Numero 21/2016

26 Maggio 2016

Segale e birra: un binomio dalla storia antica e travagliata, ma di gran moda!

Segale e birra: un binomio dalla storia antica e travagliata, ma di gran moda!

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La coltivazione della segale si suppone risalga al periodo neolitico, attorno al 6600 a.C., in Asia minore dove cresceva spontaneamente come infestante di altre colture.

I primi resti archeologici che testimoniano l’uso della segale in Europa risalgono al 4440 a.C. e  sono stati ritrovati nell’attuale repubblica Slovacca. Vi sono tracce di coltivazione antecedentemente all’anno 1000 a.C. anche in Piemonte, più precisamente nella zona di Alba.

La segale oggi è il nono al mondo per superficie coltivata, con una produzione media di 18 milioni di tonnellate. È una coltura rustica, che si adatta molto più degli altri cereali al freddo ed ai terreni aspri e poveri di nutrienti. Queste peculiarità la rende adattono alla coltivazione in aree dal clima freddo, oppure ad alta quota, fino a 1600 m s.l.m.

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Esistono due varietà principali:

  • segale invernale o grande segale: seminata in luglio-agosto e raccolta il settembre dell’anno successivo, con un ciclo di crescita di 13-14 mesi e un raccolto biennale;
  • segale primaverile, detta piccola segale: si semina in aprile-maggio e si raccoglie alla fine di luglio. Cresce solo a quote inferiori ai 1000 m.

 

Rispetto agli altri cereali, la segale è meno soggetta a malattie e ad attacchi di insetti.

In anni di raccolti umidi sussiste il rischio della maturazione precoce dei chicchi sullo stelo, inoltre può essere soggetta ad attacchi da parte della Claviceps purpurea. Questo fungo produce degli sclerozi simili a speroni o cornetti che conferiscono alla pianta infetta il nome comune di “segale cornuta”, contenenti degli alcaloidi velenosi e psicoattivi.

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La segale, come altri cereali minori, trova attualmente ampio impiego nel settore birrario, nella preparazione di birre molto caratterizzate. Può essere utilizzata sia come cereale maltato, al pari del malto d’orzo, sia come fiocchi o sfarinati. Gli effetti dell’impiego dell’una o dell’altra forma sono differenziali e l’apporto organolettico varia fortemente anche in funzione della ricetta complessiva e della interazione con gli altri ingredienti, nonché dei trattamenti a carico della granella d’origine.

Ma la storia del suo utilizzo ai fini brassicoli è stata piuttosto travagliata. Nel medioevo, in Germania, si sviluppò un vero e proprio stile birrario che prevedeva l’utilizzo della segale: le Roggenbier (da roggen=segale). Nel corso dei secoli, anche a causa della promulgazione del Reinheitsgebot, il famoso editto della purezza, del 1516, queste birre caddero in disuso, e solo nel 1988 sono state riscoperte in Baviera.

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!