Numero 11/2020

9 Marzo 2020

Brasserie di Tricesimo: una stella polare dall’anima femminile!

Brasserie di Tricesimo: una stella polare dall’anima femminile!

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Dalle parti di Udine, la Brasserie di Tricesimo è un’istituzione per gli appassionati di birra. E da ormai quasi 25 anni: era infatti il 1996 quando Matilde Masotti, insieme al marito Norberto, ha aperto il locale, diventandone subito l’anima. Matilde ha ricevuto lo scorso febbraio al Beer Attraction il premio Le Donne della Birra, insieme ad altre cinque imprenditrici meritevoli del settore: l’abbiamo incontrata in Brasserie.

 

Matilde, come sei arrivata a fare la publican?

In realtà non era nei miei progetti, basti dire che a me non piaceva nemmeno la birra. All’epoca gestivo un piccolo bar di paese, ma il sogno di mio marito Norberto era quello di aprire una birreria, e naturalmente mi ha coinvolta. Molti ci scoraggiavano: all’epoca il mercato era composto quasi unicamente da birre “facili” tedesche, e noi invece avremmo voluto qualcosa di diverso, con un’offerta di birre belghe. Però, quando si è presentata l’occasione di affittare un locale adatto, ci siamo buttati. E l’abbiamo chiamato Brasserie, appunto con il nome dato nei monasteri belgi al locale mescita.

 

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Come sono stati gli inizi?

Non semplicissimi perché, come prevedibile, ci eravamo posti in un segmento di mercato ancora piuttosto ristretto. Però il fatto di spiegare a tutti ciò che avevano nel bicchiere, far assaggiare prodotti diversi, immedesimarsi nei gusti dell’avventore, ci ha consentito non solo di fidelizzare i clienti ma anche di creare in loro una sensibilità nuova sul fronte birrario. In questo senso, mi ha molto aiutata ciò che mi disse una volta colui che mi ha insegnato a fare la barista: “Ricordati che chi entra da quella porta non è un numero nel bilancio della tua attività, è una persona, e tu devi capire quella persona”.

 

In effetti, sei nota per essere in grado di capire al volo i gusti di chi arriva al bancone: sensibilità femminile?

No, semplice esperienza. In realtà, il fatto di essere donna in un ambiente prettamente maschile – visto che di donne nel settore birrario stiamo parlando – non ha aiutato. Mi sono dovuta confrontare con clienti (uomini, naturalmente) che pretendevano di insegnarmi come si spillava una birra anche se loro non l’avevano mai fatto prima e io viceversa avevo anni di esperienza, o con altri che si sono lasciati andare a battute sessiste piuttosto pesanti. Ma è altrettanto vero che, essendo io estremamente diretta nel dire ciò che penso, alcuni di loro hanno apprezzato la mia franchezza nel far notare questi comportamenti e sono poi diventati clienti abituali.

 

Torniamo alla Brasserie: come siete arrivati a servire in maniera pressoché esclusiva birre artigianali?

All’inizio, come dicevo, ci siamo focalizzati sulle birre belghe. Attorno al 2010 però, complice anche l’apertura di alcuni birrifici artigianali in Regione, abbiamo iniziato a tenere anche le loro produzioni e quelle di altri birrifici artigianali italiani. L’idea era quella di offrire qualcosa di diverso e di qualità, sia locale che non. Abbiamo iniziato ad organizzare anche serate con i birrai, degustazioni anche con abbinamenti gastronomici, un festival a giugno, e altre iniziative analoghe. L’interesse riscosso è stato tale per cui le birre artigianali, soprattutto italiane ma anche estere, sono arrivate a costituire praticamente la totalità della nostra offerta; e facciamo da distributori noi stessi.

 

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Qual è stato il più grande cambiamento che hai visto in questi anni?

Sicuramente l’aumento della consapevolezza nel cliente: la gente vuole sempre più sapere che cosa sta bevendo, e arriva spesso già informata. Non a caso hanno aperto in città anche altri pub indipendenti e incentrati esclusivamente sulla birra artigianale, a dimostrazione che la domanda c’è. In generale, è cresciuta la cultura birraria: è significativo il fatto che siamo sede dell’Associazione Homebrewers Fvg, che è anche circolo MoBi, e uno dei punti di riferimento per l’Associazione Le Donne della Birra, di cui sono socia.

 

Una sensibilità creata da voi o nata dal basso?

Entrambi, direi. La sensibilità non cresce se non viene stimolata da produttori e publican, ma questo stimolo deve a sua volta trovare terreno fertile.

 

Progetti per il futuro?

Per ora non mi sbilancio; ma posso anticipare che la nostra idea è quella di lavorare ad un progetto di ampio respiro, da portare avanti sul lungo termine. Continuate a seguirci e…verrete a saperlo a tempo debito!

 

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Chiara Andreola
Info autore

Chiara Andreola

Veneta di nascita e friulana d’adozione, dopo la scuola di giornalismo a Milano ho lavorato a Roma – dove nel 2009 ho conseguito il titolo di giornalista professionista – e a Bruxelles al DG Comunicazione della Commissione Europea. Lì sono iniziati i miei primi timidi approcci con la birra, tra cui la storica Bush de Noel che ha finito per mettere il sigillo definitivo alla storia d’amore tra me e il mio futuro marito – e già da lì si era capito che una storia d’amore era nata anche tra me e la birra. Approdata a Udine per seguire appunto il marito, qui ho iniziato ad approfondire la mia passione per la birra artigianale grazie al rapporto in prima persona con i birrai – sia della regione che più al largo – e i corsi di degustazione tenuti dal prof. Buiatti all’Università di Udine; così dal 2013 il mio blog è interamente dedicato a questo tema con recensioni delle birre e resoconti delle miei visite a birrifici, partecipazioni ad eventi e degustazioni. Le mie collaborazioni con pubblicazioni di settore come Il Mondo della Birra e Nonsolobirra.net, con eventi come la Fiera della Birra Artigianale di Santa Lucia di Piave e il Cucinare di Pordenone, e la conduzione di degustazioni mi hanno portata a girare l’Italia, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Svezia. Ora sono approdata anche al Giornale della Birra, un altro passo in questo mio continuare a coltivare la mia passione per il settore e la volontà di darvi il mio contributo tramite la mia professione.