Numero 24/2020

13 Giugno 2020

La Brasserie de Waterloo, Brouwerij Timmermans e la Bourgogne des Flandres Brewery: la grande famiglia allargata di John Martin

La Brasserie de Waterloo, Brouwerij Timmermans e la Bourgogne des Flandres Brewery: la grande famiglia allargata di John Martin

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Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Brasserie de Waterloo/Mont-Saint-Jean

Waterloo è una cittadina del Brabante Vallone. La sua fama è legata all’omonima battaglia del 18 giugno 1815, che segnò la definitiva sconfitta di Napoleone Bonaparte.

Circa tre chilometri e mezzo a sud di Waterloo, su una cresta collinare, c’era una località, chiamata Mont-Saint-Jean, che, a quell’epoca, contava una trentina di case e, come principale costruzione, un’importante fattoria, Ferme de Mont-Saint-Jean. La famosa battaglia si svolse su tale cresta e nella sottostante pianura, mentre la fattoria fu adibita a ospedale campale per le truppe britanniche che curò oltre 6 mila feriti.

Anthony Martin (è proprio vero, che buon sangue non mente) ebbe la felice idea di comprare la storica fattoria e, in una sua ala, nel 2014 impiantò un microbirrificio, sfruttando l’acqua dolce del posto, a basso contenuto di ferro e calcio. Anche l’orzo e il frumento sono di provenienza locale, mentre ha già avuto inizio la coltivazione del luppolo.

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Ma c’è da precisare che, dal 1456, la birra Waterloo veniva prodotta dalla Brasserie du Marché a Braine-l’Alleud, che chiuse nel 1971.

Della gamma Waterloo segnaliamo:

Waterloo Strong Dark, belgian strong dark ale di un marrone scuro con riflessi rosso rubino e dall’aspetto opaco (g.a. 8,5%). La carbonazione quasi piatta origina una spuma color cappuccino sottile, cremosa, di sufficiente tenuta. Esteri, malti tostati, lievito, caramello, pasta di pane, noci, miele, frutta scura e gialla matura, zucchero di canna, liquirizia, uvetta, vaniglia, pepe bianco, e un soffio di alcol, allestiscono un bouquet olfattivo di elevata intensità e finezza attraente. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza alquanto grassa e appiccicosa. Nel gusto, l’alcol sa tenersi ben nascosto, facilitando la percezione perfetta dell’armonioso equilibrio raggiunto dalle note dolci dei cereali e amare del rampicante. Il percorso ha una durata da media a lunga, e termina alcolico e speziato, sfumando rapidamente tra le impressioni, prima, secche e aspre, poi, dolci e fruttate della notevole persistenza retrolfattiva.

Brouwerij Timmermans/Itterbeek

Il più antico produttore di lambic ancora attivo in Belgio. Si trova nel cuore del villaggio storico di Itterbeek, dal 1977 una sottomunicipalità di Dilbeek, nel Brabante Fiammingo.

Fino al 2010 si riteneva che questo birrificio fosse stato fondato nel 1781 da Hendrik Vanheyleweghen di Dilbeek; invece risulta che esso esisteva già nel 1702.

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Un tempo a Itterbeek vivevano poco più di 200 anime; eppure prosperavano ben 5 birrifici. Jan Vandermeulen e Joanna Esselinckx, rivevuta in eredità una fattoria vicino alla chiesa di Sint-Pieter, non esitarono a impiantare anche loro un piccolo birrificio con annessa taverna, Brouwerij De Mol, volgarmente noto come Het Molleken. E, con quest’ultimo nome, il birrificio viene menzionato ufficialmente per la prima volta nel testamento di Jan Vandermeulen a favore della figlia Elisabeth, datato 1702 appunto.

A loro volta, i registri delle accise parlano di una birra “bruna”. Ma alcuni indizi inducono a pensare che si trattasse di lambic: per esempio, la considerevole quantità di frumento usata per il mosto; la stagione brassicola per lo più concentrata in inverno. A loro volta, alcuni documenti fanno riferimento al koelschip (anglicizzato, coolship), la tradizionale vasca di raffreddamento del mosto, larga, aperta e piatta.

Nella seconda metà del secolo XIX Paul Jozef Walravens rilevò dai precedenti proprietari la fattoria e il birrificio, quest’ultimo ampliato al punto da risultare il secondo più grande di Itterbeek.

