Numero 28/2019

10 Luglio 2019

“London Calling” e Modena risponde – ORA Brewing

“London Calling” e Modena risponde – ORA Brewing

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Sono un semplice imbrattatore di fogli A4 e semino parole e punteggiatura a caso.
Forse sarà perchè ho fortuna, ma ogni volta ne esce secondo me qualcosa di buono.
Oggi provo a raccontare una favola divenuta realtà.

 

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Seguire la massa ci frega, ci nasconde delle alternative.
Bere quello che offre un supermercato ci può aiutare a fare prima, ma ci neghiamo la curiosità di provare altro.
L’arte della birrificazione artigianale deve essere ricercata, andare oltre lo scaffale degli sconti.
Dobbiamo trovare tempo e farci venire la voglia di scoprire un mondo diverso, il mercato dell’artigianalità.
Per averne l’occasione però servono persone che con il loro impegno ci offrano questa diversità.
Persone che con passione e all’inizio con pochi mezzi si mettano a fare prove di bolliture in un garage, non si arrendano se il risultato è una sorta d’intruglio.
Persone che con caparbia continuino nella ricerca di un prodotto di qualità.
Persone che riescano a trasformare il gioco in una professione e sappiano offrirci qualcosa di originale.

Questa di oggi è la storia di tre giovani italiani che sono andati all’estero per fare birra.
Ne parleremo con Daniele, uno di questi impavidi ragazzi partiti da Modena e andati a Londra per realizzare un loro sogno.

 

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Ciao Daniele, per iniziare ci fai una piccola identikit di ognuno di voi?
Agli ordini caro…
Daniele (io) vive a Londra dal 2014 e proprietario del garage dove tutto è iniziato a fine degli anni 2000. Emanuele vive a Milano da sempre e ha conosciuto Daniele (ancora io) all’università.
Pietro è ingegnere e vive a Modena con la sua famiglia.
Simone e’ anche lui di Modena e ha iniziato a fare birra con noi dall’anno scorso.
Matteo invece è della Sardegna ed ha incontrato Daniele (sempre io) a Londra.
Da tre che eravamo ORA siamo diventati cinque.

 

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Modena… la prima cosa che mi viene in mente è la Scuderia Ferrari o la Panini.
“Mamma da grande farò il pilota di Formula 1, ma prima voglio completare l’album delle figurine…”.
Quali erano i vostri sogni da bambini e quali quelli di oggi?
Superato il periodo del pilota, dell’astronauta e del pompiere è stato subito chiaro che la normalità non era per noi. Ancora non sapevamo cosa, ma dovevamo creare qualcosa di nuovo e innovativo. Io volevo aprire un ristorante ma francamente di trattorie a Modena ce ne sono troppe… allora provai con Emanuele a creare un social network per eventi chiamato “One night on”… un disastro! Un sito pubblicato ma mai usato da nessuno.

 

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A chi è venuta in mente l’idea di fare la prima cotta in “garage”?
Eravamo ancora ragazzi, i soldi non erano tanti, si cercava sempre il modo per risparmiare e la birra è stato il primo argomento. All’inizio l’idea era produrla noi per spendere meno.
Poi la passione ha preso il sopravvento, alcolica non era più un aggettivo sufficiente.
Profumata, fruttata, torbida, maltata, le possibilità erano infinite e non eravamo nemmeno all’inizio.

 

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Da quel momento da “Garagebrewer” in cosa vi siete trasformati?
Siamo passati al livello successivo, ora guidiamo un team motivato di talenti creativi.
Ci confrontiamo con un mondo dove nascono idee in continuazione e vogliamo dare il nostro contributo proponendo continuamente novità.
Da quando producevamo in garage ci sono stati molti cambiamenti tecnici e grande crescita della nostra professionalità.
Adesso possediamo molte più capacità creative.

 

 

Il vostro birrificio si chiama ORA Brewing, perché questo nome?
ORA nasce dal dialetto Modenese, in italiano significa ombra. Abbiamo immaginato un contadino che alla fine della giornata di lavoro si siede all’ombra a riposare e si rinfresca godendosi una birra eccezionale.

