Numero 39/2023

25 Settembre 2023

Il giro del mondo in… tante birre: Benin

Il giro del mondo in… tante birre: Benin

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Finalmente il Giro del Mondo in Tante Birre ci fa tornare in Africa, e più precisamente, nella sua parte occidentale dove si trova il Benin, affacciato sul Golfo di Guinea ed attorniato da Togo, Burkina Faso, Niger e Nigeria.

L’origine del nome Benin non è ancora certa, tante sono le supposizioni. Potrebbe derivare dalla parola “Bini”, antico modo di chiamare il popolo degli Edo, un’etnia nigeriana che occupò questo territorio dal XIII fino al XVIII sec. dando vita al Regno del Benin. Un’altra corrente di pensiero lo lega al termine “birnin” che significa “territorio fortificato” in riferimento alle mura che proteggevano l’antica Benin City in Nigeria. Altri ancora lo considerano una storpiatura portoghese del termine “Ubini”, vecchio nome del Regno del Benin.

Ma il Benin non sempre si è chiamato così. Fino al 1975 il suo nome era “Dahomey”. Indicava un antico regno locale durato circa dal 1600 al 1900 che si rese protagonista della tratta degli schiavi tessendo lucrosi rapporti commerciali con portoghesi ed olandesi.

Cambiare nome è stato, quindi, un modo per distaccarsi da questo passato inglorioso e per accogliere tutte le etnie che compongono il popolo beninese. Ad oggi, infatti, in Benin convivono più di 50 gruppi linguistici ed altrettante etnie differenti.

 

Alla fine del 1800 diventa una colonia francese e ottiene l’indipendenza nel 1960. Ma come spesso accade in Africa, questo punto di svolta è stato seguito da anni molto turbolenti, contraddistinti da numerosi colpi di stato. Dopo una lunga parentesi socialista, nel 1990 viene adottata una nuova Costituzione basata su democrazia e pluralismo politico.

Il Benin è ancora oggi uno dei Paesi più poveri del continente africano, legato molto all’agricoltura di sussistenza e alla coltivazione del cotone. Un terzo della popolazione, difatti, sopravvive con meno di 1,25 dollari al giorno e l’altissimo livello di corruzione non fa che peggiorare le differenze sociali.

LA STORIA DELLA BIRRA DEL BENIN

La produzione di birre in Benin ha origini antichissime. La preparazione della birra tradizionale è legata alla spiritualità ed è un compito ancora oggi svolto dalle donne. Il consumo avviene tra le mura domestiche, in piccoli locali gestiti dalle birraie o durante le tipiche cerimonie religiose. È venduta anche nei mercati ed è servita in ciotole ricavate dalle zucche.

Nella parte settentrionale del paese si prepara il “Tchoukoutou”, una birra a base di sorgo rosso o scuro (v. foto seguente), dall’aspetto torbido e dal gusto tendenzialmente acido dato dai lieviti selvaggi. Si può scegliere di berla più giovane e quindi con un gusto più dolce oppure più vecchia dalla spiccata acidità. Molti preferiscono un mix delle due versioni.

 

La leggenda narra che questa birra sia nata per sbaglio. La seconda moglie di un uomo della tribù dei Tammari, popolo che pratica la poligamia, lasciò sotto la pioggia un sacco di sorgo. Dopo poco, il cereale iniziò a germogliare. Resasi conto dell’errore, chiese aiuto alla prima moglie. Insieme lo stesero al sole per asciugarlo. Per cercare di salvare il salvabile, prepararono una specie di porridge, non immaginando che gli avanzi potessero avere strani effetti inebrianti!

Nelle regioni meridionali, invece, si prepara il “Tchakpalo”, una birra a base di miglio (v. foto seguente), dall’aspetto più limpido e meno alcolica della precedente. Talvolta è aromatizzata con del peperoncino.

In Benin, le donne che preparano queste birre tradizionali, si occupano anche della coltivazione e della maltazione dei cereali.

  

 

IL BIRRIFICIO PIU’ IMPORTANTE DEL BENIN

Il Benin, ad oggi, ospita un solo birrificio nazionale, esistono altre realtà che distribuiscono birra ma hanno sede in altri paesi. Questo birrificio è di stampo industriale ed è controllato da una multinazionale francese molto importante nel settore delle bevande in Africa e non solo. Scopriamo chi è…

  1. L’unico birrificio del Benin: SOBEBRA

 

 

(foto etichetta gentilmente concessa da Mario Bughetti)

La sua storia è molto articolata, fatta di continui cambi societari, proverò, quindi, ad essere il più chiara possibile.

