Numero 16/2019

18 Aprile 2019

Birre sour: meglio sole, che mal accompagnate! Ecco alcuni consigli di abbinamento

Birre sour: meglio sole, che mal accompagnate! Ecco alcuni consigli di abbinamento

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Recentemente nel Web è balzato agli onori di cronaca un simpatico Meme che descrive iconograficamente un’ipotetica evoluzione darwiniana del Geek birrario.
Secondo la vignetta, nella maggior parte dei casi, l’avanzamento evolutivo dell’amante della birra parte dal consumo di Lager, passando per IPA, Imperial Stout e birre acide, per poi ritornare nuovamente alle Lager.

 

Considerato che la comicità serve a dire la verità, travestendola da bugia o esagerazione, credo che la maggior parte dei consumatori navigati ed esperti si posssano riconoscere, almeno in parte, nel Meme.
Ciò che non è specificato nell’immagine, però, è il fatto che il livello delle prime Lager bevute non sia sicuramente paragonabile a quello dei krug scelti nel nostro ultimo stadio evolutivo.
Inoltre non ci si ricorda che, gli stili preferiti in passato, salvo rari casi, non sono abbandonati a loro stessi, ma continuano ad essere amorevolmente e attentamente consumati, in nome dei vecchi tempi.

Il caso delle birre sour, o acide, è topico. Se il primo sorso per tutti noi è stato strano e/o difficoltoso, spesso i successivi hanno impegnato i nostri recettori in modo positivo e godereccio.
Le birre sour sono biochimicamente più beverine, grazie ad un pH più basso delle birre “normali”, e ad una secchezza che spesso le caratterizza.
Noi, esseri umani del 3000, cresciuti nella sovra-abbondanza diffusa di saccarosio (portato dagli Arabi in Europa nel Medioevo), abbiamo perso in parte la tolleranza e il desiderio di consumare cibi o bevande provvisti di gusto acido. Tuttavia, una volta riabituate le nostre papille ad affrontare e ad apprezzare tale sentore, il ventaglio di proposte birro-gastronomiche raddoppia la sua estensione.

Prima delle fermentazioni condotte “in purezza” da un singolo ceppo di lievito, pulito, controllato e controllabile, molte più tipologie di birre risultavano acide, per la naturale comparsa di alcuni prodotti di fermentazione di lieviti “selvaggi” o batteri, come l’acido acetico o l’acido lattico.
Se oggigiorno l’acido può sembrare un fattore peggiorativo della qualità o della stabilità nel tempo del sorso, non è detto che un tempo fosse così.
Ricordiamoci che in passato i palati delle persone erano tarati su altri gusti. Inoltre una bevanda, o un cibo, con un pH basso è molto più stabile e conservabile nel tempo.

 

 

Le birre acide, in molti casi miracolosamente sopravvissute sino alla loro “nuova Primavera” di una trentina di anni fa, oggi sono cresciute nuovamente nel consumo e nella distribuzione.
Ora non c’è solo il piccolo birrificio belga di nicchia che produce birre sour, ma anche USA e altri stati europei, tra cui il Belpaese, possono annoverare esempi di prodotti di prima fascia, in questo campo.

Le birre sour non si discutono, ma si amano e si valorizzano. Quindi, perché non farsi un’idea di come accostarle a qualche piatto?

A tutti quelli a cui piace “solo la birra tedesca”, preparate un bel calice di Gose, birra teutonica di frumento. Acida, salata, e molto gasata.
Questo stile storico, nato dalle acque ricche di Sali nei dintorni di Lipsia, è provvisto di una piacevolissima acidità lattica, oltre che di un aroma di coriandolo, dato l’utilizzo della spezia in Sala Cotte.
La freschezza, il lieve sentore salato ed una “scivolosa” acidità, che ricorda lo yogurt o qualche formaggio freschissimo, sono perfetti per accompagnare un piatto di mare, come una pasta allo scoglio, con crostacei e molluschi.

