che mirano ad un lavoro di qualità. Capisco che una definizione precisa sarebbe impossibile, ma avere delle categorie, come per i generi musicali, oppure gli stili birrai, aiuterebbero a capire meglio dove e come, bersi una buona cervogia, con o senza cibo annesso. Se pensiamo alle “Ale-House”, erano dei luoghi dove ci si trovava per degustare buone birre, ed ascoltare le gesta di qualche coraggioso, raccontate da un bardo (ale-scop), oppure cantate da un menestrello (gleeman). Le Taverns, invece derivano dalle “Tabernae romane”, ovvero i classici ristori lungo le strade, ove normalmente la moglie del gestore, portava al tavolo manicaretti accompagnati da litri di vino, birra o sidro. Ed infine le “Inns”, locande vere e proprie, nelle quali oltre a mangiare e bere, si poteva anche pernottare.

Forse un giorno torneremo, alle tradizionali mostre di quegli“artisti-vari”di quartiere, che ogni città, grande o piccola possiede.Passare le serate a degustare birre con gli amici, oppure al bancone con perfetti sconosciuti.Vedremo nuovamente, gli oggetti più strani e normalmente inutili, messi in vendita ed appesi alle pareti dei pub, nel tipico stile country, tanto caro a qualche arredatore moderno (oggi sarebbero per lo più smartphone). Quindiper il bene di tutti, appena potrete, invece di chiudersi nel silenzio dei social o nel condizionamento mentale della televisione, cercate qualche locale, immergetevi mentalmente in quell’agorà di persone, che come voi, sono legate ad una coesione sociale. Alzate la birra alla salute, verso quel qualcuno, che non salutate mai, ma che in fondo conoscete. Perché se ci pensate bene, l’ultima volta che l’avete fatto, non sapevate fosse l’ultima.

 

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Andrea Ceretti
Info autore

Andrea Ceretti

Sono nato a Biella il primo giorno di primavera, del 1971 (anche se negli anni settanta era ancora l’ultimo d’inverno).
Probabilmente da piccolo (e già qui), in un giorno qualsiasi durante il catechismo, nel momento stesso in cui il prete raccontava di quando Gesù Cristo, seduto accanto al pozzo di Giacobbe, all’ora sesta, appena vide la donna di Samaria gli disse:” Dammi da bere”, lì per lì restai sicuramente colpito da quella citazione, poiché, fin da metà degli anni novanta iniziai a portarla in giro con me per il mondo, modificandola con un bel “Please, give me a Beer”; perché, a meno che voi non siate il nuovo messia, iniziare gentilmente una frase, funziona anche nel più sperduto e malfamato bar di Caracas.
Appassionato di Birra,cavalli, musica ed un’altra cosa che ora mi sfugge, ma capita a volte di averla proprio sulla punta della lingua. Mi piacerebbe poter pensare ad un giorno in cui,questo piccolo “Pianeta Birra”,fosse sempre più libero da mercanti di pillole per la sete, e con più rose felici e contente di farne parte, senza troppi protagonismi o inutili dispute su chi sia la più bella o la più buona.
Inoltre,in questi anni, ho maturato la convinzione che solo una buona cultura birraria, potrà permettere a quel “Piccolo Principe” che c’è in ognuno di noi, di poter realizzare almeno in parte, il proprio sogno. Tutto in quel semplice e fugace battito di ciglia, mentre abbassando gli occhi, ci portiamo alla bocca un buon bicchiere di Birra, riconciliandoci l’anima….Qualsiasi essa sia.

Con il mutare dei tempi, è cambiato anche il modo di “bere” la Birra.
Si va così affermando la tendenza alla degustazione, più che al consumo.
Dal primo libro, su cui inizia a studiare. Michael Jackson Beer – 8 ottobre1998