Unica erede di Paul Jozef Walravens era Celina Hendrika che, nel 1911, sposò Gerard Frans Timmermans, figlio di un produttore di birra di Zuun. E Paul vendette per quattro soldi fattoria e birrificio ai giovani sposini.

Nell’atto di compravendita si fa riferimento alla produzione e alla commercializzazione di lambic, geuze e kriek. I nuovi proprietari considerati gli enormi progressi fatti dal birrificio negli ultimi tempi, gradualmente abbandonarono l’agricoltura per concentrarsi sulla produzione della birra. Addirittura, nel 1920, chiusero la taverna per costruirvi un nuovo edificio annesso al birrificio.

Germaine, l’unica figlia di Gerard Frans Timmermans, sposò Paul van Custem. Alla morte, nel 1959, di Gerard Frans Timmermans, Paul van Custem ribattezzò il birrificio Brouwerij Timmermans e lo passò al figlio Raoul. Nel 1962 la società divenne un’azienda.

Diversi anni dopo, Raoul prese a lavorare con sé il fratello minore, Jacques, che aveva studiato birra. E la Timmermans divenne uno dei più grandi produttori di lambic in Belgio.

Per potersi espandere ulteriormente, nel 1984 i due fratelli strinsero una partnership con Rizla, una grande azienda produttrice di cartine per sigarette, che, acquistando il 50% più un’azione, poté rilevare la società. Mentre, lentamente, Raoul si ritirò.

Nel 1993 Rizla vendette la sua quota di maggioranza nella Timmermans a John Martin. Nel 2004, anche Jacques si ritirò, mantenendo soltanto un ruolo consultivo. Mentre il figlio, Frédéric, rimaneva direttore operativo nell’azienda.

Con l’ingresso della John Martin, la produzione della Timmermans prese a svilupparsi su due linee: Tradition e Fruitées. Alla prima appartengono prodotti a base di lambic realizzati artigianalmente, secondo la tradizione della regione, con un 30% di frumento e fatti maturare in botti di rovere. La seconda, è un arricchimento della prima, con l’introduzione di nuove specialità: birre fruttate e acidule, di ottima bevibilità, e con sempre crescente diffusione anche all’estero (circa il 40% della produzione). In realtà, si tratta di lambic “finti”, addomesticati e addolciti con zuccheri e sciroppi alla frutta.

Alla fine, la Timmermans decise di tornare alle sue radici. E, per il progetto di lambic tradizionali si accaparrò, come capo birraio, Willem van Herreweghen (già responsabile di produzione alla Palm e creatore della Geuzestekerij De Cam), assistito dal birraio Thomas Vandelanotte.

Nasceva così, nel 2009, la Timmermans Oude Gueuze. Oude (che significa “vecchio”) non punta tanto alla sua età, piuttosto indica il carattere tradizionale della birra, puro e senza additivi.

Nello stesso anno, l’azienda inaugurava al suo interno il Museo della Birra Timmermans, dedicato al mondo del lambic. Nel 2010 vedeva la luce, con le ciliege acide di Sint-Truiden, la Timmermans Oude Kriek. Da annotare infine che la Timmermans è anche membro HORAL, pertanto garantisce che i suoi metodi di produzione soddisfano gli standard dell’Unione Europea per il lambic e la gueuze.

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Timmermans Oude Gueuze, gueuze dal classico colore oro antico e di aspetto intorbidato dai sedimenti di lievito (g.a. 5,5%). È considerata “lo champagne delle birre”, anche in considerazione della disponibilità in edizione limitata. La bassa carbonazione origina bolle bianchicce piccole e persistenti. L’aroma si schiude rude e agreste, portando subito in primo piano sentori di cuoio, terra, stallatico, sudore animale, fieno, muffa; ma non mancano timide infiltrazioni di legno, miele, sottobosco, pompelmo, mela verde, rabarbaro. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza tra oleosa e acquosa. Nel gusto, non latita certo la tipica componente funky; esso comunque si rivela morbido e vellutato, raggiungendo un delicato equilibrio tra acido, aspro e una sottile dolcezza di supporto. Il finale ricorda, col suo amarore, la menta, anche la salvia; nello stesso tempo, risulta estremamente secco quasi quanto una grappa. Il retrolfatto si dilunga abbastanza per erogare fresche, acri, invitanti, suggestioni di scorza d’agrumi.

