Numero 45/2021

10 Novembre 2021

Ceppo di lievito: quale scegliere per la produzione brassicola?

Ceppo di lievito: quale scegliere per la produzione brassicola?

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Nella moderna produzione brassicola il ricorso all’impiego di ceppi di lieviti selezionati è una pratica di fatto irrinunciabile: la sicurezza microbiologica che ne deriva, sia in termini di performance, sia in merito all’assenza di contaminazioni da parte di microrganismi alteranti è prerequisito fondamentale per una corretta conduzione del processo.

L’industria biotecnologica mette oggi a disposizione dei birrai una selezione amplissima di ceppi di lievito, con caratteristiche peculiari in termini di caratteristiche organolettiche, capacità adattativa,  necessità edafiche ed ambientali, validità di fermentazione per la specifica bevanda.

Tra i tanti fattori che il mastro birraio deve considerare nella scelta del lievito, alcuni vanno presi in considerazione maggiore, in quanto di grande impatto sul prodotto finito, ma anche sulle modalità di conduzione della fermentazione.  Di seguito si analizzano gli aspetti principali da considerare in fase di valutazione del ceppo da impiegare per la fermentazione del mosto.

 

Il grado di attenuazione rappresenta la percentuale di zuccheri, rispetto a quelli totali presenti nel mosto, che il lievito riesce a metabolizzare. Tale fattore dipende, prima che dalla specie fermentante, dalla conduzione del processo di ammostamento): una temperatura più elevata in fase di estrazione comporterà la presenza di zuccheri più complessi, che andranno inevitabilmente a condizionare la scelta del ceppo e la sua attività. I ceppi utilizzati nelle aison belghe sono capaci di utilizzare zuccheri più complessi come il maltotriosio ed è per tale motivo che vengono catalogati tra i lieviti ad attenuazione medio-alta; discorso diverso per i ceppi ale inglesi, che digeriscono quasi esclusivamente zuccheri più semplici e rilasciando il tipico sapore dolce-maltato.

La flocculazione è quel processo che giustifica la coagulazione: mediante tale fenomeno, all’interno di un mezzo liquido, due o più particelle si aggregano formando un agglomerato che, nel caso della birra, viene spinto verso l’alto dal moto vorticoso della CO2 prodotta. Alcuni ceppi, infatti, tendono a flocculare velocemente e a non attenuare molto, altri flocculano più tardi e, rimanendo più o meno in sospensione, attenuano mediamente oppure molto a seconda anche della temperatura. E’ evidente che i produttori di birra utilizzano con minor frequenza i basso-flocculanti, poiché danno problemi di torbidità e filtrazione, faticando a stabilizzarsi.

Un elemento importantissimo per il risultato di buone caratteristiche organolettiche nella birra finita è poi il controllo della temperatura: ogni ceppo ha una propria temperatura optimum tecnologica che, pur differendo dall’ottimale fisiologica, permette la produzione in particolare di metaboliti secondari in qualità e quantità ideali per una bevanda di buona accettabilità alla bevuta. I lieviti ale tendono a fermentare a temperature sensibilmente più alte (anche oltre i 20 °C), mentre i lieviti lager trovano condizioni ideali in intervalli compresi tra i 12 e i 18 °C; poiché i lieviti, in quanto organismi unicellulari eucarioti, non sopportano grossi sbalzi di temperatura, è necessario assicurare graduali cambiamenti nel corso delle varie fasi.

 

La scelta del ceppo di lievito, infine, non può non tenere conto del profilo del sapore: ogni ceppo, infatti, risulta caratterizzato dalla tendenza, in funzione delle condizione edafiche ed ambientali, a produrre specifici composti del metabolismo che assumono una notevole rilevanza nella caratterizzazione in senso positivo o meno gradito delle peculiarità organolettiche della bevanda.

La scelta del birraio, inoltre, non potrà prescindere dall’affidabilità dell’azienda fornitrice del lievito e dalla costanza e facilità di approvvigionamento: il costo di acquisto di questa materia prima è infatti rilevante nell’economia della cotta, seppur risultando uno dei fattori di qualità indispensabili per il raggiungimento di costanza ed elevato apprezzamento delle produzioni.

 

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Marco Piacentini
Info autore

Marco Piacentini

Sono nato l’8 Gennaio del 1990, il giorno di Elvis Presley, ed amo la birra artigianale da quando la legge mi ha consentito di berla.

Non ho mai bevuto con consapevolezza e mi sono sempre avventurato, sbagliando e provando, nei vari locali che Roma e provincia potevano offrire.

Ho bevuto birre che non ero pronto a bere, alcune le ho detestate, altre le ho amate e porto sempre con me un sottobicchiere a mo’ di portafortuna. Quale?

Quello della Tripel Karmeliet, la prima birra “artigianale” che mi ha fatto avvicinare al mondo delle belga.

Nel 2018 con il mio amico Federico abbiamo dato vita ad un progetto amatoriale, Beata Birra, e da lì è aumentata la consapevolezza, i corsi di degustazione, le scoperte!