 

 

Un altro stile di birra acida proveniente dalla Germania è la capitolina Berliner Weisse.
La Berliner Weisse è simile alla Gose per alcuni aspetti, come l’acidità lattica e il colore molto chiaro dovuto all’utilizzo di una consistente percentuale di frumento.
Tuttavia non v’è sale, né coriandolo in questo stile, spesso più pulito e meno alcolico della cugina di Lipsia. Normalmente il sentore acido di una Berliner Weisse è, o è percepito, come più tagliente, quindi l’abbinamento gastronomico dovrà sicuramente essere più audace.
La Berliner Weisse solitamente non supera i 3 ABV, ma se vogliamo davvero stupire i commensali, serviamone un bicchiere assieme ad una torta di frutta. L’acidità lattica si sposerà perfettamente con quella della frutta e integrerà in modo interessante il gusto dolce del dessert.

Ma la Germania non è di certo l’unico Paese “sour” esistente.
Il Belgio, eclettico Stato birrario d’eccellenza, annovera tra i suoi stili variegati esempi di birre in cui il gusto acido fa da padrone.
La Fermentazione Spontanea dona ai prodotti derivanti da una base Lambic una complessa acidità e una piacevole rusticità. Prodotti come le Gueuze, effervescenti birre acide composte da una parte di Lambic vecchio e una di Lambic giovane ancora in fermento, sono ottimi per sgrassare piatti grassi o moderatamente unti.
L’idillio è garantito se, a fianco di un fritto misto con mozzarelle in carrozza, fiori di zucca e crocchette di patate, c’è un tumbler di Gueuze, fresca, leggera, citricamente fruttata e pericolosamente beverina.

 

 

È interessante anche il caso di stili, sì derivanti dal Lambic, ma rifermentati con frutta, come ciliegie, lamponi, pesche, uva e chi più ne ha più ne metta.
Le Kriek, rifermentate con una copiosa dose di ciliegie, sono estremamente interessanti da accostare ad un secondo di maiale, come un filetto in crosta. Frutta e carne sono stati compagni di libagione per secoli e non si sono dimenticati l’una dell’altra.
L’acidità, in questo caso più rotonda e mascherata dalle ciliegie, si colloca in modo complementare al morso.

 

 

Un abbinamento azzardato, ma assolutamente da provare, è quello tra una Flemish Red Ale delle fiandre e un dolce al cioccolato fondente, magari al cucchiaio. L’acidità spinta e i sentori dei malti scuri si sposano in modo armonico al cioccolato, creando un lieve contrasto con la parte dolce del dessert. La secchezza e il taglio tannico della birra, derivante da un affinamento in botti di legno, ripuliscono il palato.

Quindi, come sempre, spazio alla fantasia e alla sperimentazione.

 

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Davide Albanese
Info autore

Davide Albanese

Sono nato nel 1991 e sono un appassionato di birra, birrifici, pub e viaggi birrari. Nonostante viva nella provincia di Treviso e sia cresciuto in mezzo ai vigneti, l’attrazione verso il mondo brassicolo è stata inesorabile.

Mentre frequentavo e ultimavo il Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, passando le ore sui libri di Microbiologia delle fermentazioni, ho capito che limitarmi a bere e provare birre sempre diverse non mi bastava più. In quei mesi sono diventato un homebrewer.

Ho brassato in casa per anni produzioni session e adatte al consumo semplice e giornaliero, studiando e divorando qualsiasi testo sull’Arte brassicola mi si presentasse davanti.

Dopo la Laurea ho lavorato per due anni come analista di laboratorio in un grande pastificio veneto, fino a quando non ho deciso di “tornare sui banchi” per seguire la mia vera passione. Ho passato un anno a studiare per conseguire il diploma di “Birraio Artigiano” presso l’Accademia DIEFFE di Padova.

Nel frattempo ho avviato una piccola Beerfirm, che tuttora produco in un birrificio vicino a casa. Per il momento ho introdotto in punta di piedi le mie ricette storiche nel mercato locale, ma

spero di poter aprire presto un micro birrificio nella vecchia casa rurale di famiglia, senza mai perdere di vista l’obiettivo di creare birre adatte a tutti, senza discriminazioni!

Ad aprile 2018, dato che nella vita non bisogna mai smettere di studiare, sono diventato Biersommelier, titolo rilasciato dalla Doemens Akademie di Monaco di Baviera.

Oltre che sulle birre, mi piace scrivere e parlare delle persone che popolano il panorama birrario.

Se passate in Veneto probabilmente mi troverete al bancone di qualche pub a fare amicizia e a parlare per ore di birra con il gestore (assieme ad una ragazza annoiata e a degli amici… pure).