Numero 03/2021

20 Gennaio 2021

Lieviti: facciamo quello per cui siamo stati addestrati, per cui siamo cresciuti, per cui siamo nati

Lieviti: facciamo quello per cui siamo stati addestrati, per cui siamo cresciuti, per cui siamo nati

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Senza nulla togliere a tutti gli articoli dettagliati in materia, interminabili e saturi di nozioni scientifiche, resta un fatto. Dopo i primi cinque righi, potrebbe esserti capitato più di una volta di avvertire le palpebre calanti e uno sbadiglio prepotente farsi largo a partire proprio dal centro del petto.
Oggi ci prefiggiamo uno scopo più alto: metterci nei panni di quelle creaturine cui siamo tanto grati per le birre che ci fanno sognare, senza trattarli come mero mezzo per arrivare a ciò. Perché non ci sarebbe alcuna passione in questo, e molti concorderanno col fatto che una sterile lista di caratteristiche (per quanto ineccepibile) non renda loro del tutto giustizia.
Ai più attenti non sarà sfuggita la citazione che caratterizza il titolo. La storia che il film Trecento ci racconta, fornisce un’interessante analogia per affrontare la questione con uno spirito nuovo. Diamo per assunto che i lettori lo abbiamo visto almeno una volta, e se così non fosse, fai lo gnorri di fronte ai tuoi amici e poi corri a metterti in pari. Sentirai come l’articolo avrà un sapore diverso dopo.

Perché se di sfide impossibili parliamo, quella cui è chiamato il lievito arriva a costargli la vita nella maggior parte dei casi. La situazione comincia a delinearsi in maniera più vivida se pensiamo ai vari momenti di difficoltà:
• INOCULO DEL MOSTO: In questa fase la presenza di ossigeno può originare specie reattive dell’ossigeno che vanno ad ossidare proteine e lipidi, riducendone la disponibilità. Seconda, ma non meno importante è la pressione osmotica con cui dovrà fare i conti fin dalle fasi iniziali di sviluppo.
• FERMENTAZIONE: Qui lo stress deriva sicuramente dall’etanolo, un composto che il lievito stesso produce. Come se non bastasse, l’eventuale scarsa presenza di nutrienti e la temperatura possono compromettere la buona riuscita della sua missione.
• MATURAZIONE: Ancora, la tossicità dell’etanolo e la temperatura possono ostacolare le corrette funzionalità del lievito, fino a comprometterne seriamente la sopravvivenza.

Siamo ora d’accordo sul fatto che il lievito, come qualunque altro essere vivente, ha delle esigenze precise.
Rispettarle significa anche dargli strumenti affinché sia pronto per andare fino in fondo senza riserve. Ma quali sono le sue esigenze?
• Zuccheri. I primi ad essere fermentati sono glucosio e fruttosio, che derivano dall’idrolisi del saccarosio. Successivamente viene fermentato il maltosio, e poi il maltotriosio. I ceppi lager possono presentare una skill in più, che gli permette di fermentare anche il melibiosio.

Fin qui sembra semplice, ma un lievito non ha bisogno solo di zuccheri. Ugualmente necessari sono:
• AZOTO: preso da aminoacidi e sostanze azotate nel mosto per costruire strutture cellulari, per sintetizzare proteine e per far fronte alla pressione osmotica soprattutto all’inizio della fermentazione. Gli aminoacidi di cui il lievito ha bisogno sono diversi e vengono impiegati dando la massima priorità a quelli del gruppo A, scendendo via via fino al gruppo D:
1. A: Arginina, aspartato, asparagina, glutammato, glutamina, lisina, serina, treonina.
2. B: Istidina, isoleucina, metionina, leucina e valina.
3. C: Alanina, glicina, fenilalanina, tirosina, triptofano e NH3.
4. D: Prolina (impiegata dal lievito di rado e solo in caso sia affamato di azoto).
• SALI MINERALI: Calcio, Rame, Ferro, Zinco, Magnesio e Potassio.
• OSSIGENO: fondamentale per la respirazione, l’attivazione dei mitocondri e per la biosintesi di acidi grassi. Questi ultimi supportano il corretto funzionamento della membrana cellulare, sia che si tratti di assumere nutrienti, ma anche per il rilascio di composti come l’alcol etilico.

