Numero 20/2016

20 Maggio 2016

The Lure: artigianali a suon di musica, Made in Gorizia

The Lure: artigianali a suon di musica, Made in Gorizia

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The Lure nasce in provincia di Gorizia, più precisamente a Fogliano Redipuglia, pochi mesi or sono, ma nel suo DNA si legge una identità molto chiara e una filosofia produttiva innovativa, che coglie, quasi anticipandola, l’evoluzione dei tempi: l’obiettivo del fondatore e mastro birraio, Lorenzo Serroni, è quello di arrivare a costituire una filiera cortissima, che si occupi della produzione delle materie prime e della trasformazione. Filo conduttore del sogno – progetto birrario di Lorenzo è la musica: non a caso ogni birra del The Lure è dedicata ad un artista.

 Giornale della Birra ha incontrato Lorenzo, per un’intervista esclusiva dedicata ai nostri lettori.

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Lorenzo, raccontami innanzitutto l’esperienza umana che c’è dietro alla tua azienda: come è nata la passione per la birra? Quando la passione si è trasformata in progetto imprenditoriale e quanto ritieni importante l’esperienza maturata da hobbysta nella formazione delle competenze e della creatività di mastro birraio?

La passione per la birra in realtà c’è sempre stata ma penso che la scintilla sia scoccata durante una fredda serata invernale in compagnia di una Rochefort n.10 dai tipici toni fruttati e caramellati. Da lì il passo verso la birra fatta in casa è stato molto breve: ricordo ancora la prima cotta, sia in kit sia in e+g che all grain, l’emozione allo stappo e la successiva ricerca verso un miglioramento e una personalizzazione; ricordo le ore passate tra letture, approfondimenti, esperimenti, l’evoluzione dell’impianto, dapprima pentole da cucina e fermentatori in plastica, poi l’arrivo dell’acciaio, il motorino di tergicristalli come miscelatore, camera di fermentazione calda e fredda con termoregolatore e filtro a piastre. Se ho deciso di trasformare una grande passione in un lavoro, quindi,  è anche grazie all’homebrewing. Nascendo musicista poi non è stato difficile appassionarmici, in fondo il “percorso creativo” è piuttosto simile: tutto nasce da un modello d’ispirazione, da lì un lavoro costante fatto di rigore e precisione permette di arrivare a un risultato che è un’interpretazione personale.

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Dopo 7 anni da homebrewer sentivo il bisogno di affinare la tecnica, cosi ho conseguito il titolo di “birraio artigiano” alla scuola Dieffe a Noventa Padovana, curando oltre all’aspetto “operativo” delle cotte, anche la parte teorica di chimica, studio dei lieviti, delle fermentazioni. Il bagaglio di nozioni ricevute è stato senza dubbio importante, poterle mettere subito in pratica con un piccolo impianto è stato fondamentale. E’ durante questo periodo che ho deciso di trasformare quello che è fino ad allora era un divertimento in un lavoro a tempo pieno, scegliendo di legarmi all’azienda agricola omonima fondata nel 2010; il mio, quindi, è stato un percorso opposto rispetto quello di altri birrifici dapprima nati artigianali, poi divenuti agricoli.

 

Molto interessante la filosofia del tuo progetto: autoprodurre le materie prime in azienda agricola. Come selezionile materie prime per garantire l’alta qualità del prodotto finito e come immagini la tua azienda quando questo aspetto sarà a regime?

 

Come detto, il birrificio è inserito all’interno dell’omonima azienda agricola: oltre a orzo e frumento trovano spazio anche mais, colza e seminativi in genere. L’orzo distico da birra, al momento poco meno di 2 ettari, si trova a ridosso del birrificio e viene monitorato quotidianamente. Poco vicino si possono notare circa 30 piantine di luppolo sloveno che andranno, in un prossimo futuro, a costituire parte di un luppoleto e verrano integrate in una delle birre. La filiera cortissima, il controllo costante delle materie prime utilizzate tra le quali l’acqua, analizzata e “corretta” a seconda della birra, l’impianto per la birrificazione da 2,5hl alimentato interamente da pannelli fotovoltaici: sono questi i punti di forza del birrificio, che mira, oggi come domani, più che alla quantità di hl/annui (al momento dispongo di un fermentatore da 10hl isobarico e da due “aperti” da 5hl), a produrre birre qualitativamente di carattere, controllando ogni singolo aspetto e punto critico dell’intero processo produttivo. Anche questo, se vogliamo, è un aspetto in controtendenza con altre realtà dove invece frequenti ampliamenti della capacità produttive portano a inevitabili trasferimenti in location più capienti.

