Numero 44/2020

29 Ottobre 2020

Ad ogni eroe il suo pub

Ad ogni eroe il suo pub

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Il 2020 sicuramente non passerà inosservato negli annali storici, perché onestamente è cronologicamente impossibile stare dietro agli eventi legati al Covid-19. Anche se qualcosa di analogo, con migliaia di decessi, successe a metà dell’Ottocento, in una Londra proiettata verso la nuova era industriale (oggi si dice digitale), dove cresceva a dismisura il sovrappopolamento nelle aree urbane, con scarse condizioni igieniche e, soprattutto, poca conoscenza verso nuove malattie a cui non si trovava una cura efficace e risolutiva.
Anche se al giorno d’oggi sarebbe molto difficile. Provate ad immaginarvi nella City, accaldati ed assetati verso un mezzogiorno estivo, mentre girovagate nel quartiere di Soho, magari cercando un po’ di frescura in Golden Square. Vi consiglierei di andare a bere una buona birra al John Snow Pub (orari 12:00-23:00). Perché trovandosi, tra l’incrocio di Lexington street e Broadwick street, quindi a meno di cinque minuti a piedi, capireste l’importanza legata al suo nome. Poi eviterei di bere acqua dalla piccola pompa erogatrice, situata lì difronte al pub, dal 20 luglio 2018.Poiché, oltre a ricordare, le vittime di una gravissima epidemia di colera, è pure sprovvista di maniglia.

 

 

Proprio questo stesso luogo,dal 31 agosto 1854 ai tre giorni successivi, fu ahimè protagonista involontario della morte di ben 127 persone; e solo grazie all’intuizione di un certo dott. John Snow, aiutato dal reverendo Henry Whitehead, che le autorità riuscirono a fermare il contagio (616 vittime). Ma soprattutto il dott. Snow, per la prima volta nella storia, diede la giusta lettura di quella connessione causa-effetto, tra l’acqua impura ed il propagarsi dell’ennesima epidemia.

Snow intuì fin da subito, che le ragioni del contagio, non potevano limitarsi solo alla “teoria del miasma dell’aria” (quindi non risolvibile utilizzando solo la mascherina), questo perché fin dalle sue prime indagini (iniziate anni prima), scoprì un comun denominatore dato dal trattamento dell’acqua (bollitura-Fermentazione), che permetteva ad alcune aree, di avere un fattore di contagio pari allo zero, rispetto al 12,8% della popolazione. Il dott. Snow, utilizzando il diagramma di Voronoi, partì appuntandosi sulla cartina del quartiere, dove, la malattia non aveva avuto praticamente alcuna conseguenza.

 

 

Quindi iniziò, dalla distilleria di Broad Street, con zero contagi per i suoi 70 operai, ed il suo proprietario, un certo Mr. Huggins (era loro concesso, di bere il mosto di malto, ed il pozzo di pescaggio era molto profondo), i monaci di un convento limitrofo (dove si brassavano, e bevevano la propria birra), ed alcune famiglie ebree residenti nelle case del quartiere (bollivano l’acqua, sia per l’usanza di lavarsi le mani, sia per berla).

Ovviamente il dott. Snow ebbe accaniti detrattori, tra cui un certo William Farr ed il dott. Lankester, che gli riconobbero i meriti solo 12 anni più tardi. Quando capirono anch’essi, come la costruzione della rete fognaria di Londra (inizio giugno 1858)migliorò notevolmente le condizioni sanitarie dell’epoca, evitando l’involontario contatto tra pozzi neri infetti, e sorgenti d’acqua per l’uso quotidiano.

 

Nonostante le varie perplessità, quando il governo dell’epoca non ebbe più il controllo sull’epidemia, dovette obbligatoriamente dare fiducia a questo medico di base. E come prima cosa bloccarono a tutti, gli approvvigionamenti dalle fontane, ed il contagio si interruppe quasi immediatamente. Il batterio del colera (Vibrio cholerae) fu isolato per la prima volta, da un anatomista italiano, Filippo Pacini, che partendo dalle osservazioni del 1849 di Snow, scoprì che l’infezione era causata da un vibrione, ed era soprattutto tramite l’acqua, che poteva essere trasmesso all’uomo più facilmente. Anni più tardi (1876-1884) partì la disputa, tra il tedesco Robert Koch, ed il francese Louis Pasteur, per chi spettasse la prima serata su Raiuno da Bruno vespa.
Infine il nostro “Doctor Hero”, dovette comunque attendere 97 anni dalla sua morte, ovvero nel 1955, prima che l’illustre professor Bradford-Hill della “London School of Hygiene an Tropical Medicine”, inaugurò ufficialmente un luogo dove ricordare e celebrare quel medico, che ebbe l’intuizione, la caparbietà e le capacità di salvare molte vite umane, senza avere certezze assolute. In un momento storico dove, la forza d’animo (Tymoidès, vicino al cuore, per Platone), superò quella della scienza.
Cosicché la vecchia locanda, approvvigionatrice di birra, “New-caste-on-Tyne” prese il nome di “John Snow Pub”, ed ancora oggi questo Pub, è meta di numerosi ed illustri epidemiologi, infettivologi e statistici che non mancano occasione di firmare il “Visitor book”, come richiede la buona tradizione anglosassone, si trova vicino alla parete dedicata, con storie illustrate e registri medici dell’epoca.

 

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Andrea Ceretti
Info autore

Andrea Ceretti

Sono nato a Biella il primo giorno di primavera, del 1971 (anche se negli anni settanta era ancora l’ultimo d’inverno).
Probabilmente da piccolo (e già qui), in un giorno qualsiasi durante il catechismo, nel momento stesso in cui il prete raccontava di quando Gesù Cristo, seduto accanto al pozzo di Giacobbe, all’ora sesta, appena vide la donna di Samaria gli disse:” Dammi da bere”, lì per lì restai sicuramente colpito da quella citazione, poiché, fin da metà degli anni novanta iniziai a portarla in giro con me per il mondo, modificandola con un bel “Please, give me a Beer”; perché, a meno che voi non siate il nuovo messia, iniziare gentilmente una frase, funziona anche nel più sperduto e malfamato bar di Caracas.
Appassionato di Birra,cavalli, musica ed un’altra cosa che ora mi sfugge, ma capita a volte di averla proprio sulla punta della lingua. Mi piacerebbe poter pensare ad un giorno in cui,questo piccolo “Pianeta Birra”,fosse sempre più libero da mercanti di pillole per la sete, e con più rose felici e contente di farne parte, senza troppi protagonismi o inutili dispute su chi sia la più bella o la più buona.
Inoltre,in questi anni, ho maturato la convinzione che solo una buona cultura birraria, potrà permettere a quel “Piccolo Principe” che c’è in ognuno di noi, di poter realizzare almeno in parte, il proprio sogno. Tutto in quel semplice e fugace battito di ciglia, mentre abbassando gli occhi, ci portiamo alla bocca un buon bicchiere di Birra, riconciliandoci l’anima….Qualsiasi essa sia.

Con il mutare dei tempi, è cambiato anche il modo di “bere” la Birra.
Si va così affermando la tendenza alla degustazione, più che al consumo.
Dal primo libro, su cui inizia a studiare. Michael Jackson Beer – 8 ottobre1998