Numero 40/2017

7 Ottobre 2017

I Contrabbandieri di Birra: Capitolo 51

I Contrabbandieri di Birra: Capitolo 51

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La piazza ove si sarebbe svolta l’esecuzione dei parenti del partigiano era ampia.

Ben presidiata, più di trenta camice nere armate fino ai denti.

Solo tre strade ampie si intersecavano attorno ad essa, rendendo difficile la fuga.

Ad un primo, fugace colpo d’occhio, Giuseppe capì che tentare un salvataggio in quel luogo equivaleva ad un suicidio collettivo.

I volontari che avevano aderito alla missione di salvataggio erano una ventina.

Tanti ma insufficienti per garantire che tutti potessero lasciare quel luogo incolumi.

Erano perfino pochi per garantire che tutti ne uscissero vivi, figurarsi incolumi!

I fascisti erano armati con mitragliatrici, caricatori inseriti e colpo in canna.

Loro avevano solamente delle pistole di ridotto calibro, per non destare sospetti.

Gli uni avevano a testa decine di colpi da poter sparare a raffica in una volta sola, gli altri, invece, caricatori da sei a dieci pallottole da sparare singolarmente.

Era come se un bambino con una spada di legno affrontasse in un duello mortale un cavaliere alto due metri, su di uno stupendo destriero, protetto dalla propria armatura con in mano uno spadone a due mani…

Il giovane ne era convinto: un suicidio!

«Ragazzi,»esordì sottovoce il loro leader, l’amante di Beatrice «Siamo nella merda… ma ora non possiamo più tirarci indietro! Alcuni di noi potrebbero non fare ritorno… tenete un proiettile per voi, come sempre! Non devono catturarci vivi! Se lo facessero sarebbe la fine per le nostre mogli, per i nostri figli e per tutti i nostri Compagni all’accampamento! Chiaro? Dio non voglia che qualcuno di noi sia costretto al suicidio ma, se capitasse, giurate ora, sulla testa dei vostri figli, che lo farete!»

Tutti, senza il minimo segno di esitazione, fecero un cenno con la testa.

In quel momento, Giuseppe e Pietro si resero conto che quelle persone non erano solamente dei fuggiaschi, dei ladri e contrabbandieri, degli assassini fuorilegge…

Quelle erano persone che combattevano per una causa, una causa comune e ben più nobile del vil denaro!

Giuseppe si sentì un verme, una persona abbruttita dalla cupidigia e dall’avarizia!

Capì che quegli uomini, invece, vivevano e morivano senza rimpianti, credendo che il loro sacrificio avrebbe portato ad una nuova idea di Italia, un paese libero dalla Guerra e dalla violenza!

Decise, così, quasi d’impeto, che se fosse sopravvissuto, avrebbe dedicato anche lui la sua vita a quella causa!

Ed anche quel giorno avrebbe fatto la sua parte!

«Sette…» disse sottovoce.

«Come dici?» chiese il leader di cui continuava a non ricordarsi il nome.

«Sette… sono le persone che ho ucciso fino ad oggi! Alla fine di questa giornata, sono sicuro, raggiungerò doppia cifra…»

«Ed allora diverrai un vero uomo, uno dei nostri!»

«Hai un piano?»

«Qualche idea…»

«Se posso permettermi…»

«Parla, le buone strategie sono sempre benaccette!»

«Siamo circa in venti, giusto?»

«Esatto!»

«Se ci dividiamo su tutti i lati della piazza, sicuramente dieci, quindici fascisti potremmo anche ucciderli. Ma loro ucciderebbero subito i condannati e, accerchiati come saremmo, faremmo anche noi la stessa fine!»

«Cosa proponi?»

«Due di noi si posizionerà fuori dalla piazza, dietro ai fascisti. Due per imbocco stradale. Si sentono sicuri di sé, è logico… hanno lasciato le camionette accese, avete notato?»

«Sì, prosegui».

«Al segnale convenuto, per esempio un grido “Per la Libertà”, altri due di noi, posizionati nei pressi delle camionette e delle camice nere, ma da questo lato della piazza, quello interno, inizieranno a sparare ai fascisti. I primi due colpi devono assolutamente andare a segno! I gruppetti sono da quattro a sei per ogni lato della piazza, avete visto, no? Morti i primi due, i restanti imbracceranno le armi. Allora, i due sul lato esterno abbatteranno gli altri con il fuoco incrociato. È importante che nessuno spari prima del tempo! Saranno come delle raffiche, prima da in mezzo alla piazza, poi da fuori, poi di nuovo da dentro e così via, fino a quando non li avremo sterminati. Sul palco, hai detto che ci dovrebbero essere circa venti uomini. Dovremo abbatterne il più possibile durante il grido che fungerà da segnale. Il resto… beh, dipenderà solo dalla loro capacità di reazione. Loro hanno le mitragliatrici… non gli servirà essere precisi… e a loro non frega nulla se dei civili ci rimettono le penne. Noi, invece dobbiamo essere perfetti e perfettamente sincronizzati. E dobbiamo salvare tutti i civili, se possibile! Io interpreto così la battaglia! Ovviamente anche chi resterà davanti al palco dovrà essere disperso tra la folla… non dobbiamo minimamente essere raggruppati, ciò darebbe loro un facile bersaglio!»

