20 Luglio 2015

DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: diciassettesimo capitolo

DOKI E LA BEVANDA DEGLI DEI: diciassettesimo capitolo

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Il ragazzo non poteva credere che quel vecchio, il cui consiglio gli fu indispensabile per ottenere la Bevanda degli Dèi, fosse una spia!

Era incredibile, pazzesco!

Eppure, il giovane, non stava sognando, no!

Quell’uomo un po’ avanti con gli anni lo stava veramente liberando!

Doki avrebbe potuto assaporare nuovamente l’aria fresca e pura, avrebbe rivisto la luna e le stelle…

Con uno scossone Senhar, o come si chiamava realmente, destò Doki da quel suo incredulo torpore:

«Ragazzo, muoviti! Dobbiamo uscire da qui, subito!»

«Sì!»

«Avanti, Meryt-Ra non si salverà da sola!»

A quel punto il ragazzo, sentendo pronunciare il nome della sua amata, non solo si scrollò di dosso la flemma che lo aveva reso catatonicamente rassegnato, ma riacquistò vigore e voglia di vivere!

Avrebbe salvato la sua bella e si sarebbe vendicato di quei tre cani maledetti!

I due visir ed il sicario.

Tutti e tre sarebbero morti.

Non li avrebbe mai perdonati!

Mai e poi mai!

Ma in quel momento la priorità era una ed una soltanto: uscire dalle segrete!

Stringendo i denti, Doki, ricacciò in gola tutti i lamenti che tentarono di uscire dalle sue labbra ad ogni movimento.

Tutti i suoi muscoli erano indolenziti ed il soggiorno nelle Patrie Galere non era stato sicuramente rilassante.

Ed i… massaggi che aveva ricevuto durante la sua permanenza non furono… corroboranti. Mazze e bastoni, schiaffi e pugni, calci e percosse di ogni tipo… Le guardie non ci andarono sicuramente leggere con l’assassino della principessa.

Ogni passo un’agonia.

Ogni respiro una fitta.

Ma la possibilità di vivere e di salvare la sua amata donarono a Doki un’energia nuova, pura e potente.

Riuscì a muoversi più velocemente di quanto credesse possibile; riuscì addirittura a correre per alcuni istanti.

«Coraggio, Doki! Ti porterò fuori da qui e poi tenterò di entrare negli appartamenti di Am-nefer… devo riuscire ad estorcergli delle informazioni. Devo capire che cosa ha in mente di preciso… so le intenzioni di quei due ma non il loro piano preciso».

«No! Io so dove dobbiamo andare!»

«Che cosa? Come…»

«Quel cane di Am-nefer mi ha confidato, come mio ultimo desiderio, il suo piano!»

«Avanti, parla!»

«I nostri cari visir tengono prigioniera Meryt-Ra in un capanno al confine della città, dove li abbiamo trovati a congiurare con quel tizio. Ora è rinchiusa lì, con lui. Ma non resterà a lungo in quella catapecchia! Il piano dei visir è stato modificato, dato che io e la principessa li abbiamo scoperti! Quell’uomo è un sicario che domani ucciderà il Faraone dopo l’esecuzione della mia condanna a morte! Io ho dovuto confessare per salvare la vita a Meryt-Ra! Quando io sarò morto ed il Re mi farà compagnia nell’oltretomba, Meryt-Ra sarà sposata da Am-nefer per far sì che il popolo veda in lui un degno erede di Narmer!»

«Effettivamente quadra… presumo che lui stesso ucciderà il sicario, subito dopo il regicidio, in modo da risultare  un eroe agli occhi del popolo!»

«Credo anche io che il suo piano preveda anche l’omicidio del sicario. Ma se ho capito quella persona, quel subdolo figlio di un cane, lui vuole il potere assoluto».

«Beh, vuole ritornare sovrano del suo regno, credo che questo fosse scontato, no?» concluse Senhar.

I due continuavano a percorrere i tetri corridoi delle segrete, di soppiatto e bisbigliando.

«Onestamente, se conosco almeno un po’ quella feccia di Am-nefer, non credo che si accontenterà».

«Cioè?»

«Ragiona: che bisogno avrebbe di sposare Meryt-Ra se il suo scopo fosse soltanto quello di tornare nelle terre che prima gli appartenevano? Non credi che il suo popolo lo acclamerebbe a prescindere?»

«Non ti seguo…»

«Ho avuto tempo per pensare, in catene. Per me Am-nefer vuole il trono di Narmer. Tutto il suo regno. Se diverrà un eroe e se sposerà l’unica erede di Narmer… anche i sudditi di Narmer lo accoglieranno come il legittimo Faraone!»

«Ora ti seguo! Ma sulla sua strada c’è un altro ostacolo».

«Chi? Intendi forse Abdul?»

«Esatto. Anche lui è un visir. E per di più è il Visir che il popolo ha imparato ad amare come servo fedele di Narmer. Non lascerà che il potere gli venga soffiato da sotto il naso tanto facilmente!»

«Dopo che avrà assasinato Aniir il sicario, Am-nefer incastrerà Abdul. Credi che non sia in grado di costruire delle prove su misura per far figurare il vecchio visir come traditore?»

«Potresti aver ragione, Doki».

«Am-nefer è un pazzo. Un pazzo geniale! Dobbiamo fermarlo!»

«Mi piace come ragioni, Doki. Sei intelligente, buono e dal cuore puro!»

«Ti ringrazio, ma non c’è tempo per le lusinghe. Il primo passo per scongiurare questo complotto è salvare Meryt-Ra».

«Hai di nuovo ragione. Se approfittassimo del fattore sorpresa per tentare di sopprimere quei due traditori, come potremmo dimostrare che hanno mentito?»

