Numero 41/2019

8 Ottobre 2019

Birrificio Barba d’Oro: un mix perfetto tra Svezia, Italia e Germania!

Birrificio Barba d’Oro: un  mix perfetto tra Svezia, Italia e Germania!

Condividi, stampa o traduci: X

 

Prendete un pizzico di Svezia e aggiungeteci un po’ di Italia, con un tocco di Germania, ed ecco il  Birrificio Barba d’Oro. Questo  brewpub, che ha appena compiuto un anno, nasce dalla passione per le birre di  Joakim (svedese) e  Katri (italo-tedesca) . Passione che dopo anni di birra fatta nel garage ha trovato una sua casa in un capannone (con cortile) nella zona industriale di  Trezzano sul Naviglio, in  via Capuana 10, dove Jocke e Katri danno libero sfogo alla loro voglia di sperimentare grazie a un piccolo impianto a vista dietro il bancone.
In un ambiente molto particolare, con spesso musica dal vivo, i due ragazzi accolgono i clienti con le loro creazioni accompagnate da piatti che rappresentano un perfetto mix dei tre paesi. Il compleanno del birrificio è stata l’occasione per fare una chiacchierata con Katri e Jocke, che al  Giornale della Birra hanno raccontato come ha avuto inizio il loro viaggio nel mondo della birra artigianale e i progetti futuri.
.
.
Quando e come è iniziata l’avvenuta del Birrificio Barba d’Oro?
“La nostra avventura è iniziata in un box di Albairate. Joakim si è trasferito qui dal grande nord della Svezia ad ottobre 2015. Lui è sempre stato un home brewer e ha iniziato a fare la birra in un box. Io avevo sempre bevuto birra, ma non avevo mai visto farla e per me quindi vedere come nasce è stata una novità. Poi ci siamo guardati in giro per cercare dei concorsi dove presentare le nostre creazioni. Abbiamo trovato i concorsi di MoBi e Joakim ha iniziato a presentare la sua birra, che è piaciuta tantissimo. Da lì è venuta voglia anche a me di iniziare a produrre birra e la mia prima è stata una Irish Red Ale. Ogni tanto abbiamo anche partecipato entrambi come concorrenti ai concorsi di homebrewer. Abbiamo girato e abbiamo conosciuto un sacco di ragazzi simpaticissimi dove tutti cercano di darti una mano”.
Quando avete realizzato che potevate trasformare la vostra passione in una vera e propria attività?
“In occasione del Genova Beer Festival, dove Joakim ha presentato la sua Saison, abbiamo chiacchierato un po’ con Kuaska (Lorenzo Dabove) e ad un certo punto lui ci ha chiesto se avessimo mai pensato di farlo per professione. Nel frattempo Joakim aveva trovato lavoro in un birrificio di Abbiategrasso, la Morosina, e già aveva messo le mani su impianti più grossi. Quindi abbiamo iniziato a riflettere e a chiederci…’perché no?’ “
.
.
Come avete mosso i primi passi?
“Abbiamo trovato un impianto usato nel cuneese e poi ci siamo chiesti dove potessimo metterlo. Quindi abbiamo iniziato a guardarci in giro e abbiamo trovato questo piccolo capannone in un’asta pubblica. Era veramente un rottame e le tappe del restauro sono state ‘drammatiche’. Ci abbiamo messo un bel po’. Nel tempo libero facevamo quello che si poteva.  Il bancone, ad esempio, lo abbiamo trovato su subito.it.. Era di un bar anni 50. Alcuni tavoli arrivano da un locale di scambisti e altri da una chiesa protestante tedesca, insomma sacro e profano, però ci piaceva così. Abbiamo voluto creare un ambiente rilassato nel quale ci piace avere musica dal vivo. Facciamo suonare un bel po’ di ragazzi. Essendo in una zona industriale, non creiamo ‘casino’.  Inoltre, in cucina abbiamo trovato una ragazza bravissima. Il team funziona. Abbiamo i nostri clienti affezionati che tornano. Siamo orgogliosi di quello che facciamo e abbiamo la fortuna di avere un impianto piccolo e quindi in realtà siamo ancora degli homebrewer e possiamo sperimentare. Abbiamo un impianto da 200 litri e se anche la birra non viene come vogliamo possiamo cambiare, infatti la nostra tap list è sempre in evoluzione. Adesso abbiamo anche preso una macchinetta per chiudere le lattine. Vogliamo portare le birre alle fiere e venderle anche qui. Questo sarà un nuovo potenziale da sfruttare”.
Avete festeggiato un anno di vita. Ve lo aspettavate?