Timmermans Oude Kriek, kriek di colore rosso vivo e dall’aspetto confuso (g.a. 5,5%); disponibile, come la Oude Gueuze, solo in edizione limitata. Rispetto agli altri prodotti nello stesso stile, presenta un carattere di lambic più spiccato. Con una carbonazione abbastanza vivace, la spuma rosa trabocca copiosa, densa, ma non così resistente. L’aroma mette subito in evidenza una ciliegia leggermente acida, seguita a ruota dai caratteristici sentori del lambic. Il corpo tende al sottile, in una consistenza tra grassa e oleosa. Il gusto, dopo l’imbocco dolciastro, diventa via via aspro, piccante, acido, con note di legno e di cuoio. Nel finale l’acidità s’intensifica, diventando quasi astringente in un amarore persistente. Il retrolfatto riesce a combinare un buon equilibrio tra dolce e acido; mentre permane qualche impressione secca e aspra. Da annotare che questo prodotto si conserva fino a 12 anni.

Timmermans Faro Lambic, faro di colore bronzo chiaro e dall’aspetto nebuloso (g.a. 4%); con aggiunta di zucchero candito. Ha una carbonazione moderatamente bassa ma pungente; schiuma giallastra fine, cremosa, piuttosto solida; aroma di intensità elevata e sufficiente persistenza, con sentori di agrumi, quercia, vinaccioli, gesso, mele, rabarbaro, zucchero di canna, aceto, e l’immancabile componente funky anche se alquanto contenuta; corpo da leggero a medio, e di trama sciropposa e appiccicosa; gusto molto fresco, con una certa dolcezza stemperata via via da note rustiche, vinose, aspre, acide; finitura secca, e un po’ astringente; retrolfatto abbastanza lungo, un miscuglio di impressioni fruttate, citriche, legnose, zuccherine, lattiche.

Timmermans Framboise Lambic, framboise di colore rosso ambrato e dall’aspetto intorbidito (g.a. 4%). Presenta una carbonazione da media a vivace; schiuma rosa fitta e duratura; aroma intensamente fruttato, con ben distinti profumi di lampone fresco e sentori di lievito, nonché qualche accenno lattico; corpo da leggero a medio, e di consistenza oleosa alquanto appiccicosa; gusto con il lampone circoscritto nel ruolo di fondo per le sottili note agrodolci; finitura asciutta con un tocco di amarezza acida; robusto, ma corto, retrolfatto dalle suggestioni asprigne di marmellata di lamponi.

Timmermans Pêche Lambic, lambic alla pesca di colore giallo dorato intenso e dall’aspetto piuttosto confuso (g.a. 4%). Si propone con un’effervescenza alquanto vivace; schiuma bianca sottile, cremosa, di sufficiente tenuta; aroma dolce di pesca con un solo accenno di lievito terroso; corpo sottile tendente al medio, e di trama alquanto grassa e appiccicosa; notevole equilibrio gustativo tra il fruttato e l’acido, con una punta di amaro derivante dal nocciolo e dalla buccia della pesca; lungo finale secco e aspro; dolce retrolfatto con persistenti impressioni di frutta gialla sciroppata.

Timmermans Tradition Blanche Lambicus, witbier di colore oro sfocato e dall’aspetto opalescente (g.a. 4,5%). Si tratta di un prodotto particolarissimo, senz’altro unico al mondo: un lambic assoggettato al brassaggio tipico della bière blanche. La carbonazione, da moderata ad alta, determina una spuma bianca, fine, vaporosa, di rapida dissoluzione, e con segni residuali di labile allacciatura. All’olfatto, la buccia di arancia amara e i semi di coriandolo si fanno ben valere, a scapito dei sentori floreali e stallatici, di mango e ananas, di grano ed erba appena tagliata. Il corpo, da leggero a medio, presenta una sottile consistenza oleosa. Il gusto fruttato scivola in bocca fresco, vivace, con singolari venature di agrumi e di zenzero. Il finale si rivela lungo e pulito, con qualche nota piccante e di mela acida. Da parte sua, il retrolfatto appare un po’ aspro, ma non dura molto. Questa birra va bevuta in un tradizionale boccale di gres.

Bourgogne des Flandres Brewery/Brugge

Già nel 1765 esisteva a Loppem (Fiandre Occidentali) una fattoria-birrificio di proprietà di Pierre-Jacques van Houtryve. Nel 1825 il figlio fondò, a Bruges, il birrificio Den Os.