 

Invece di continuare e consolidarvi in Italia avete scelto prima di distribuire e da poco trasferirvi a Londra, una città di ben 8 milioni di abitanti che a un campagnolo come me mette paura solo il pensiero di andarci in vacanza.
Voi invece avete fatto una scelta decisamente coraggiosa. Ce la vuoi spiegare?
Hai ragione, uno po’ come un americano che vuole aprire una pizzeria in centro a Napoli. Londra e’ una delle capitali mondiali della birra e non si possono commettere errori.
Non è facile ma è l’unico posto dove crediamo sia possibile realizzare quello che vogliamo.
L’Italia ha una storia birraria molto recente e in particolare a Modena 5 anni fa era difficile trovare un pubblico alla ricerca sempre di continue novità. L’interesse era basso, al bar si ordinava una chiara media o una “doppio malto” per capirci. Le cose adesso sono cambiate, ma non abbastanza.

 

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Aprire un birrificio in Inghilterra, più facile che in Italia?
Purtroppo sì, infinitamente. Poca burocrazia, regole chiare e si fa tutto online.
All’inizio abbiamo valutato entrambe le possibilità.
L’Italia è un paradiso di odori e di sapori; un’ispirazione continua, ma avviare un business richiedeva più forza di quanta non ne avessimo.

 

Italiani in Inghilterra.
Mi viene in mente un film “Fumo di Londra” dove il grande Alberto Sordi interpreta Dante che giunto nella “City” si immedesima immediatamente nel gentleman britannico tipico e inizia a rinnegare la propria italianità.
Non è il vostro caso, anzi dell’italianità ne avete fatto un marchio di fabbrica e le vostre birre lo rappresentano appieno. Ci parli di questa vostra scelta?
A Londra abbiamo iniziato esportando birre prodotte in Italia in contract brewing. Questo non funzionava in quanto la gente voleva birra fresca e a KM0.
Da subito abbiamo capito che il birrificio era una strada da percorrere, ma di birrifici a Londra ce ne sono una infinita’ e produrre birra anche se ottima per differenziarsi non basta.
Allora l’idea, nata in un pomeriggio ad Angel, fu quella di mischiare la nostra italianità con birre in stile contemporaneo.
La prima birra doveva essere una bomba, qualcosa che ci rappresentasse al meglio, da qui l’idea di ORA Balsamic, una stout con aceto balsamico di Spilamberto invecchiato 10 anni.
La Birra è stata premiata da CAMRA nella sezione birre più innovative del 2018.

 

 

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Il vostro birrificio è a Tottenham a pochi chilometri da Beavertown se non sbaglio.
Conquistare credibilità per uno straniero è difficile come diventare un titolare negli Hotspur?
Siamo solo agli inizi. La strada e’ lunga ed ogni mese e’ una lotta per sopravvivere. La sfida sta nel vendere di più e prima di ogni altra cosa tutta le nostre attenzioni e sforzi saranno per la comunità locale.
Tottenham prima di tutto!
Non nego che ci piacerebbe molto iniziare a vendere anche a casa nostra, l’Italia.

 

Panorama economico politico attuale, non quello italiano che sfiora il delirio, ma britannico.
Brexit, Europa, sovranismo… cosa sta succedendo oltremanica? Cosa potrebbe cambiare per voi?
Mi piacerebbe essere in grado di fornire una risposta esaustiva a questa domanda ma la cruda verità e’ che….. non lo sa nessuno!
La scelta della Brexit e’ stata votata sulla base di bugie ed inganni.
La maggior parte di quelli che furono a suo tempo favorevoli hanno avuto modo di ricredersi, ma la frittata, ahimè, ormai e’ stata fatta.
Possiamo solo sperare nel buon senso delle persone, di chi ci governa (aiuto!) e continuare a fare quello che sappiamo fare meglio.
Dal punto di vista commerciale purtroppo le cose sono già iniziate a cambiare.
Alcuni fornitori non vogliono più trattare con il mercato britannico, almeno non prima di un’accordo finale con l’Unione Europea ed anche esportare le nostre birre sta diventando più difficile.