 

E se prima qualcuno ne aveva il presentimento, ora non c’è ombra di dubbio: questo non è un lavoro adatto a qualunque lievito. La verità è che la maggior parte di loro farebbe una fine miserevole, o comunque non riuscirebbe a lasciarci in eredità la vera essenza di una bevanda che fa entusiasmare.
Così la microbiologia, alla stregua di un talent scout, si è messa in moto per arrivare alla selezione delle colture starter. L’elite dei lieviti, micro-spartani instancabili, coltivati e selezionati per uno scopo ben preciso. Il controllo della qualità sugli starter presenta vari criteri di valutazione tra cui:
– Lo stato microbiologico, che si riflette positivamente nell’assenza di contaminazioni da parte di altri microrganismi.
– L’integrità, la stabilità e la resistenza agli stress. Sono assolutamente da evitare i “petite”, ceppi mutanti con difetti e minore capacità di crescita. Incapaci di sollevare lo scudo per difendere il lievito alla loro sinistra dalla coscia al collo, finirebbero per mandare in pezzi la falange. Il nome Efialte, ti dice qualcosa?
– La vitalità, direttamente legata al numero di cellule vive.
– L’attività metabolica rapida nel passaggio da un terreno povero ad un terreno ricco (pensiamo alla fase di inoculo del lievito nel mosto).
Ogni birrificio dispone di particolari lieviti ottenuti tramite l’attenta selezione di ceppi con proprietà fisiologiche specifiche.
Bene, adesso che abbiamo il nostro esercito di lieviti scelti e pronti a dare la vita, c’è un aspetto che fa tutta la differenza del mondo. La differenza tra un gruppo di lieviti ben addestrati, ed un gruppo di lieviti davvero vincente.

 

 

Cosa, o meglio, chi fa la differenza? Esattamente, la fa Leonida. Colui che si assicura e mantiene le condizioni ideali per tenere il morale e le energie di tutti sempre al massimo. Lui, più di tutti, non può permettersi distrazioni o tentennamenti. Onore ed onere di questo compito, l’avrai dedotto, spetteranno al mastro birraio.
E’ un fatto consolidato che l’industria cerchi di combattere le realtà artigianali con le quantità. Ma la quantità ci porta ad un prodotto standardizzato, che con sé non porta emozioni e pertanto non può trasmetterne. E come Leonida ci insegna, è la qualità del singolo a generare una spinta inarrestabile nel gruppo. Un gruppo in cui il fallimento è contemplato solo dopo che si è dato il tutto per tutto per raggiungere l’obiettivo. Ed il fallimento stesso non abbatte, ma fornisce stimoli sempre nuovi a migliorarsi.

 

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Girolamo Fanizza
Info autore

Girolamo Fanizza

Nato in quella parte d’Italia dove il calore del sole ed una buona birra in riva al mare sono in grado di svoltarti la giornata. Se poi puoi abbinarla alla giusta compagnia, le prospettive non possono che migliorare. La lunga tradizione pugliese e la scarsa competitività hanno spesso visto il vino vincitore sulla birra. E forse, è stato proprio questo a spingermi a voler approfondire l’argomento. O forse è stata quella volta che, durante le superiori, sono inciampato nello stabilimento Guinness di Dublino scoprendo che la birra poteva non essere solo bionda o “rossa”.
Intraprendendo la facoltà di Scienze e Tecnologie Alimentari, la birra e gli alimenti in generale oltre a costituire un modo per mantenersi in salute ed appagati, diventano un mezzo per entrare in connessione profonda col mondo. Un ulteriore stimolo a conoscere posti affascinanti, nuove culture e modi di pensare. Coerenza vuole che l’ultimo anno di specialistica venga speso in Repubblica Ceca, nonostante le difficoltà imposte dal covid. Più precisamente, a Praga.