Fondato nel 1957 con il nome di “Société de Brasserie de Dahomey (SOBRADA)” era di fatto una filiale della “Brasserie de la Côte d’Ivoire (BRACODI)” per l’importazione delle bevande ivoriane in Benin. Cambiò la denominazione in “Beninoise” a metà degli anni ’70 quando fu nazionalizzata. Venne poi privatizzata ed acquisita nel 1992, dal colosso francese “Castel-BGI” che la ribattezzò “Socièté Beninoise de Boissons Rafraichissantes (SOBEBRA)”. Da anni, il Gruppo Castel ha avviato delle piantagioni di cereali nelle vicinanze di Cotonou, la città più popolosa e cuore economico del Benin, dove ha sede il birrificio.

Non solo birre prodotte anche su licenza (come Guinness, Eku, ecc…), la gamma è completata da: acqua minerale, bevande analcoliche e liquori.

BENINOISE: birra chiara a bassa fermentazione ispirata alle lager tedesche. Le note maltate sono in primo piano Gradazione alcolica: 4,4%

PANACH’ BENINOISE: bevanda tradizionale a base di birra e limonata. Gradazione alcolica: 2%

 

Con un solo birrificio in mano ad una potenza internazionale e con condizioni economiche alquanto sfavorevoli, la craft revolution deve ancora aspettare prima di affacciarsi sul mercato del Benin, che ha ben altre priorità da perseguire. Ma la speranza è l’ultima a morire e chissà che, fra qualche tempo, non riesca ad aggiornare questo articolo aggiungendo un birrificio artigianale. Doigts croisés!

Alla prossima pinta!

 

Siti internet e pagine social di riferimento:

www.facebook.com/mario.bughetti (email: booghy55@gmail.com)

https://sobebra.bj

www.facebook.com/bierelabeninoise

 

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Federica Russo
Info autore

Federica Russo

Sono nata a Genova nel lontano…ma che lontano…nel “vicinissimo” 1976 da una famiglia chiacchierona e rumorosa, ecco perché mi piace parlare, comunicare e condividere.
Chi nasce in una città di mare sa che si porta dentro una curiosità tutta speciale come quella dei marinai e navigatori che tutti i giorni salpano verso nuove mete, terre e avventure. Curiosità che rimane per sempre e che caratterizza ogni aspetto della vita arricchendola giorno per giorno. La famiglia, le passioni, i traguardi, il lavoro vengono così conditi con quel “quid” che rende tutto più sfizioso.
La curiosità infatti mi ha portato a studiare 3 lingue (inglese, spagnolo e francese) per non sentirmi fuori luogo ovunque volessi andare e mi ha fatto laureare in Geografia per avere ben chiara in testa la mappa del mondo ed evitare di perdermi.
La curiosità mi ha fatto lavorare in ambiti molto diversi tra loro: commercio al dettaglio, operatore GIS nel settore dei sistemi informativi territoriali, progettista di impianti di depurazione acque reflue.
La curiosità, infine, è stata anche la spinta che mi ha fatto passare da semplice amante della birra a Sommelier. Ho completato il percorso formativo con la Scuola Italiana Sommelier (S.I.S.) e sono diventata Sommelier Professionale 3° livello. Essere sommelier della birra non lo considero un traguardo ma solo l’inizio di un lungo percorso di formazione, di conoscenza che non finirà mai, infatti ho cominciato lo stesso percorso formativo anche con l’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.), seguo i corsi e le monografie di UB Academy, per non parlare dei libri che “bevo” tutto d’un fiato!!! Alcuni autori della mia libreria: Michael Jackson, Lorenzo “Kuaska” Dabove, Randy Mosher…tanto per citare qualche pilastro.
La possibilità di poter scrivere per il Giornale della Birra mi dà modo di condividere con voi la mia passione birraria attraverso interviste, curiosità, abbinamenti birra-cibo e tanto altro, il tutto impreziosito da un sorriso e da un punto di vista diverso….quello femminile!