“Sì, siamo arrivati al primo compleanno. Onestamente non so neanche io cosa ci aspettassimo. All’inaugurazione ci chiedevamo se qualcuno sarebbe venuto e invece abbiamo avuto il pienone. In quell’occasione abbiamo realizzato che c’era del potenziale pazzesco. Da lì in poi è stato un crescendo. Ovviamente dobbiamo ancora pedalare tanto, ma ad esempio rispetto a chi produce e vende noi abbiamo un ritorno più immediato. Riusciamo, anche per questo, a  tenere i prezzi più bassi e questo ci aiuta. Non abbiamo le spalle così larghe. Ci sosteniamo tramite i nostri risparmi e dei finanziamenti”.
.
.
Parlami delle vostre birre. Quali sono?
“All’inizio la prima birra l’abbiamo prodotta presso il birrificio la Morosina. La prima cotta l’abbiamo fatta lì. Era una Kolsch; poi per non presentarci all’apertura con una sola birra l’abbiamo diversificata. In una parte abbiamo messo dei lamponi in infusione – e abbiamo creato quasi una sour – e in un’altra abbiamo messo dei pezzi di rovere e ha funzionato. Il tannino infatti si sentiva. Poi un’altra l’abbiamo caricata di luppolo e l’abbiamo chiamata ‘al lupo al lupo’, che ora è diventata una serie tutta sua.  Poi quando è arrivata la licenza, a ottobre siamo partiti e abbiamo iniziato con le birre invernali. Io adoro le Rauchbier e ne abbiamo fatta una che tornerà adesso in inverno. Joakim inoltre ha una ricetta segreta per una birra natalizia, che l’anno scorso a Vigevano in occasione di Birre Vive sotto la Torre ha spopolato. Durante l’inverno faremo le birre più forti. Ora alla spina, tra le altre, abbiamo una Brown ale e una Lager che abbiamo fatto proprio per il compleanno, la Capuana 10.  In ogni caso abbiamo già tanti progetti. Io vorrei fare anche una Iga e poi una Barley Wine. Dobbiamo anche iniziare a fare il calendario delle birre in modo da modularle”.
Che tipologia di clienti avete?
“Abbiamo una fascia di età che va soprattutto dai trenta a salire. Parliamo di una clientela interessata alla birra. Poi noi abbiamo anche il beer flight e così chi viene riesce a farsi un’idea. Abbiamo uomini e donne in uguale misura, cosa che mi fa molto piacere perché è comunque la birra è sempre stata un feudo maschile”.
Non ci sono ormai troppi birrifici?
“Sì, forse di birrifici ce ne sono troppi mentre di brewpub siamo ancora pochi. Noi stiamo nel nostro angolino. Siamo piccoli e non vogliamo neanche ingrandirci. Come brewpub abbiamo visto che il mercato c’è. Siamo arrivati al primo compleanno e spero ce ne saranno tanti”.
.
.
Quali sono i vostri progetti futuri?
“I progetti futuri sono di continuare a navigare. Siamo appena usciti dal porto.  Andiamo avanti così sereni. Abbiamo anche del potenziale legato alla vendite delle lattine e dei fusti. Adesso inoltre siamo aperti da giovedì a domenica e vorremo iniziare ad aprire anche il mercoledì. Piano piano quindi vogliamo aumentare i giorni di apertura. Anche le fiere per noi sono importanti per farci conoscere. Per noi sono tutta pubblicità”.
Conclusa la lunga chiacchierata con Katri è il turno di Joackim che esprime anche lui molta soddisfazione per l’andamento del birrificio in questo primo anno di vita.  “Ci sono ancora tante cose da fare ma è una bella avventura. Abbiamo un bel po’ di clienti che tornano quasi sempre e  questa è una grande soddisfazione. Sono molto contento. Solo quattro anni fa non avrei mai pensato a questa avventura, ma mi ritengo molto soddisfatto. Ogni tanto è pesante, ma questa attività funziona e ogni mese miglioriamo passo dopo passo. La mia idea è di avere tre birre fisse: una chiara, come adesso la Capuana 10, una stout e la Ipa, Highway 1 più altre tre che ruotano”.
“Io sono un amante della birre luppolate, come le Ipa.  Apprezzo anche le birre inglesi, come le bitter e le special bitter, ma qui sono molto difficile da trovare. Tra le mie birre mi piace molto “a Highway 1 , la nostra american Ipa, abbastanza amara – tra i 60-70 ibu”, aggiunge Joakim che tra le sue prossime creazioni pone l’accento sulla futura birra di Natale.
“E’ una birra che ho fatto tante volte. E’ difficile da identificare in uno stile. E’ una birra scura con un bel po’ di miele e un lievito Saison. Non rimane quindi un retrogusto dolce. Poi aggiungo cannella, zenzero fresco e scorza d’arancia. E’ particolare, ma anche questa ha venduto abbastanza bene”.

 

Condividi, stampa o traduci: X