 

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Passiamo ad un vostro recente progetto.
Per due vostre nuove birre “Ermes” e “Panaro” avete creato delle etichette ispirate al surrealismo.
Com’è nata l’idea? Che immaginario volete trasmettere?
Volevamo mettere anche sull’etichetta un “sapore” di casa. Una rappresentazione iconica della nostra provenienza che rappresentasse gli elementi fondamentali per la quale Modena è famosa nel mondo.
“Ermes” è una delle trattorie storiche di Modena con un’oste d’altri tempi, un simbolo della Modena contadina.
Il “Panaro” è il fiume che divide Modena in due.
Anche questa etichetta è un richiamo alla civiltà contadina di Ermanno Olmi nell’”Albero degli zoccoli”, la campagna alle soglie della modernità.

 

So che siete in ricerca continua di sapori italiani da replicare nelle vostre birre. Ci parli di questa idea?
L’idea nasce dal concetto in cui crediamo cioè che ogni birra deve trasmettere un’emozione.
Siamo tutti buongustai e sappiamo che un modo per far breccia nel cuore delle persone e’ quando una forchetta di cibo particolare entra delicatamente in bocca per soddisfare il nostro palato e provare emozioni.
Vogliamo essere in grado di trasmettere la stessa sensazione di quando le labbra del consumatore si appoggiano sul bicchiere di una birra di ORA.
I sapori del cibo Italiano sono quello che siamo.
Crediamo sia giusto per noi approfondire l’argomento per creare e soddisfare al meglio una fetta di mercato che pochi altri occupano.

 

Finalmente avete il vostro Birrificio e producete Birra Artigianale con lo stesso entusiasmo di quando eravate in quel garage… quali altri progetti avete nel cassetto?
Adesso vogliamo concentrarci sulla qualità delle birre, vogliamo crescere ed è uno dei motivi principali per cui abbiamo deciso di acquistare un impianto tutto nostro.
Poi chissà, magari un giorno apriremo un Pub.

 

Voi che siete ormai di casa… ultime news da Buckingham Palace?
“Il Maggiordomo di Palazzo consiglia discrezione perchè tra Brexit e Boris Johnson in corsa per la leadership dei Tories non ce la passiamo alla grande…”
A parte tutto, per noi invece al primo weekend in taproom abbiamo rischiato di festeggiare la vittoria del Tottenham in Champions League ed essendo a 5 minuti dallo stadio sarebbe stata grandiosa come festa di inaugurazione!

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Sono contento di aver conosciuto Daniele, Pietro e Simone (che io ho chiamato Emanuele per un pomeriggio intero)
Quando ho avuto l’occasione di incontrare i ragazzi di ORA Brewing a Ferrara, al  British Beer Festival italiano “Acido Acida” organizzato da Davide Franchini, ho capito subito che hanno la carica giusta e l’entusiasmo necessario per vincere la loro partita come fece Fabio Capello nel 1973 quando segnò il gol a Wembley.

Potrebbe sembrare un caso isolato, invece questa è una delle tante storie di connazionali che stanno vivendo esperienze di lavoro all’estero, anche di successo, come quella di Stefano Bisogno al birrificio Croft Ales di Bristol, di Mario Canestrelli al birrificio Braybrooke Beer di Leicester, Vincenzo Conte e i ragazzi di Brewheadz sempre a Londra o Alessandra Confessore di Ilkley Brewery…
Spero che tutti loro siano d’esempio ai giovani per trovare la forza di realizzare i propri sogni.
Non è importante se lo si fa in Italia o all’estero, quello che conta è credere nelle proprie passioni.

“Bere Birra è il dannato sostegno a questa vita”.

Un ringraziamento speciale a Sara per l’aiuto nella stesura dell’articolo in lingua inglese ed all’incredibile Fabio “Pixel” Colinelli per la fantastica illustrazione di testa.

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.