«Già, andiamo!»

Doki riprese quella dolorosa marcia con foga.

Ma, forse, il suo fu un movimento troppo improvviso perché le sue martoriate membra potessero sopportarlo.

Un’ennesima fitta percorse la colonna vertebrale di Doki che, colto improvvisamente da quel malore, dovette appoggiare le ginocchia e le mani a terra.

Scivolò ulteriormente, fino a precipitare come un sacco di orzo su quel pavimento in terra battuta.

Una piccola nuvoletta di polvere e sabbia si sollevò; Doki respirò di quella insana e madida sostanza.

Aveva un odore forte e sgradevole ed al gusto risultò della sabbia intrisa di sangue ed escrementi.

Decisamente insana.

«Doki! Doki, forza! Non c’è tempo! Tra pochi minuti giungeranno le nuove guardie, pronte per sostituire quelle che hanno svolto il servizio notturno! Per inciso, quelle in arrivo, non le ho stordite! Se ci troveranno, saremo in due ad andare al patibolo, oggi!»

Doki, serrando le mascelle, compì uno sforzo enorme, quasi sovrumano.

Come se avesse sulla schiena tutto il peso del mondo, spinse sulle braccia per alzarsi in piedi.

Le vene del collo si ingrossarono, gli occhi si umettarono e, con uno sforzo titanico, degno di un Dio, il ragazzo riuscì a rimettersi in piedi.

«Ehi, chi c’è lì fuori? Vi prego, liberatemi!» una voce fuoricampo, quasi lontana, fece raggelare il sangue a Doki e a Senhar. Era quella di un detenuto.

«Che cosa dici? Sul serio ci sono degli evasi lì fuori? Vi prego, aiuto!» un altro prigioniero.

«Ehi, tu! Chiunque sia là fuori! Aiutatemi! Sarò giustiziato tra due giorni, ti prego! Salvami! Sarò il tuo schiavo a vita! Ti supplico!»

I due, Doki ed il suo salvatore, si guardarono negli occhi.

«Veloce! Se i prigionieri si mettono ad urlare e si rivoltano, giungeranno altre guardie prima del previsto!» incitò Senhar.

«D’accordo!»

Il vecchio prese a spalle il giovane e gli impose un passo veloce, troppo veloce perché il giovane potesse tenerlo da solo.

Uscire dalle prigioni fu facile.

Non vi era nessun soldato di guardia.

Tutti resi inoffensivi da Senhar.

Doki si chiese come avesse fatto un solo uomo, per di più in età avanzata, a rendere inoffensivi tutti quei soldati.

Ma poco importava, in realtà!

Senhar o come diavolo si chiamasse era una spia.

Sicuramente aveva ricevuto un addestramento particolare, sicuramente era in grado di affrontare situazioni che Doki neppure immaginava!

Non appena i due furono fuori, nel buio della notte, Doki chiuse gli occhi ed inspirò.

Un grande respiro.

Il ragazzo assaporò tutta la freschezza ed i profumi della notte.

Della libertà.

Schiudendo gli occhi velocemente, fissando lo sguardo sulla città, il giovane disse a denti stretti:

«Andiamo a salvare Meryt-Ra ed il Regno!»

 

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Alessio Lilliu
Info autore

Alessio Lilliu

Sono nato a Cuneo, ridente capoluogo di provincia piemontese.
Ho sempre amato la Natura e, seguendo questo amore, ho frequentato l’Istituto Tecnico Agrario ed ho proseguito i miei studi conseguendo, nel 2012, la Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari a pieni voti.
Ho sempre adorato la cultura in ogni sua forma, ma ho sempre odiato gli stereotipi.
In particolare lo stereotipo che ho sempre rigettato è quello che riguarda la relazione tra “persone studiose” e “persone fisicamente poco attraenti”. Per ovviare a tale bruttissimo stereotipo all’età di 11 anni cominciai a praticare Judo e ad oggi sono cintura nera ed allenatore di questa disciplina marziale.

Dal 2010 gestisco un’attività commerciale, l’Edicola della Stazione Ferroviaria di Cuneo.
Ho ricoperto nel 2011 anche il ruolo di Vice-Responsabile della qualità all’ingresso in un macello del cuneese e, una volta terminato il mio percorso di studi, nel 2012 per l’appunto, ho deciso di rendere il settore alimentare parte ancor più integrante della mia vita. Creai la Kwattzero, azienda di cui sono socio e che si occupa di prodotti disidratati a freddo e di produzione di confetture ipocaloriche, ricavate tramite un processo brevettato di mia invenzione e di mia esclusiva proprietà. Obiettivo finale della ditta è quello di arrivare a produrre i propri prodotti con un consumo energetico pari a zero tramite l’installazione di fonti di energia rinnovabile, per esempio pannelli fotovoltaici.

Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura, nacque in tenera età ed in particolare attorno ai sette anni, quando rubavo di nascosto la macchina da scrivere di mio padre, una vecchia Olivetti, per potermi sbizzarrire a sognare e fantasticare su terre lontane e fantastici eroi.

La mia passione per la scrittura venne ricompensata nel 2010 quando pubblicai il mio primo romanzo, “Le cronache dell’Ingaan”. La mia produzione letteraria prosegue a tutt’oggi con nuovi romanzi.

Dal 2012 sono Presidente di Tecno.Food, associazione che riunisce i Laureati e gli Studenti delle Scienze alimentari in seno all’Università degli Studi di Torino.

La nuova ed affascinante sfida che sto cominciando ad affrontare con enciclopediadellabirra.it mi permette di unire due mie grandi passioni: la scrittura e la birra!

Adoro sperimentare sempre nuove cose e nuovi gusti e questa è un’occasione davvero unica.