Poco prima della grande guerra, dei 34 birrifici di Bruges, tre (Den Os, La Marine e Ten Ezele) erano gestiti da altrettanti membri della famiglia Van Houtryve.

Nel 1911 il birrificio Den Os lanciò la Bourgogne des Flandres, autentica birra rosso-bruna delle Fiandre Occidentali. Questa birra sopravvisse alla popolarità delle pilsner e ai disastri della seconda guerra mondiale; ma nel 1957 il birrificio Den Os chiuse definitivamente i battenti.

La ricetta della Bourgogne des Flandres, dagli altri birrifici della famiglia Van Houtryve, nel 1980 finì alla Timmermans, rilevata da John Marti nel 1993. Con Anthony Martin, la Bourgogne des Flandres entrò nella Finest Beer Selection e, in prossimità dell’ex Den Os, nel 2015 fu costruito un nuovo microbirrificio. Fu così che questa prestigiosa birra ritornò nel centro storico di Brugge con un proprio opificio.

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Bourgogne des Flandres, sour red/brown di colore bruno con riflessi rossi e dall’aspetto quasi opaco (g.a. 5%); conosciuta anche come Bourgogne des Flandres Bière Brune. È la specialità di Brugge, la cui celebre torre è riportata in etichetta. Si ottiene a fermentazione mista, miscelando lambic e birra marrone di fermentazione alta, con imbottigliamento dopo oltre otto mesi d’invecchiamento in botti di rovere. Con una moderata effervescenza, la schiuma, da bianco sporco a beige, fuoriesce sottile, cremosa, ma non dura più di tanto. L’aroma, ricco e intenso, sprigiona una freschezza acidula, anche una lieve asprezza di frutti rossi. Il corpo, medio-pieno, ha una consistenza sciropposa. Il gusto è granuloso, agrodolce, con note di torrefazione e caramello; nella seconda parte del percoso però si percepisce nettamente il ritorno olfattivo dei frutti rossi con la loro acidità presto fagocitata da un amarore legnoso. Nel finale una secchezza semidolce prende il posto dell’acidità. Deliziose sensazioni di fragola, lampone e amarena segnano la lunga persistenza del retrolfatto che si rifugia infine in un evanescente suggerimento di quercia.

 

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Antonio Mennella
Info autore

Antonio Mennella

Sono nato il primo gennaio 1943 a Lauro (AV) e oggi risiedo a Livorno.
Laureato in giurisprudenza, sono stato Direttore Tributario delle Dogane di Fortezza, Livorno, Pisa, Prato.
 
La scrittura è sempre stata una delle mie passioni, che è sfociata in numerose pubblicazioni di vario genere, alcune specificatamente dedicate alla birra. Gli articoli riportati sul Giornale della Birra sono tratti da La birra nel mondo, in quattro volumi, edita da Meligrana.

Pubblicazioni: 
Confessioni di un figlio dell’uomo – romanzo – 1975
San Valentino – poemetto classico – 1975
Gea – romanzo – 1980
Il fratello del ministro – commedia – 1980
Don Fabrizio Gerbino – dramma – 1980
Umane inquietudini – poesie classiche e moderne – 1982
Gigi il Testone – romanzo per ragazzi – 1982
Il figlioccio – commedia – 1982
Memoriale di uno psicopatico sessuale – romanzo per adulti – 1983
La famiglia Limone, commedia – 1983
Gli anemoni di primavera – dramma – 1983
Giocatore d’azzardo – commedia – 1984
Fiordaliso – dramma – 1984
Dizionario di ortografia e pronunzia della lingua italiana – 1989
L’Italia oggi – pronunzia corretta dei Comuni italiani e nomi dei loro abitanti – 2012
Manuale di ortografia e pronunzia della lingua italiana – in due volumi – 2014
I termini tecnico-scientifici derivati da nomi propri – 2014
I nomi comuni derivati da nomi propri – 2015
 
Pubblicazioni dedicate alla BIRRA:
La birra, 2010
Guida alla birra, 2011
Conoscere la birra, 2013
Il mondo della birra, 2016
 
La birra nel mondo, Volume I, A-B – 2016
La birra nel mondo, Volume II, C-K -2018
La birra nel mondo, Volume III, L-Q – 2019
La birra nel mondo, Volume IV, R-T – 2020
 La birra nel mondo, Volume V, U-Z– 2021
Ho collaborato, inoltre, a lungo con le riviste Degusta e Industrie delle Bevande sull’origine e la produzione della birra nel mondo.