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Attualmente sono tre le birre in produzione: quale filosofia le accomuna?

Il primo obiettivo è senza dubbio quello di produrre birre di qualità, perciò, come detto, il controllo sulla freschezza e genuinità delle materie prime è fondamentale.  Un altro aspetto al quale tengo particolarmente è la distinzione: ogni birra deve avvicinarsi allo straordinario personaggio al quale è dedicata e quindi dev’essere in grado di raccontare se stessa in maniera differente l’una dall’altra, attraverso sfumature di colore e gustolfattive uniche,  senza scendere a compromessi; proprio per questo motivo per esempio ho scelto di produrre sia con la tecnica della rifermentazione per le “alte” (Seattle A.p.a. e Bird Smoked Porter) sia in isobarico per la bassa fermentazione (Ludwig German Pilsner), convinto dell’importanza di lavorare seguendo il più possibile il processo produttivo originario delle birre. La Ludwig, dedicata a Beethoven, è una Pilsner tedesca dal carattere equilibrato ma senza rinunciare a un giusto vigore ove necessario (da qui in etichetta la nube temporalesca beethoveniana che invade il cielo sereno rompendo con la tradizione di Mozart e Hadyn): orzo 100% Pils, luppoli esclusivamente tedeschi anche in dry hopping, gasatura tenuta soft, ricerca di armonia anche nell’acqua; la Seattle è invece un’alta fermentazione, dedicata a Kurt Cobain, dal carattere chiaramente contrastante come evidenziato in etichetta dal contrasto tra colori e bianco/nero: una nota maltata quasi dolce in ingresso lascia spazio a una lunga e decisa luppolatura, il tutto accompagnato  da profumi agrumati e resinosi; infine la Bird Smoked Porter, per omaggiare Charlie Bird Parker: la sensazione di trovarsi all’interno di un locale a NewYork anni ’50 dove whisky e sigari la facevano da padroni; da qui l’idea di affumicarla lavorando in particolare sull’intensità, sul corpo snello in stile ma setoso, per merito dell’avena, sulle noti di caffè, legno e appunto whisky.

In generale comunque i prodotti devono essere attraenti, affascinanti e tentatori (come dire altrimenti avendo chiamato il birrificio “Lure”/tentazione) accomunate da una facilità di beva: la birra va immaginata, vissuta e infine bevuta.

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Infine, ti chiedo si svelarci i segreti dei prossimi progetti birrari che hai in serbo per il 2016. Come vedi, da imprenditore del settore, il futuro delle craft-beer italiane?

Al momento sto lavorando alacremente per l’apertura del “The Lure” Brew Pub, un “agri-pub” sopra al birrificio dove 5 spine, di cui 1 a pompa, ospiteranno le mie e, a rotazione, le birre di altri birrifici artigianali; il locale avrà forti legami con il territorio, soprattutto nel binomio birra-cibo in abbinamento, e per forza di cose con la musica, che sarà una presenza costante. Nei prossimi mesi inoltre usciranno altre 2 creazioni: una Blanche e una Belgian Strong Ale (mancava del resto la famiglia belga all’appello) anch’esse dedicate a musicisti.

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A distanza di pochi mesi dall’apertura del birrificio e alla luce di una presenza sempre maggiore del “fenomeno artigianale” sul territorio, le sensazioni riguardo il futuro delle craft-beer italiane sono positive: aumentano infatti, oltre il numero di imprese del settore, anche eventi e manifestazioni legate al mondo birrario, da fiere sulla birra artigianale a concorsi birrari fino ad arrivare a incontri di degustazione. D’altro canto però il consumo effettivo resta sempre piuttosto basso, conseguenza forse di un’informazione in crescita ma ancora limitata nei consumatori e di antiche considerazioni da parte di alcuni esercenti che, purtroppo, invece di spingere nella medesima direzione, etichettano la birra artigianale italiana come incostante o di mediocre qualità rispetto aziende estere “semi” o “del tutto” oramai industriali. C’è, invece, secondo me da fare un plauso al movimento birrario nazionale in grado di risvegliare dal letargo molti palati ormai sopiti e di affermarsi in maniera preponderante anche a livello internazionale.

 

Maggiori informazioni sulle birre artigianali del Birrificio The Lure sul sito web aziendale www.thelure.beer

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!