«Mi piace! Sei un buon stratega… forse un po’ troppo ottimista,ma sei un buon stratega! E per la fuga?»

«Uccisi i soldati agli ingressi della piazza, i nostri ruberanno i loro mezzi, le chiavi sono inserite ed i motori accesi. Rubiamo i loro berretti, così una volta usciti dalla città, se non avranno ancora avuto il tempo di organizzarsi… beh, nessuna pattuglia ci fermerebbe!»

«Credi che non si siano organizzati?»

«La speranza è l’ ultima a morire, ma credere di abbandonare la città senza dover combattere di nuovo… sarebbe da folli, oltreché da ingenui. Ma con noi avremo anche le mitragliatrici rubate ai morti!per la fuga… non possiamo dirigerci direttamente verso il campo… dovremo andare in un’altra direzione… verso Carmagnola? E poi torneremo per i boschi, come quando mi hai condotto al campo per la prima volta! Che ne dite?»

«Credo che possa funzionare! Allora: voi due di là, voialtri…» il leader cominciò a suddividere i suoi uomini.

Una volta che i partigiani ebbero ricevuto le proprie istruzioni, Giuseppe andò a fianco all’uomo:

«Giuseppe, hai dimenticatoi dire a tutti che fine farò io…»

«In che senso?»

«Oh, andiamo… una mente acuta come la tua ci avrà sicuramente pensato… il fuoco dei fasci sul palco si concentrerà tutto su chi lancerà il grido. Io sono il capo, sarò io ad urlare. E questo lo sai anche tu…»

Giuseppe non rispose. Sapeva di essere stato colto in fallo… la gelosia…

C’era forse qualche sentimento più subdolo?

«Ma non ti preoccupare… il tuo piano è sicuramente migliore del mio, quello che ho elaborato durante il viaggio… sono pronto al sacrificio… prometti miche ti prenderai cura di Beatrice se… beh…»

«Non ci sarà bisogno di ciò! Tu tornerai!»

«Ad ogni modo… in bocca al lupo! Forza, in posizione!»

 

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Alessio Lilliu
Info autore

Alessio Lilliu

Sono nato a Cuneo, ridente capoluogo di provincia piemontese.
Ho sempre amato la Natura e, seguendo questo amore, ho frequentato l’Istituto Tecnico Agrario ed ho proseguito i miei studi conseguendo, nel 2012, la Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari a pieni voti.
Ho sempre adorato la cultura in ogni sua forma, ma ho sempre odiato gli stereotipi.
In particolare lo stereotipo che ho sempre rigettato è quello che riguarda la relazione tra “persone studiose” e “persone fisicamente poco attraenti”. Per ovviare a tale bruttissimo stereotipo all’età di 11 anni cominciai a praticare Judo e ad oggi sono cintura nera ed allenatore di questa disciplina marziale.

Dal 2010 gestisco un’attività commerciale, l’Edicola della Stazione Ferroviaria di Cuneo.
Ho ricoperto nel 2011 anche il ruolo di Vice-Responsabile della qualità all’ingresso in un macello del cuneese e, una volta terminato il mio percorso di studi, nel 2012 per l’appunto, ho deciso di rendere il settore alimentare parte ancor più integrante della mia vita. Creai la Kwattzero, azienda di cui sono socio e che si occupa di prodotti disidratati a freddo e di produzione di confetture ipocaloriche, ricavate tramite un processo brevettato di mia invenzione e di mia esclusiva proprietà. Obiettivo finale della ditta è quello di arrivare a produrre i propri prodotti con un consumo energetico pari a zero tramite l’installazione di fonti di energia rinnovabile, per esempio pannelli fotovoltaici.

Per quanto riguarda la mia passione per la scrittura, nacque in tenera età ed in particolare attorno ai sette anni, quando rubavo di nascosto la macchina da scrivere di mio padre, una vecchia Olivetti, per potermi sbizzarrire a sognare e fantasticare su terre lontane e fantastici eroi.

La mia passione per la scrittura venne ricompensata nel 2010 quando pubblicai il mio primo romanzo, “Le cronache dell’Ingaan”. La mia produzione letteraria prosegue a tutt’oggi con nuovi romanzi.

Dal 2012 sono Presidente di Tecno.Food, associazione che riunisce i Laureati e gli Studenti delle Scienze alimentari in seno all’Università degli Studi di Torino.

La nuova ed affascinante sfida che sto cominciando ad affrontare con enciclopediadellabirra.it mi permette di unire due mie grandi passioni: la scrittura e la birra!

Adoro sperimentare sempre nuove cose e nuovi gusti e questa è un’occasione davvero unica.