Numero 14/2019

5 Aprile 2019

Archeologia del luppolo: una storia “umana” lunga oltre 3000 anni

Archeologia del luppolo: una storia “umana” lunga oltre 3000 anni

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L’origine del genere Humulus, al quale appartiene la specie Humulus lupulus, ovvero il luppolo coltivato, è incerta ma si ipotizza che le prime specie di luppolo siano apparse in Cina e che da lì si siano diffuse in direzione est, verso il nord-America e ovest verso l’Europa, portando così alla formazione di due distinte popolazioni . Si può affermare con certezza che il luppolo fosse già utilizzato dagli Egiziani che lo usavano come erba medicinale e per la cura dei lebbrosi.

 

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Riferimenti sulla sua coltivazione sono presenti anche nelle opere di Plinio il Vecchio (23-79 dC) che paragona il luppolo ad un lupo essendo nocivo per l’albero come “un lupo per un gregge di pecore…”. Altre citazioni storiche riguardanti il luppolo risalgono al 760 dC e fanno riferimento ad un orto di luppolo situato nelle vicinanze del convento di Freising, in Germania, e a Weihenstephan. San Corbiniano nel 725 dC vi aveva fondato un monastero con relativa birreria. Oggi la Weihenstephan fa vanto di essere stata la prima birreria al mondo ad aver utilizzato questa pianta i cui fiori femminili, e solo loro, hanno reso possibile quella nota amara che si sente attualmente nella birra. Il luppolo prese rapidamente piede, soprattutto a partire dal XII secolo grazie agli studi della botanica Suor Hildegard von Bingen dell’Abbazia di St. Rupert in Germania. Nei secoli successivi, il luppolo divenne così indispensabile che nel 1516 il duca Guglielmo IV di Baviera emanò la famosa legge sulla purezza, conosciuta anche con il suo nome originale Reinheitsgebot, che imponeva alle fabbriche di birra di utilizzare esclusivamente acqua, orzo e luppolo. L’editto di Guglielmo IV fu esteso a tutta la Germania all’atto dell’unificazione nel 1871. In Gran Bretagna il luppolo cominciò ad essere utilizzato verso il 1400, probabilmente importato da lavoratori fiamminghi (55 a.C). Per quasi due secoli l’uso del luppolo è stato duramente osteggiato in Gran Bretagna (fu proibito anche da Enrico VIII) e solo nel 1554 un atto del Parlamento ne legalizzò la coltivazione.

 

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Quando i romani occuparono la Britannia iniziarono ad usare il luppolo per infusi e fermentazioni di cereali assieme agli altri ingredienti come rosmarino, mirto, maggiorana, menta, camomilla e fieno. Gradualmente questi ingredienti caddero in disuso a favore del luppolo che invece acquistò un ruolo basilare nella preparazione della birra. Gaetano Pasqui fu il primo a coltivare luppolo in Italia nel 1847 a Forlì, lavorando con il fratello minore per sei mesi all’anno, con una trentina di germogli di luppolo per poi ottenere, a partire dal 1850 i primi risultati soddisfacenti: un decennio dopo poteva vantare oltre 3500 piante. Il luppolo da lui prodotto veniva utilizzato nel proprio birrificio, che era stato realizzato nel 1835. Una seconda coltivazione di luppolo in Italia invece risale al 1876 e fu effettuata a Marano sul Panaro in provincia di Modena nella tenuta del Marchese Montecuccoli. I risultati furono più che incoraggianti e il prodotto ottenne un pubblico riconoscimento da numerosi fabbricanti di birra, italiani e stranieri e una menzione onorevole all’esposizione internazionale di Hagenau, nell’Alsazia.

 

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Per la coltivazione vennero usate varietà provenienti dalla Stiria e dalla Boemia. Altri esperimenti furono condotti nel 1908 dal Conte Faina nei pressi di Orvieto, nel 1914 nei pressi di Feltre dai F.lli Luciani, nel 1927 a Piegari (PG) dal Comm. Moretti e nel 1959 nel Bresciano dall’Ing. Dandoni. Ulteriori studi sono stati condotte nel quinquennio 1984/89 con il finanziamento del Ministero dell’Agricoltura e dell’Assobirra. Per valutare la risposta della coltura alle diverse condizioni pedoclimatiche la sperimentazione è stata condotta in località diverse del territorio italiano (Rovigo, Anzola, Osimo, Battipaglia, Palmanova). Queste sperimentazioni hanno confermato le buone possibilità agronomiche e pedoclimatiche di coltivazione del luppolo in Italia. La coltivazione del luppolo nonostante i numerosi studi effettuati, sul nostro territorio non ha mai preso piede. I motivo di questo possono essere da un lato fattori culturali come ad esempio il fatto che l’Italia è sempre stata un paese con una tradizione vitivinicola, dall’altro problemi legislativi che non permettevano all’Italia, non avendo quote di produzione, la coltivazione del luppolo. A partire dal 2010 l’interesse verso questa coltura è incrementato e in quell’anno è stato approvato un decreto ministeriale che considera la birra come prodotto agricolo, favorendo cosi lo sviluppo di microbirrifici nel nostro territorio. In seguito al boom di microbirrifici sono riprese le sperimentazioni che riguardano l’intera la filiera birra, con particolare interesse per la coltivazione del luppolo.

 

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Massimo Prandi
Info autore

Massimo Prandi

Un Albese cresciuto tra i tini di fermentazione di vino, birra e… non solo! Sono enologo e tecnologo alimentare, più per vocazione che per professione. Amo lavorare nelle cantine e nei birrifici, sperimentare nuove possibilità, insegnare (ad oggi sono docente al corso biennale “Mastro birraio” di Torino e docente di area tecnica presso l’IIS Umberto Primo – la celeberrima Scuola Enologica di Alba) e comunicare con passione e rigore scientifico tutto ciò che riguarda il mio lavoro. Grazie ad un po’ di gavetta e qualche delusione nella divulgazione sul web, ma soprattutto alla comune passione e dedizione di tanti amici che amano la birra, ho gettato le basi per far nascere e crescere questo portale. Non posso descrivere quante soddisfazioni mi dona! Ma non solo, sono impegnato nell’avvio di un birrificio agricolo con produzione delle materie prime (cereali e luppoli) e trasformazione completamente a filiera aziendale (maltazione compresa): presto ne sentirete parlare!